I cattolici in politica, presenza da ascoltare

Lancia la sfida e la giustifica nel nome del riconoscimento dei diritti. Cosa c’è di più decisivo nella ricerca del consenso se non un po’ semplificare, un po’ mentire e un po’ ingannare? Stefano Bonaccini, presidente dell’Emilia Romagna, nell’affollata compagnia di nuovi pretendenti della poltrona che fu di Enrico Letta sceglie facile e va sul sicuro.

Annuncia che dalla prossima settimana la pillola RU486, quella che provoca l’aborto, sarà distribuita nei consultori. Applausi? Forse, perché pochi conoscono il contesto, le norme e lo stato dell’arte. Lo sa anche Bonaccini, amministratore apprezzato, che il suo annuncio è solo una giustapposizione di slogan e monologo propagandistico per evitare di farsi scavalcare a sinistra nella lunghissima corsa al piano nobile del Nazareno. Occorre prima una leggera spiegazione. La pillola abortiva è autorizzata in Italia, ma si può somministrare in strutture sanitarie, anche in regime ambulatoriale e di day hospital, perché non è come prendere un’aspirina. I diritti non c’entrano niente, semmai vale il contrario: proprio perché ti assicuro un diritto, io servizio sanitario pubblico controllo che tutto vada bene.

Seconda questione. Di solito si confonde pillola abortiva con la pillola del giorno dopo, una pillola contraccettiva, ma la confusione crea consenso. Ora non sembra che la RU486 sia una priorità, tra inflazione, bollette, guerra. Eppure l’argomento tira e vivendo oggi di comunicazione e debole elaborazione la sortita di Bonaccini è perfetta. Ma chiudere nel perimetro dell’aborto il tema dei diritti e quello della diseguaglianza sanitaria è un atteggiamento poco lungimirante e non intercetta i problemi nella loro concretezza. E se a farlo è un Pd dalla ossa rotte è un errore colossale.

In campagna elettorale la questione è stata affrontata. Ma perché lasciare alla destra il copyright dell’aborto? Perché non dire prima di altri che la prima parte della 194, quella sulla prevenzione, viene praticamente ignorata? Perché non dare spazio nel Pd a tutti quei cattolici democratici e popolari che sollecitano una riflessione sulla posta in gioco e cioè sulla libertà di non abortire?

Poi c’è la povertà sanitaria, che è cresciuta del 37%. Lo chiamano «Health Gap» e non è provocato da una pillola abortiva già assicurata nelle strutture sanitarie. Bonaccini intende così risparmiare? Non sembra. Piuttosto conferma l’idea che la politica non è più la guida del Paese, ma lo specchio dei desideri della società e che oggi vale di più concentrarsi sull’apparenza e l’appartenenza, invece che sulla sostanza.

Se chi si candida alla guida del maggior partito dell’opposizione non ritiene tale riflessione cruciale e strategica forse è meglio nemmeno provarci. Se il Pd vuole diventare finalmente il Pd non può fare a meno di una delle culture che hanno costruito il Paese e scritto la Costituzione, quella della mediazione, quella che guarda avanti, scova le idee e gli strumenti per superare le contrapposizioni al bene comune e le scelte scivolose e divisive che alimentano preoccupazione tra la gente. Ecco perché i cattolici non possono restare fuori, né essere relegati in una sorta di riserva indiana nella costituente invocata in questi giorni da Letta in una lettera a tutti gli iscritti dopo il disastro del 25 settembre. Alcide De Gasperi ricordava che «si parla molto di chi va a sinistra e a destra, ma decisivo è andare avanti e andare avanti vuol dire andare verso la giustizia sociale».

Se l’obiettivo è la rappresentanza solo dei propri sostenitori, tutto verrà consumato in lotte interne che indeboliranno ogni nuovo che verrà in un momento in cui il Paese ha bisogno di fiducia e non di contrappunto. E piantare una bandierina su una pillola favorisce quella dialettica della libertà che tutti invocano e che poi alla prova dei fatti sempre soccombe tra paure e diffidenze. Nel Pd e non solo.

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