Facciamo rivivere Cristo nell’anima
del mondo

La riflessione. La celebrazione della nascita di Gesù assurge a dimensione universale, diventando ancora e per una moltitudine, il Natale.

Altre denominazioni sembrano impoverire la densità dell’evento, ma anche lo stesso oblio del Neonato, di cui alcuno non conosce neppure il nome, non riesce a svuotare la memoria di una nascita speciale nella storia dei nati. La celebrazione festosa del Natale di Gesù, esige un percorso a ritroso, che alimenta la consapevolezza di ciò che rappresenta nella storia del mondo. Se è vero, purtroppo, che per molti anche cristiani, Gesù è uno sconosciuto, altrettanto vero è il fatto che la vicenda e la parola di Gesù, non solo hanno trasformato la storia dell’umanità, ma vengono avvertite come sostanzialmente capaci di trasformarla ancora, proprio a partire dal mistero che il Natale racchiude.

Il mistero, che accompagna ogni nuova vita che viene alla luce, assume in questa circostanza i tratti di una rivelazione più che sorprendente: il Neonato, fratello di tutti i neonati della storia, è il Figlio di Dio, concepito nel grembo di una donna e così fatto uomo. La rivelazione sorprendente, anche per coloro che l’attendevano e l’attendono, squarcia l’inesorabilità della vita e della storia degli uomini e si propone alla libertà dell’intelligenza, del cuore e della coscienza di ogni persona umana. La vita di ogni persona umana non è consegnata all’inesorabilità del destino, scritto in un codice genetico o nelle implacabili condizioni sociali nelle quali nasce, ma si propone come un possibilità inedita, originale, unica. La storia umana si rivela continuamente sorprendente non perché trasforma l’impossibile in possibile, ma perché riconosce il possibile, dove l’inesorabilità afferma l’impossibile.

Le Parole che inaugurano il mistero del Natale sono esattamente queste. All’Angelo che dichiara: «Nulla è impossibile a Dio», Maria di Nazareth risponde: «Eccomi!». Non è la potenza che vince l’impotenza, la paura, l’incertezza e l’inquietudine: è il dono di una parola che si propone come generatrice di vita e lo diventa quando l’accoglienza è libera e convinta, come quella di Maria. Non ci rassegniamo a parole mortali come violenza e guerra, ingiustizia e sopraffazione, menzogna e corruzione: a partire dallo sbalordimento di Dio che diventa uomo, nostra carne, nostro fratello e figlio, nostra storia, rinnoviamo la disponibilità del nostro «eccomi», perché il possibile germini nella storia e ancor prima nella nostra vita.

L’«eccomi» di Maria, l’«eccomi» atteso sulle nostre labbra, lo ascoltiamo risuonare nella vita di coloro che non si sottraggono, non fuggono, non volgono lo sguardo altrove. Lo ascoltiamo in coloro che si fanno vicini a chi è lontano, che si fanno premurosi a chi è dimenticato, che restano presso chi è impedito, che si accompagnano a chi è smarrito. Sogno di Natale è una vecchissima novella di Luigi Pirandello: esce il 27 dicembre del 1896. Il grande scrittore immagina una camminata solitaria per le vie della sua città, la sera della vigilia di Natale. Ad un certo punto incontra Gesù stesso e si accompagna a Lui. Il momento culminante del cammino condiviso, si manifesta quando Gesù gli rivolge queste parole: «Cerco un’anima, in cui rivivere. Tu vedi ch’ìo son morto per questo mondo, che pure ha il coraggio di festeggiare ancora la notte della mia nascita. Non sarebbe forse troppo angusta per me l’anima tua, se non fosse ingombra di tante cose, che dovresti buttar via. Otterresti da me cento volte quel che perderai, seguendomi e abbandonando quel che falsamente stimi necessario a te e ai tuoi: questa città, i tuoi sogni, i comodi con cui invano cerchi alleviare il tuo stolto soffrire per il mondo... Cerco un’anima, in cui rivivere: potrebbe esser la tua come quella d’ogn’altro di buona volontà». 

Il coraggio di un «eccomi» che sgorga dal profondo della nostra libertà, farà rivivere Cristo non solo nella nostra anima, ma in quella del mondo intero. Buon Natale.

*Vescovo di Bergamo

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