Campo largo
a sinistra
La proposta
è stretta

«Il campo largo della sinistra», tanto invocato da Letta, resta una proposta che nessuno raccoglie. Non l’hanno raccolto i due dioscuri del centro, Matteo Renzi e Carlo Calenda. Ma, purtroppo, lo sta disdegnando anche quello che dovrebbe essere l’interlocutore primo della proposta, ossia il M5S. Il peggio per il Pd è che la strada imboccata per esser competitivo all’appuntamento elettorale del 2023 non solo si è fatta ripida, ma soprattutto rischia di rivelarsi un vicolo cieco. Finché si respirava aria di elezioni, si poteva attribuire la freddezza manifestata dai potenziali interlocutori del Partito democratico a un fattore temporaneo. Derubricato lo scontro messo in scena a Roma tra Calenda e la Raggi, Letta poteva sperare che si sarebbero acquetati i bollenti spiriti e si potesse riprendere in relativa serenità il dialogo appena abbozzato. Così invece non è stato.

L’infortunio occorso sulla scelta del candidato da presentare per l’elezione suppletiva del collegio di Roma centro sembra abbia steso una pietra sepolcrale sulla fattibilità del campo largo della sinistra.

È bastato che trapelasse la voce dell’offerta del seggio a Conte, roccaforte della sinistra, che è scoppiato il putiferio. Era scontato che Renzi e Calenda non gradissero l’idea di offrire su un piatto d’argento al leader dei Cinque Stelle un posto in Parlamento. Non era, però, prevedibile che il capo di Azione si mettesse di traverso, deciso a impedire che la sinistra cedesse un proprio collegio blindato, per di più nella Capitale, là dove - secondo le parole di Calenda - i grillini avevano «fatto scempio».

Ancor meno, era stato messo in conto che egli raccogliesse il guanto della sfida minacciando di proporre la sua candidatura in contrapposizione all’ex avvocato del popolo. Un’eventualità, questa, che avrebbe rimesso in forse la conquista da parte del centrosinistra del seggio in palio, scontata fino al giorno prima. La presa di posizione di Calenda non pare un fuoco di paglia. Suona piuttosto come una sentenza di morte: «Non esiste nessun Ulivo 2» - ha sbottato, liquidando l’intesa tra Pd e M5S solo come «patto di potere tra due classi dirigenti prive di coraggio, di spinta ideale e di coerenza».

Siamo al vicolo cieco evocato in apertura? Per com’è stata formulata sinora la proposta del campo largo, sembra proprio di sì. Vicolo cieco, e per di più senza una via di scampo. Piaccia o meno, il Pd non può fare a meno dei Cinque Stelle. Conte sarà pure un compagno di strada per certi versi imbarazzante e per altri poco affidabile, ma resta imprescindibile. Imbarazzante lo è di certo, per la semplice ragione che la sua storia, la sua identità, le sue battaglie hanno poco a che fare con la sinistra. Parimenti, risulta poco affidabile, perché si presenta alla testa di una compagnia di ventura che ha perso la strada e non sa più di preciso dove andare. È comunque imprescindibile, sempre che riporti i Cinque Stelle, se non al fulgore del 2018, quando ottennero il 32% di voti, almeno a un onorevole 20%. Sarà difficile per Letta trovare una via d’uscita da questo vicolo cieco. In mezzo ai tanti guai in cui si ritrova, il segretario dem può comunque consolarsi all’idea che la destra non è messa molto meglio: confusa nelle idee, divisa nelle sue componenti, in debito di credenziali in sede europea.

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