Guardia alta contro il Covid

Tornare a parlare di Covid, dopo tante tragedie e difficoltà, può creare quasi un senso di fastidio. Eppure è necessario, perché il pericolo di contagio è ancora lì davanti a noi nonostante il conflitto ucraino e altre notizie si siano presi la scena mediatica. La pandemia c’è ancora, con i suoi contagiati, i suoi ricoverati, i suoi morti. È solo più silente e quindi più subdola, ma non per questo meno pericolosa.

A ben vedere stiamo assistendo a un vero e proprio balzo, con un’incidenza sopra quota 1.000 in 11 Regioni d’Italia. Siamo nella cosiddetta fase parossistica del virus, la più furiosa. Secondo i dati dell’Istituto superiore di sanità l’analisi del rischio di reinfezione a partire dal 6 dicembre 2021 (data di riferimento per l’inizio della variante Omicron) vede un aumento del rischio in chi ha avuto il Covid da oltre 210 giorni, nei non vaccinati o vaccinati da oltre 120 giorni, nelle donne, nei giovani e nel personale sanitario.

Questa variante sembra più contagiosa ma meno letale, almeno per chi è giovanissimo o vaccinato. Il tasso di mortalità per chi non si è immunizzato è sette volte più alto rispetto ai vaccinati e raggiunge le 8 volte e mezzo sulla popolazione over 80, si legge ancora nel report dell’Iss. Il rischio insomma aumenta con la diminuzione dei vaccini. I no vax, va detto senza perifrasi, rischiano la morte molto di più di chi è vaccinato. Lo dicono i numeri. Parliamo di 11 decessi per 100mila abitanti nel primo caso, e di soli 2 per 100mila nel secondo. Il pericolo cala ulteriormente per coloro che hanno ricevuto la dose aggiuntiva/booster. Questo non significa che prendersi il Covid sia una passeggiata. Gli effetti del «long Covid» sono sotto gli occhi di tutti, dalla stanchezza all’insonnia, per non parlare delle malattie croniche a lungo termine. E chi è stato contagiato in questi giorni registra sintomi molto pesanti, come febbre alta, anche se il contagio non è letale. Ricordiamoci che in caso di sintomi e tampone positivo bisogna correre dal proprio medico o nei luoghi ospedalieri dedicati, poiché ciò che conta è prevenire lo sviluppo del contagio nei primissimi giorni.

Intanto sale il tasso di incidenza e il tasso di ospedalizzazione in tutte le fasce d’età. Altissimo l’indice di trasmissibilità, 1,40, molto al di sopra della cosiddetta soglia epidemica. Per difenderci dalla fase furiosa della pandemia il ministero della Salute farà partire da domani il quarto vaccino per gli over 60. Naturalmente di fronte a questa situazione non giovano gli scontri tra virologi cui assistiamo puntualmente. L’infettivologo Pierluigi Viale, direttore delle Malattie infettive del Sant’Orsola di Bologna, ha affermato che «il virus va fatto circolare» perché «non è più quello del 2020». Questo per evitare di «bloccare gli ospedali». C’è chi, come Matteo Bassetti, direttore della clinica malattie infettive dell’ospedale San Martino di Genova, si schiera apertamente con il collega. Sintetizzando, la sua opinione sarebbe questa: «Ogni medico di questo mondo è d’accordo con Viale: noi dobbiamo tutelare fragili e anziani ma il resto della popolazione che è vaccinata o è entrata in contatto con il virus perché si è contagiata può stare tranquilla. Per questo è un bene che circoli tra i giovani». A parere di Bassetti bisogna smettere di fare i tamponi agli asintomatici perché il rischio, concreto, è che si «blocchino gli ospedali che “salterebbero” in aria certo non per le polmoniti da Covid». Naturalmente non tutti la pensano come Viale e Bassetti nel mondo scientifico. «Ma sì, facciamolo circolare indisturbato, così invece che 100 morti al giorno ne abbiamo qualche centinaio in più» è lo sfogo sarcastico di Walter Ricciardi, consulente del ministero della Salute. «E facciamolo circolare soprattutto negli ospedali, dove notoriamente ci vanno i più vigorosi e dove il personale è giovane e forte».

Per Fabrizio Pregliasco ci saranno altre ondate. Sta accadendo quello che avevamo già presagito: dobbiamo convivere e lottare col virus. «La speranza», dice Pregliasco, «è che non arrivino varianti molto cattive, e quindi che le prossime saranno come le onde provocate da un sasso lanciato nello stagno, con la tendenza a ridursi».

Intanto adesso la situazione è precipitata e richiede attenzione, con i numeri dei nuovi casi che da giorni volano sopra i 100mila contagi. Il picco previsto sarà tra un paio di settimane, prima di fine luglio. Che fare? Certo non possiamo tornare ai giorni del lockdown, almeno per ora (e speriamo mai) ma è necessario non abbassare la guardia e mettere in atto quelle misure che ci preservano dal contagio: le mascherine, soprattutto in luoghi chiusi ed evitare luoghi affollati. E soprattutto proteggere anziani e fragili in tutti i modi, mettendoli in condizioni di sicurezza, loro sì isolandoli. Dobbiamo tener duro soprattutto con loro: non è un’estate come le altre, la gente va in vacanza, va in giro per strada, ma il Covid per fragili e anziani è pericoloso come ai tempi del lockdown. Ci sono cento morti al giorno, cade un aereo ogni 24 ore, non dimentichiamolo mai, non dobbiamo assuefarci, «mola mia» si dice da queste parti.

©RIPRODUZIONE RISERVATA

© RIPRODUZIONE RISERVATA