A Bergamo enormi potenzialità da sfruttare

Bergamo può essere di fatto considerata la capitale della resilienza.Lo ha dimostrato nel corso della prima tragica ondata pandemica, mettendo a fattor comune tutte le energie del territorio. È stata in grado di attrezzare la Fiera in un ospedale da campo, ha riconvertito i propri impianti produttivi per ovviare alla richiesta drammatica di beni di prima necessità come mascherine e bombole di ossigeno, ha assicurato la continuità nella formazione dei propri giovani trasferendo in tempo reale la didattica in modalità a distanza.

E, nonostante le forti ferite umane e psicologiche lasciate dal Covid, ha dimostrato di saper rialzare la testa e guardare al futuro. Cosa ci lascia questa esperienza? Un tessuto sociale rinforzato, una rete di conoscenze e un potenziale progettuale che altre realtà territoriali ci invidiano. Un capitale relazionale basato su rapporti di fiducia tra i diversi attori del mondo economico, sociale e produttivo in grado, laddove si delineano degli obiettivi comuni, di tradursi in modo celere ed efficace in progettualità e azioni di sistema.

In un contesto affetto da elevata variabilità e mutevolezza degli scenari nazionali e internazionali, la capacità di un sistema di riconfigurarsi e plasmarsi con tempestività, per anticipare i fenomeni di cambiamento e cogliere appieno le nuove opportunità che si manifestano, rappresenta un differenziale competitivo di estrema rilevanza. Tuttavia, il grado di consapevolezza di questo asset distintivo è ancora molto ridotto. Osservo come spesso si tenda a guardare al raccolto del vicino e non ci si adoperi per valorizzare appieno l’enorme potenziale che abbiamo nel nostro giardino di casa. In questo senso, l’Università svolge un ruolo importante di catalizzatore delle energie positive del territorio. È il luogo nel quale l’intangibile si crea, sotto forma di nuova conoscenza e si trasferisce, attraverso la formazione dei giovani. È la generatrice di un valore pubblico reso possibile solo attraverso il confronto continuo con gli stakeholder locali. È l’anima di un territorio in quanto - prendendo a prestito le parole di una nostra studentessa - «custode della cultura, nutrice dell’innovazione, culla del futuro».

Nel nostro Ateneo siamo ben consapevoli delle responsabilità che abbiamo nei confronti delle realtà locali. Abbiamo fatto della cosiddetta terza missione uno dei perni principali della nostra attività accademica. Solo da un confronto continuo e osmotico con il territorio possiamo generare vero valore pubblico e al tempo stesso trarre linfa dalle opportunità che ci vengono presentate. Un’evidenza tra tutte è la stretta collaborazione e co-progettazione instauratasi con diverse realtà associative per l’organizzazione della rassegna Bergamo Next Level che avrà avvio questa settimana, luogo di analisi, dibattito e confronto su diversi temi di rilevanza strategica.

Quali azioni per il futuro? Ancor più che in altri contesti, a Bergamo abbiamo delle enormi potenzialità che possono essere sfruttate se il pubblico e il privato riescono a sedersi attorno allo stesso tavolo e lavorare per una progettualità comune. Spesso si tratta di mondi che, pur confrontandosi, non si integrano pienamente perché non condividono lo stesso linguaggio in quanto hanno natura giuridica e, apparentemente, obiettivi differenti. Per non rimanere in un linguaggio astratto, penso ad esempio all’alta formazione di stampo tecnologico o manageriale, esigenza vitale in un’area ad alta vocazione industriale, dove una partnership pubblico-privata può garantire una maggiore efficacia e tempestività di azione rispetto ai fabbisogni formativi delle aziende. Oppure, alla costituzione di un’agenzia che possa promuovere l’ecosistema dell’innovazione bergamasco in Italia e all’estero al fine di attrarre nella nostra provincia giovani talenti e personale qualificato, risorse preziose e alquanto scarse in una realtà che può vantare un tasso di disoccupazione al di sotto della soglia fisiologica. Infine, per rimanere sempre in tema, si possono immaginare soluzioni di housing condiviso tra studenti universitari e dipendenti aziendali fuorisede per far fronte alla cronica mancanza di alloggi.

Se Bergamo si è distinta per essere un territorio altamente resiliente, occorre oggi lavorare per creare un’infrastruttura di matrice pubblico-privata che permetta al suo enorme capitale relazionale di esprimersi al meglio delle sue potenzialità.

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