Giustizia, le tensioni sono solo accantonate

POLITICA. Non è affatto detto che la tensione tra il centrodestra di governo e la magistratura si sia attenuata grazie alle tranquillizzanti parole alla Camera di Guido Crosetto e alle rassicurazioni date al Csm dal Guardasigilli Nordio alla presenza del Capo dello Stato.

Non è detto, e anzi la prudenza dei ministri parla di un armistizio, non di una pace siglata. Per due ragioni. La prima è di ordine generale: la possibilità che la riforma dell’ordine giudiziario il centrodestra prima o poi proverà a farla, rompendo gli indugi. La seconda, i troppi casi giudiziari che si sono ammonticchiati nelle procure a carico di esponenti dell’attuale maggioranza o del governo. Messe insieme, queste ragioni ci fanno prevedere che, come l’Etna che ogni tanto sbuffa e copre di cenere la pianura catanese sottostante, allo stesso modo la inestinguibile guerra tra la coalizione che fu fondata da Silvio Berlusconi e i magistrati, soprattutto il sindacato Anm e le procure, avrà presto un nuovo scoppio. Del resto, al termine del suo intervento alla Camera, Crosetto è stato assai chiaro. Prima ha protestato contro la «mistificazione» che, secondo lui, sarebbe stata fatta delle parole con cui denunciava una manovra giudiziaria ai danni del governo - parole in realtà chiarissime che si fondavano sia sulla storia politica recente dell’Italia sia su ciò che si è ascoltato nelle assemblee delle correnti dei magistrati, in particolare di quelle di sinistra ed estrema sinistra - poi però ha rivendicato il suo diritto-dovere di continuare a parlare di giustizia senza farsi costringere troppo dalla sua livrea di ministro della Difesa, incarico che tradizionalmente consegna i suoi titolari pro tempore ad un prudente silenzio o tuttalpiù a qualche retorico discorso d’occasione.

Riprenderò a parlare quando lo riterrò opportuno, ha detto Crosetto il cui legame con la presidente del Consiglio è a tutti noto tanto che fatalmente ogni volta che apre bocca ci si chieda se non sia stata Giorgia a chiedergli di parlare. Eppure proprio lei, la leader, è accusata (per esempio da Renzi e dai suoi) di aver messo sul binario morto la riforma delle carriere dei magistrati, il vecchio sogno di Berlusconi e di Forza Italia che però, stando ai si dice, secondo la presidente del Consiglio deve vedere la luce solo dopo l’approvazione del premierato. C’è chi si chiede polemicamente: «Ma Giorgia ha forse paura di toccare i giudici?». È probabile che sia così nel senso che voglia prima mettere al sicuro il premierato (posto che sia possibile, viste le pesantissime riserve che sono state sollevate da uno come Gianni Letta che in genere soppesa persino i sospiri) evitando che dai giudici parta un fuoco di sbarramento che blocchi tutto ancora una volta.

Insomma, realismo, prudenza, tattica. Cautela resa greve dal pesante sospetto proprio di Crosetto: «Se questo governo rischia, può succedere solo per mano giudiziaria». La stessa protesta di Berlusconi a pensarci bene: sì, questa volta non c’è un tycoon con affari miliardari e conflitti di interessi tra i suoi mille affari e il ruolo in politica; ma ci sono, o ci potrebbero essere, tanti casi Santanchè, Delmastro, Sgarbi, Lollobrigida, ma anche Salvini, anche La Russa per via del figlio, ecc. Casi infinitamente più piccoli che però fanno pensare ad una guerriglia a bassa tensione più che a una guerra guerreggiata, «calda» come dicono i geopolitologi.

Forse anche per invocare: «basta», il ministro Nordio è andato a dire al Csm che da questo governo i giudici non hanno alcunché da temere per la loro autonomia e la loro indipendenza («Mai e poi mai pensiamo di ricondurvi sotto il potere del Governo»). Promesse, rassicurazioni, parole di miele: già, ma i procuratori vogliono fatti concreti. Il che vuol dire che quel disegno di legge sulle carriere deve restare nel cassetto, o rientrarci, come la storia dei test attitudinali o delle pagelle (che vedrete come saranno sminuzzate, ridotte, minimizzate…).

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