Energia umana
nei nostri quartieri

Per conoscere bene una persona non basta fermarsi all’aspetto esteriore. Prima o poi, per quanto affascinante, non avrà più nessun segreto e l’interesse nei suoi confronti, nella migliore delle ipotesi, si sbiadirà in un ricordo statico. È necessario scandagliare nella sua vita, nei suoi sentimenti, nei suoi desideri per volerle bene, per prendersene cura. È con quest’ultima modalità, con questo sguardo appassionato e approfondito che avviamo un’inchiesta sulle periferie di Bergamo. Tutti i lunedì il giornale metterà «I quartieri al centro». Ogni settimana analizzeremo lo sviluppo della periferia attraverso i numeri della popolazione da fine Anni ’80 a oggi, il costo delle abitazioni e il reddito pro capite. Un lavoro multimediale che verrà amplificato anche sul nostro sito ecodibergamo.it con elaborazioni grafiche dinamiche, sui profili social de L’Eco e su Bergamo Tv attraverso le immagini girate nei rioni con i volti e le voci dei residenti.

Un intreccio di cifre che ci aiuterà a comprendere come è cambiata la città negli ultimi trent’anni. Un approfondimento che vuole andare oltre la fotografia. L’obiettivo è studiare i flussi di persone e l’età dei residenti per comprendere come si può migliorare la periferia alla luce delle nuove esigenze. I dati parlano di un forte invecchiamento delle zone più a ridosso del centro cittadino e di un preoccupante avanzare dell’età pure in alcune aree periferiche. Dove però si registra anche la maggior presenza di giovani e di famiglie. C’è dunque da capire come si mescolano questi due elementi anagrafici nel contesto urbano decentrato. E di conseguenza come sono - o non sono - stati adeguati i servizi sul territorio per le varie fasce d’età.

Le «particelle» urbane che compongono il puzzle più esterno di Bergamo, diversamente da altre città, soprattutto quelle metropolitane, fortunatamente non contengono vaste sacche di profondo degrado. Esprimono a volte - ultimamente anche alzando la voce con i comitati locali - qualche frattura tra le scelte prese a livello centrale e il sentiment che si percepisce lontano dal centro. Avanza il movimento di chi vive nei quartieri e chiede pari dignità del centro. Una richiesta che, apparentemente impensabile per il diverso «peso» dei due poli, non è così peregrina perché è finito il tempo in cui la periferia veniva identificata solo col degrado. La nostra ricerca va proprio in questo senso: la periferia può diventare la città del futuro, quella più vissuta dai residenti. Perché è vero che il centro si anima ogni giorno e molto più dei quartieri, ma è un movimento dall’esterno. Bergamo, in tutti i suoi aspetti, dai servizi agli eventi, è «partecipata» da migliaia di persone che però non abitano nel capoluogo.

Sappiamo invece che agli estremi della città non abita un popolo di emarginati, ma c’è un tessuto vivace, molto variegato, dove a fianco di casi magari un po’ problematici, ci sono anche coppie di giovani laureati dal reddito non alto che scelgono la periferia per i costi più bassi delle case, ma pure per maggiore tranquillità, per una mobilità più dolce. Il punto è evitare che queste aree della città restino isolate dal centro e che si isolino al loro stesso interno. C’è dunque un tema di governance per la rivitalizzazione della periferia. Come dice spesso Renzo Piano, «dobbiamo smetterla di pensare solo ai parcheggi, occorre un enorme lavoro di rammendo, di riparazione». Di cosa hanno bisogno i nostri quartieri? Non di grandi opere e men che meno di infrastrutture destinate solo a favorire l’accesso al centro mortificando la vivibilità della periferia. Servono interventi di microchirurgia che nascano da una visita attenta del «paziente», dall’ascolto di chi vive il quartiere, e soprattutto manutenzioni costanti per evitare sprechi di denaro pubblico che puntualmente arrivano quando ci si è resi conto di aver lasciato per troppo tempo a se stessa la periferia. Se in centro cadono calcinacci, se il sampietrino di una piazza si stacca, scatta la squadra d’emergenza delle riparazioni. In periferia, no. Un piazzale malconcio, dove gli anziani cadono, aspetterà anni per il rifacimento. Il parco non verrà curato finché sarà completamente da rifare, con costi elevati. Sono solo esempi, ma specchio di un sistema che va rivisto . Perché spesso nei quartieri l’elemento di novità è subìto, non scelto. Frutto di oneri di urbanizzazione. In altre parole: il privato costruisce case o supermercati e il pubblico incassa un parco, una strada, un parcheggio, una passerella. Ma è questo di cui abbiamo davvero bisogno? In alcuni casi sì, ma non può essere solo questo.

È dunque tempo di considerare la città in chiave allargata, sia nel senso geografico, fino agli estremi confini comunali, sia nella pianificazione. I servizi, gli eventi culturali, sportivi vanno organizzati anche là dove il cittadino abita, quindi non solo in centro. Altrimenti avremo la città deteriorata da una crepa tra il salotto (il centro) e le stanze per dormire (i quartieri). Il centro è il fiore all’occhiello della città, giusto tirarlo sempre a lucido. Bergamo ha in Città Alta un eccezionale, e anche internazionale, biglietto da visita. Tale va considerato, e quindi accudito. Ma in periferia, citando ancora Renzo Piano, «si concentra l’energia umana». Cerchiamo di non soffocarla.

© RIPRODUZIONE RISERVATA