Le viti super bio guadagnano terreno, ora si punta all’Igt

SCENARIO. I Piwi oggi costituiscono l’1,2% dei 634 ettari vitati in provincia, numeri simili a Francia e Germania. Coldiretti: con l’indicazione contributi per gli impianti.

Piwi, buon anniversario: sono passati dieci anni da quando in Lombardia è stata autorizzata la coltivazione delle varietà di vite resistenti ai funghi. Un giro di boa dal significato simbolico, oltre che un’occasione per discutere il futuro di questi vitigni, ora che la loro diffusione è tutt’altro che circoscritta. Ad inizio 2022 Regione Lombardia ne censiva 5,8 ettari in bergamasca ma, stando ad una nostra rilevazione, la superficie è cresciuta almeno a 8 ettari. Un numero parziale, considerando che sono molti i vigneti famigliari (ossia sotto i 1000mq, pertanto non mappati) coltivati con varietà resistenti. I Piwi orobici costituiscono l’1,2% dei 634 ettari vitati in provincia (dati Regione Lombardia 2022): un risultato non lontano da Germania (2,5%) e Svizzera (2,4%) e ben superiore alla media lombarda e italiana (nel 2021 si stimavano 1050 ettari di Piwi sui 600mila totali, cioé lo 0,17%), segno che Bergamo è un riferimento nella sperimentazione di queste varietà.

Obiettivo Igt lombardo

Da queste premesse è nato un nuovo obiettivo: «ottenere un Igt lombardo riservato ai Piwi» rivela Alessandro Sala, presidente di Piwi Lombardia e primo produttore di vino da incroci resistenti in bergamasca. «E se la legge lo consentirà - prosegue - seguendo il regime biologico che, a livello associativo, è un pilastro da osservare». Un’ipotesi concreta che guarda a modelli di zonazione, confermata da Lucio Brancadoro, responsabile scientifico del progetto «Vitaval» guidato dalla Regione e cofinanziato dal Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (vi partecipano l’Università degli Studi di Milano, i produttori e altri enti). «L’obiettivo ultimo dello studio - spiega - è ottenere un riconoscimento normativo per i vini da varietà resistenti».

«Vitaval» sta effettuando una valutazione agronomico-enologica di 16 vitigni Piwi per individuare le pratiche più idonee per valorizzarli, e i risultati dovrebbero costituire elementi utili al dossier per richiedere la nuova indicazione. L’iscrizione in Igt cambierebbe le regole della partita dei Piwi in Lombardia: oltre a dare una legittimazione territoriale al vino, «aprirebbe la possibilità di beneficiare dei contributi per l’impianto e l’espianto - spiega Andrea Longaretti, responsabile vitivinicolo di Coldiretti Bergamo - e di inserire in etichetta il nome dei vitigni utilizzati, che oggi è vietato». E aggiunge: «per rispondere al crescente interesse verso i Piwi e la sostenibilità, siamo favorevoli all’utilizzo di un massimo del 15% nei vini Bergamasca Igt». A fine 2021 la nuova Pac ha dato il via libera all’utilizzo dei Piwi nelle Doc ma, in Italia, la strada «è frenata dalla loro annotazione a margine nel registro delle varietà - precisa Attilio Scienza, presidente del Comitato Nazionale Vini Dop e Igp – e dall’art. 33 del Codice della vite e del vino, che ne vieta l’inserimento».

Un traguardo a cui, però, i produttori non nascondono di puntare. I Piwi (dal tedesco «Pilzwiderstandsfähige») sono «vitigni resistenti o che meglio tollerano le malattie» spiega Marco Stefanini, presidente di Piwi Italia -. Sono frutto di incrocio per impollinazione e selezione tra le Vitis Vinifera (le varietà atte a dare vino, con oltre il 95% del patrimonio genetico) e una piccola parte di altre vitis che danno i geni di resistenza». «Non solo consentono di abbattere il numero dei trattamenti in vigna - aggiunge Sala - resistendo a malattie come oidio e peronospora, ma impattano di meno sui terreni e le falde acquifere, e riducono i costi produttivi».

Una parte degli addetti ai lavori guarda però con cautela ai «super bio»: la critica è che la transizione a questi vitigni potrebbe indebolire le storiche interazioni fra varietà tradizionali e territori, uno dei punti di forza del patrimonio enologico italiano. Ad ottobre, nell’ambito del concorso enologico «Emozioni dal mondo», il Consorzio Tutela Valcalepio promuoverà un approfondimento sui Piwi con esperti internazionali, presentando uno studio organolettico sui vini in collaborazione con l’Università di Pisa.

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