Ubi, la svolta: Intesa rilancia
e aggiunge 652 milioni cash

Il Cda di Ca’ de Sass ha deliberato un premio aggiuntivo pari a 0,57 euro per azione: vale 652 milioni. Sì dei soci bresciani, Fondazione Monte di Lombardia e Cuneo. Messina: vogliamo legame più forte coi soci Ubi.

E rilancio sia. Intesa Sanpaolo per conquistare Ubi rivede i termini dell’offerta pubblica di scambio e oltre alle azioni mette sul piatto denaro contante: non solo 17 azioni ordinarie di Intesa Sanpaolo ogni 10 azioni dell’ex popolare consegnata ma anche un corrispettivo pari a 0,57 euro.

Il ritocco, arrivato a sorpresa venerdì 17 luglio al termine di una giornata ricca di colpi di scena, in soldoni vale 652 milioni in più, 80 milioni per le fondazioni e 310 milioni a imprese e azionisti, precisa una nota della banca guidata da Carlo Messina. Oggi, infatti, il controvalore monetario complessivo dell’Offerta è pari a 4,12 miliardi, di cui 3,47 miliardi quanto al corrispettivo in azioni e 652.242.533 euro in denaro.

Il rialzo, comunicato al termine di un Cda straordinario di Ca’ de Sass, a sette giorni (lavorativi) dalla chiusura dell’Ops ha dato uno scossone all’operazione allargando il fronte dei soci di Ubi pronti ad aderire all’Ops anche se ieri le adesione si sono fermate al 3,85% del capitale.

Ritocco caldeggiato

Un ritocco «auspicato» nei giorni scorsi dalle Fondazioni è stato chiesto, invece, con «chiarezza» ieri dai soci del Sindacato azionisti bresciani, che controlla quasi l’8% delle azioni Ubi: in un’intervista al Giornale di Brescia il presidente del patto, Franco Polotti, ha lasciato intendere la disponibilità dei bresciani ad aderire all’Offerta di Intesa dicendosi comunque «convinto, anzi certo, che alla luce dell’andamento di mercato Intesa abbia ben chiaro che per raggiungere la maggioranza del 66,67% debba riconsiderare la proposta economica. Questa è la concreta e legittima aspettativa dei nostri azionisti che non può essere disattesa».

E a stretto giro di posta è arrivata la risposta con il via libera al premio aggiuntivo. Dopo il sì già espresso da Cattolica per il suo 1%, Fondazione Monte di Lombardia si è dichiarata a favore dell’offerta sul suo 3,95%%. Anche Fondazione Cari Cuneo (ha il 5,9%) ieri ha mutato il suo atteggiamento. Le nuove condizioni di offerta sono state analizzate, con il supporto degli advisor Société Générale e Studio Pavesio e associati, dal Cda e dal Consiglio Generale della Fondazione che hanno ritenuto, all’unanimità, che «questi nuovi valori di offerta rappresentino un riconoscimento del valore patrimoniale, organizzativo e commerciale di Ubi Banca». Per Fondazione Crc l’apporto monetario aggiuntivo, in base alle nuove condizioni per l’Ops di Intesa Sanpaolo, è di circa 40 milioni di euro.

Obiettivi confermati

Tre sì di peso che fanno ben sperare Carlo Messina, ceo di Intesa Sanpaolo, circa il successo dell’offerta che si chiuderà il 28 luglio. Con quale percentuale, presto per dirlo. «Alla base della nostra decisione c’è la convinzione di come un legame più forte con tutti gli azionisti di Ubi renderà più solida e coesa la nuova realtà, permettendole così di affrontare meglio i nuovi scenari» ha commentato Messina. Anche con l’aggiunta di un premio in contanti nell’ops su Ubi Banca, Intesa Sanpaolo «preserva pienamente la capacità reddituale e la solidità patrimoniale»e conferma «tutti i principali obiettivi del progetto» assicura Messina. Fra i target dell’istituto, confermati, ci sono raggiungere un utile netto non inferiore a 5 miliardi di euro già nel 2022, distribuire ai propri azionisti dividendi elevati e sostenibili, accelerare la riduzione dei crediti deteriorati senza costi per gli azionisti e confermare una elevata solidità patrimoniale, con un common equity ratio previsto a un livello superiore al 13%, ricorda il banchiere.

Messina lancia poi rassicurazioni ai territori dove Ubi è più radicata, Bergamo e Brescia in primis, e dove non mancano i timori, soprattutto da parte delle aziende circa gli effetti dell’operazione, sulla disponibilità di credito. Con l’Ops si darà vita a una realtà con un rapporto più saldo con «gli imprenditori, situati in una delle aree con maggior potenzialità di sviluppo, di creazione di occupazione, di capacità di competere a livello internazionale e base stabile e preziosa dell’azionariato e della storia di Ubi». «Forti del nostro ruolo di motore dell’economia reale e sociale - rimarca Messina - abbiamo voluto dare massima attenzione alla difficile situazione di queste comunità, anche nell’ottica di evitare effetti divisivi, seppure non intenzionali, venutisi a creare tra stakeholder che si sono dichiarati, anche in fasi più recenti, favorevoli all’Offerta rispetto a chi si è espresso in maniera contraria» ha aggiunto l’ad di Intesa spiegando il rilancio.

«Insieme daremo vita a una realtà resa più forte dal rinsaldato rapporto con: le famiglie, che con i loro risparmi rappresentano il presidio di base di ogni prospettiva di crescita della banca e dell’economia del Paese. Sarà inoltre rafforzata la collaborazione con le Diocesi azioniste di Ubi, gli investitori istituzionali il cui convinto sostegno ai progetti di Intesa Sanpaolo rappresenta uno dei pilastri alla base del posizionamento della nostra banca ai vertici europei del settore bancario» conclude Messina.

Le tre adesioni ottenute ieri da Intesa Sanpaolo smembrano, di fatto, la difesa di Ubi, poiché le due fondazioni rappresentavano l’architrave del Car, il Comitato azionisti di riferimento di Ubi che conta soci bergamaschi di peso. Oggi il patto di consultazione senza Crc e Fmbl vale poco più dell’8%. Rimane l’incognita Parvus, il fondo che oggi raccoglie una partecipazione del 7,93% in Ubi, e su cui si sono accesi i fari della Commissione Banche del Parlamento che convocherà una seduta ad hoc. La data non è stata ancora fissata.

L’incognita piccoli soci

Il resto del capitale è invece «libero», in mano a grandi fondi e piccoli soci. Questi ultimi valgono dal 15 al 20%. Come si comporteranno? È evidente che il Covid-19, e le paure legate alla ripresa economica in autunno, hanno avuto un peso sulla decisione delle Fondazioni che necessitano di fare cassa per proseguire con i loro progetti. Bisognerà vedere se lo avranno anche sul comportamento dei piccoli risparmiatori il cui peso sull’azionariato è valutato oltre il 15 per cento.

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