![Una foto tratta dal Profilo Facebook del segretario della Lega Nord, Matteo Salvini, Roma, 18 Dicembre 2015. Una foto tratta dal Profilo Facebook del segretario della Lega Nord, Matteo Salvini, Roma, 18 Dicembre 2015.](https://storage.ecodibergamo.it/media/photologue/2022/7/19/photos/cache/caso-salvini-e-iniziato-il-gioco-dei-veleni_4c8aa444-0f01-11ed-accf-5f1801603de7_1920_1080_v3_large_libera.jpg)
L'Editoriale
Venerdì 29 Luglio 2022
Caso Salvini, è iniziato il gioco dei veleni
È cominciata la campagna elettorale. Nel modo peggiore, naturalmente, a specchio della legislatura più imbarazzante della storia della Repubblica finita anzitempo nel più disastroso dei modi. Col «caso Salvini» sollevato dalle rivelazioni del quotidiano «La Stampa», è ufficialmente partito il gioco del veleno nel ventilatore: oggi colpisce il leader della Lega su uno dei suoi punti più deboli, ma aspettiamoci che, a turno, colpisca tutti gli altri.
![Una foto tratta dal Profilo Facebook del segretario della Lega Nord, Matteo Salvini, Roma, 18 Dicembre 2015. Una foto tratta dal Profilo Facebook del segretario della Lega Nord, Matteo Salvini, Roma, 18 Dicembre 2015.](https://storage.ecodibergamo.it/media/photologue/2022/7/19/photos/cache/caso-salvini-e-iniziato-il-gioco-dei-veleni_4c8aa444-0f01-11ed-accf-5f1801603de7_1920_1080_v3_large_libera.jpg)
Insomma, sono state pubblicate altre indiscrezioni, in realtà nulla suffragato da prove concrete, sui rapporti tra Salvini e la Russia: è un nuovo episodio di una storia che va avanti da anni – ricordate il caso di quegli incontri in un albergo moscovita tra un esponente leghista e uomini d’affari legati a Putin? – e che Salvini stesso ha ampiamente reso verosimile a forza di dichiarazioni, viaggi, fotografie, magliette con la faccia di Putin indossate ed esibite in ogni occasione fino a quando un sindaco polacco al confine con l’Ucraina non gliele ha sbattute in faccia.
Ora a Salvini l’entusiasmo del passato verso il despota russo sta pericolosamente tornando indietro con rivelazioni e retroscena. L’ultimo dei quali sembra essere il più grave: un colloquio tra un avvocato legato a Salvini e un diplomatico russo dell’ambasciata di Roma sulla possibilità di ritirare i ministri e far cadere Draghi. Se fosse vero, rasenterebbe l’alto tradimento.
«Sono fesserie» è stata la reazione dell’interessato: troppo poco. L’ambasciata si è ovviamente cucita la bocca, i servizi segreti italiani (Gabrielli) hanno immediatamente fatto sapere che loro non c’entrano con questa storia, il direttore della Stampa ha confermato tutto e anzi, ha fatto riferimento indiretto a «fonti di intelligence»: quali?
Avendo avuto Salvini una parte predominante nel far saltare Draghi, il governo più atlantista rimasto in Europa dopo la caduta di Boris Johnson, e il più convinto nel difendere l’Ucraina e nel condannare l’aggressione russa, le rivelazioni della Stampa danno facilmente la stura ad una girandola di supposizioni, illazioni, sospetti, veleni e dietrologie da spy-story. Noi possiamo solo intravedere delle ombre ma non sapremo mai nulla di verificabile, rassegniamoci.
Più interessante andare a vedere le reazioni italiane. Quella dell’opposizione è ovvia: circostanze gravissime, Salvini spieghi i suoi rapporti con la Russia di Putin, il Copasir intervenga su un fatto di sicurezza nazionale (evocata anche dal ministro della Difesa Guerini con parole scelte col bilancino e non casuali).
Ma sono le parole di Giorgia Meloni, che ieri ha riunito il suo stato maggiore, a dare a Salvini la stoccata più dolorosa: una presa di distanza gelida e netta. Fratelli d’Italia è atlantista, sta con l’Ucraina contro la Russia, non è per niente imbarazzata.
Insomma, fatti di Salvini, noi siamo un’altra cosa (anche se la Meloni continua a scontare in Europa il sostegno a Orban, nemico numero uno della Commissione, tanto più indifendibile dopo la sua recente dichiarazione a «difesa della razza»).
La circostanza indebolisce la posizione del leader della Lega la cui decisione di ritirare il sostegno a Draghi non è piaciuta a tanti dentro la Lega e soprattutto a tanti nell’elettorato. L’avvertimento del presidente della Confindustria del Veneto – roccaforte del Carroccio – non poteva essere più chiaro: «Faremo i conti nelle urne». E il rischio di una ulteriore discesa elettorale della Lega, in seguito alla caduta di Draghi, è segnalato da tutti i sondaggisti e preoccupa non poco i capi leghisti. Ora arriva questa cannonata in faccia al leader. Però attenzione: tra poco ci saranno altri colpi sparati qua e là, si tratta solo di capire chi sarà il prossimo. Da qui a settembre la strada è lunga.
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