Binari morti e tante code nel sistema Bergamo

INFRASTRUTTURE. Finché si vola tutto ok, quando si torna a terra cominciano i problemi. Questa in sintesi la fotografia della dotazione infrastrutturale della Bergamasca scattata dalla Camera di Commercio dopo un confronto con il mondo delle imprese.

Anni orsono, di fronte (già allora) al deficit infrastrutturale di alcune zone particolarmente produttive della nostra provincia, Val Seriana in primis, un imprenditore aveva rilevato come i suoi prodotti perdessero di valore appena varcata la soglia dell’azienda per raggiungere la destinazione finale. Un deficit al quale il mondo produttivo ha sempre rimediato con costanti ed elevate dosi d’innovazione che hanno permesso alla Bergamasca non solo di non finire fuori mercato, ma spesso di assumere posizione da leader, Ma è chiaro che non basta e non può bastare.Dall’analisi dell’Ente Camerale emergono con molta chiarezza diversi punti. Il primo: l’aeroporto di Orio al Serio è l’infrastruttura trainante per il sistema economico e sociale del territorio.

Un luogo che ha ulteriormente accentuato la già tradizionale predisposizione all’export delle imprese bergamasche, aprendo nuovi mercati e riducendo tempi e costi degli spostamenti. Se la Bergamasca può contare su una struttura di dimensioni e rilevanza europea questa è l’aeroporto, con buona pace di chi continua a considerarlo solo una dependance di Milano o comunque poco utile allo sviluppo del territorio. Restano, ineludibili, le questioni ambientali e le risposte devono arrivare dal Piano di sviluppo aeroportuale in itinere, non da visioni parcellizzate. Orio è fondamentale per la crescita economica e occupazionale del territorio tutto, anche e soprattutto per questo motivo servono indicazioni certe e regole chiare, ma chi ne disconosce l’importanza nega semplicemente la realtà.

Ma passiamo alle dolenti note, distribuite su due livelli quello di strade e autostrade e - soprattutto - ferrovie. Sul primo versante i nodi da sciogliere sono noti e in molti casi quasi atavici: i collegamenti con le valli, un rapporto più diretto con la Bassa e quella Brebemi che ha attirato diversi e notevoli insediamenti produttivi (perché è anche a questo che servono le infrastrutture), un sistema più efficace d’accesso al capoluogo, solo per citare i più rilevanti. Non a caso il giudizio del mondo imprenditoriale è più negativo di quello della media lombarda, regione che comunque ha i suoi bei problemi.

Molto interessante anche le valutazioni in chiaroscuro su quel digitale sempre più indispensabile per la competitività delle nostre aziende, non ancora però al livello necessario. Ma la vera emergenza è quella del trasporto su ferro, un’autentica costante di questi ultimi anni, per non dire decenni. Alla lunga lista di rimostranze si aggiunge quella della chiusura dello Scalo Merci che fa il paio con l’assoluta incertezza che caratterizza (da sempre) il futuro di un polo intermodale nella Bergamasca. Una situazione insostenibile che ha ripercussioni quotidiane sulla mobilità di merci e persone.

La rete ferroviaria della nostra provincia è tutta a singolo binario con l’eccezione della Bergamo-Treviglio e del tratto che attraversa la Bassa: il prossimo raddoppio arriverà dal capoluogo solo fino a Curno, non ci sono indicazioni temporali certe su quello fino a Montello, mentre almeno il collegamento con Orio sarà a doppio binario. L’Alta velocità c’è, attraversa la Bassa, ma senza un raccordo diretto (il celeberrimo «Salto di montone») non è possibile agganciarla. Una situazione che ogni giorno migliaia di pendolari vivono sulla propria pelle senza significativi miglioramenti e con travaso (obbligato) di rilevanti quote di traffico dal ferro a un sistema stradale già insufficiente di suo. Un’emergenza che ormai non è più tale, perché quando una situazione si trascina per anni diventa purtroppo la normalità. Triste ma purtroppo vero,e il report della Camera di Commercio non fa che confermarlo.

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