Con la «Loggia Ungheria»
altro round di una partita
che travaglia il nostro Paese

Ancora l’opinione pubblica non se ne è accorta fino in fondo, ma lo scandalo che ruota intorno alla cosiddetta «Loggia Ungheria» rischia di avere lo stesso clamore di quello che scoppiò nel 1981 per la Loggia P2 di Ligio Gelli.
Solo che in questo caso il formicaio impazzito è specificamente quello della magistratura giacché la loggia massonica (non sappiamo se deviata) di cui si parla coinvolgerebbe in particolare giudici e avvocati. C’è un faccendiere-avvocato, tale Pietro Amara, che ne parla ad un pm milanese il quale ha paura che i suoi colleghi vogliano insabbiare tutto (anche perché le parole di Amara riaprirebbero la ferita del processo Eni-Nigeria finito con una clamorosa sconfitta della Procura) e allora decide di consegnare le carte (irritualmente) al personaggio simbolo del giustizialismo italiano, Piercamillo Davigo il quale (ancora irritualmente) ne parla con altri suoi ex-colleghi del Csm (che smentiscono).

E poi ci sono plichi anonimi che arrivano sul pianerottolo di casa di un paio di giornalisti tra i più attenti alle voci della cittadella giudiziaria, con le copie dei verbali, guarda caso, dell’avvocato-faccendiere: si scopre che a mandarli è stata la segretaria di Davigo che non smentisce ma si cuce la bocca. Il Csm scarica l’ex pm di Mani Pulite, due procure indagano, il putiferio è massimo. Tutti i partiti si indignano e chiedono alla Guardasigilli Cartabia di andare in Parlamento a spiegare: lei fa sapere che sta operando insieme al procuratore generale della Cassazione Salvi (che però deve smentire anche lui di essere stato coinvolto dall’attivissimo Davigo). Insomma, ci vuol poco a capire che sul banco degli accusati questa volta ci finisce la magistratura (già sconvolta dal «caso Palamara» che ha scoperchiato il verminaio delle lotte di potere tra giudici) e in particolare ad essere colpita è proprio l’ala cosiddetta giustizialista con tutto quel che ne consegue: partiti e giornali alleati che finora hanno combattuto insieme contro il partito «garantista».

Non stupisce allora che ad insorgere sia soprattutto il centrodestra che si ritiene la prima vittima delle toghe «rosse» o comunque dello strapotere delle medesime. Giancarlo Caselli denuncia: «Con Davigo si vogliono colpire tutti i giudici»: chissà se è così, di sicuro è l’ennesimo round della partita politici-magistrati che da Tangentopoli in poi travaglia la vita della democrazia italiana. Con la P2 andarono alla gogna soprattutto i politici, con la loggia Ungheria adesso è il turno degli avversari.

E ad esserne definitivamente travolto stavolta potrebbe essere il Consiglio Superiore della Magistratura e il suo sistema di lottizzazione delle cariche tra le varie correnti. Tra le riforme del Pnrr c’è anche la giustizia, e c’è da giurarci che tornerà a galla la vecchia proposta di separazione delle carriere che le Procure sono sempre riuscite a bloccare.

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