Buona scuola, decisivo il prof

ITALIA. La scuola è anche una macchina amministrativa. Non funziona come dovrebbe se gli studenti non incontrano i loro docenti fin dal primo giorno. Se parte con orari ridotti e con le cosiddette ore buche. Se la segreteria non è efficiente. Se si cambiano i docenti dopo l’inizio delle lezioni. A maggior ragione se di sostegno agli studenti disabili.

La scuola è anche certamente un luogo. Se è inospitale e brutto non va bene. Diventa respingente. Insegna anche senza volerlo l’ostilità e l’incuria. Se è sporca e trascurata invita a sua volta alla sporcizia e alla trascuratezza. Se non ha spazi agiati per il gioco e per il movimento fa presto a essere vissuta come un insieme di cellette penitenziarie che si aprono allo stesso orario su mesti corridoi per l’ora, anzi per i minuti, d’aria in comune.

Ma la scuola, se è anche macchina amministrativa e luogo, dovrebbe essere una macchina e un luogo che sono al servizio della maturazione responsabile di relazioni educative e culturali di e tra persone. Tra studenti, specialmente. Sappiamo tutti quanto contino i «compagni di scuola». Restano nel ricordo spesso per l’intera vita. Nel positivo (per le esperienze di amicizia, cooperazione, mutuo insegnamento, solidarietà in progetti comuni) e nel negativo (per le esperienze di individualismo sordo o delle varie, pericolose forme di «bullismo» in presenza e a distanza).

Relazione tra studenti e docenti, in secondo luogo. Non tra studenti e docenti in generale, però. Come nomi astratti. Proprio tra ogni studente concreto, con la sua unica storia, le sue aspirazioni, i suoi desideri, i suoi talenti visibili o nascosti, da scoprire e valorizzare, e il docente, anch’esso con il suo unico nome e cognome, con l’intera sua personalità costruita in una sua irripetibile biografia.

Questo incontro di e tra persone nella scuola, tuttavia, non è e non può essere uguale a quello che avviene in famiglia, per strada, in oratorio, nelle attività sportive e ricreative, nella dinamica sociale. Ha una specificità senza la quale non può qualificarsi, appunto, come «scolastico». Nelle scuole di ogni ordine e grado, infatti, la relazione tra studenti, e tra studenti e docenti, deve essere sempre mediata da ciò che, con una parola sola, ma in compenso ricchissima, chiamiamo «cultura». Se le relazioni scolastiche non trovano modo di crescere e di consolidarsi tramite saperi ben organati e giustificati sul piano riflessivo, esse degenerano rapidamente nell’insignificanza routinaria se non nel conflitto. E non servono più per far affrontare i gravi problemi della vita di ciascun attore nella società complessa del nostro tempo, con il rigore scientifico e con la serietà morale che le soluzioni non superficiali esigono.

Inutile sottolineare come in tutta questa specificità educativa e culturale delle relazioni scolastiche giochi un ruolo decisivo il docente, con la sua motivazione e con la sua professionalità. Come ricordava Adamo Smith nel 1776 ne La ricchezza delle nazioni «se gli insegnanti adempiono veramente e con competenza al loro dovere, non vi sono studenti che trascurino il proprio». Non è a caso, dunque, che l’anno che si apre sia particolarmente importante per le novità introdotte dalle norme proprio a riguardo dell’esercizio sempre più qualificato della funzione docente.

La prima è l’inizio della nuova formazione iniziale, in ingresso e in servizio. Le università, attraverso i centri di ateneo, sono chiamate, in collaborazione con le scuole, ad abilitare all’insegnamento i docenti prima che possano accedere ai concorsi per l’ingresso nei ruoli. Inoltre, la stessa legge dispone che, durante l’anno di straordinariato, scuola e università non interrompano la collaborazione iniziata, ma predispongano di continuarla per verificare se e quanto il neo immesso in ruolo sia davvero in grado, messo alla prova, di svolgere con perizia pedagogico-didattica e scientifica i compiti a cui è chiamato. Infine, è previsto l’avvio della (Saf) Scuola di Alta Formazione per rendere continua e in parte anche incentivata una formazione in servizio in grado di colmare eventuali deficienze dei docenti e, allo stesso tempo, di premiare i più bravi.

La seconda novità è l’introduzione nelle scuole medie e nelle superiori del cosiddetto E-Portfolio delle competenze di ogni studente, compilato con una triangolazione che vede coinvolti docenti, studenti e famiglie. Questo strumento, oltre che per l’orientamento scolastico e professionale, servirà a regolare nel tempo la relazione didattica e, insieme, a non ridurre la valutazione al solo «dare i voti» numerici. In questo senso, supera la app del registro elettronico su cui bisogna firmare tutti gli avvisi, prenotare i colloqui, leggere i voti e che, come si apre, mostra subito la media aritmetica dei voti dello studente, dentro un cerchio che cambia colore a seconda della gravità dell’insufficienza o del grado delle sue eccellenze; che idea potrà mai farsi un genitore di suo figlio o lo studente di sé stesso, se oggi è 6.5, domani 4.8 e lunedì forse 5,8? Che tutto ciò che conta nella formazione si giochi su medie e numeri? Non può essere. Per mero buon senso.

La terza novità è quella del docente tutor, per ora soltanto nell’ultimo triennio della secondaria. Questo docente interloquisce con i coordinatori e con i colleghi dei consigli di classe e, con loro, predispone gli interventi personalizzati da offrire a gruppi di studenti per il recupero, per l’approfondimento o lo sviluppo degli apprendimenti.

La quarta novità riguarda l’introduzione in ogni istituto anche della figura del docente orientatore. Questo docente gestisce i dati forniti dalla Piattaforma nazionale per l’incontro tra scuola e lavoro allo scopo di integrarli con quelli specifici raccolti nelle proprie realtà economiche territoriali, così da metterli a disposizione dei colleghi, delle famiglie e degli studenti per una compilazione sempre più consapevole e condivisa della parte orientativa dell’E-Portfolio.

L’ultima novità è l’introduzione, per la prima volta nella storia della nostra scuola, nel piano degli studi, di 30 ore extracurricolari incentivate nella media e nel biennio della secondaria e di 30 ore curricolari nel triennio del secondo ciclo che non riguardano l’insegnamento di una disciplina, ma sono dedicate ad aiutare gli studenti a fare narrativamente una sintesi unitaria, critica e interdisciplinare della loro esperienza scolastica ed extrascolastica in vista della costruzione di quel personale progetto di vita culturale e professionale che confluirà nella sezione orientativa dell’E-Portfolio. Spesso, infatti, le scelte degli studi secondari e superiori o del lavoro nascono da pressioni e pregiudizi sociali che possono addirittura partire dalla famiglia. Avere a disposizione 30 ore all’anno perché, tra dialoghi e iniziative comuni, ogni giovane faccia le proprie scelte, facendo un vero e proprio «bilancio personale e sociale» delle proprie motivazioni e delle proprie competenze, può aiutare a combattere non solo la dispersione scolastica ma anche il destino di vedere ancora per anni il numero dei Neet (giovani che non studiano e non lavorano) aumentare invece che diminuire.

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