I vaccini e il pass
Scelte e benefici

No vax e no Green pass esprimono un dissenso. Di per sé legittimo, se in forma pacifica. Ma come va inteso? Esistono diverse ragioni. La prima - e più diffusa - è la rivendicazione della propria libertà, in nome della fedeltà alle proprie convinzioni. «Nessuna autorità può impormi una cosa su cui non sono d’accordo» e positivamente «voglio poter decidere autonomamente della mia salute e del mio corpo, come decido di tutta la mia persona». Credo sia l’argomentazione più forte, che va presa sul serio. Porta ad affermare nel dibattito pubblico che vaccinarsi o non vaccinarsi deve essere una scelta libera e come tale va rispettata. Cosa per altro riconosciuta da tutti anche da chi si è fatto vaccinare e sostiene che sia giusto vaccinarsi, ma sempre come decisione personale e libera. Ma di che libertà stiamo parlando? La concezione di libertà attualmente più diffusa è certamente «la mia libertà finisce dove inizia la tua». Storicamente usata da Martin Luther King per rivendicare lo spazio di libertà civile a cui anche gli afroamericani avevano diritto per un principio di uguaglianza. Passata poi a indicare la non interferenza che deve esserci tra la libertà degli altri e la mia. In atteggiamento di difesa o di rivendicazione di un diritto. Così è stato per il referendum sull’aborto. Oggi con la pandemia sembra aver assunto questa forma argomentativa «tu sei libero di vaccinarti come io sono libero di non farlo», pertanto «nessuno deve essere costretto a vaccinarsi».

Il punto è che le due scelte non hanno lo stesso peso sociale e valore morale. I benefici dei vaccini sulla vita sociale, come il lavoro, la scuola, la libertà di movimento, sono evidenti. Ad oggi l’82,76% di persone con vaccinazione completa sta permettendo a tutti gli italiani una vita quasi «normale». Ci sono poi i vantaggi per la sanità. Meno pressione sugli ospedali. Meno stress per medici, infermieri e operatori sanitari. Sono riprese visite, interventi e cure, per molti ammalati, che erano state sospese causa emergenza. Chi decide di non vaccinarsi si prende inevitabilmente la responsabilità di potersi ammalare seriamente. Questo anche se potrebbe sembrare un «affare privato» non lo è. Perché la tua salute interessa a tanti e non solo per poter risparmiare su spese sanitarie. Ma prima di tutto per continuare a svolgere le proprie mansioni in tranquillità. Un beneficio non secondario dopo mesi e mesi di ansia e timore per centinaia di famiglie.

C’è poi chi ritiene - anche in ambito cattolico - che non vaccinarsi è un modo per fare «obiezione di coscienza». Ora l’obiezione di coscienza di per sé si può invocare quando c’è una legge che obbliga a fare una cosa contraria alla propria sensibilità etica o al proprio credo religioso. Come negli anni ’70 la possibilità di non fare la leva militare obbligatoria, scegliendo il servizio civile. O con la legge 194 sull’interruzione volontaria di gravidanza per medici e infermieri si concede la possibilità di non intervenire nel procurare l’aborto, fermo restando che in caso di pericolo di vita per la donna anche un medico obiettore è tenuto a intervenire. Ma qui non c’è una legge che impone a tutti di vaccinarsi. C’è la preoccupazione per la salute pubblica che chiede di trovare tutti quegli accorgimenti necessari a fare in modo che meno persone si ammalino e possano continuare a svolgere la loro vita e il loro lavoro. Anche il Green pass va compreso in questa logica di beneficio per la collettività. Non è uno strumento per uniformare tutti alla maggioranza e tantomeno dovrebbe essere usato come strumento per discriminare. Lo Stato si impegna a offrire alternative valide ai cosiddetti «resistenti», come il ricorso al tampone, perché nessuno venga privato dello stipendio o peggio perda il lavoro. In democrazia chi detiene il potere può solo cercare di persuadere, non di obbligare. Ma è altrettanto vero che viviamo in una realtà sociale strutturata, dove tutti contribuiscono al bene comune e questo include anche l’obbedienza verso quelle persone che hanno come funzione specifica e specifico compito la «cura della comunità».

Obbedire è una forma di solidarietà. Questo può comportare anche la rinuncia alle proprie intenzione o a legittimi desideri. Non si abdica così alla propria libertà, ma la si vive in forma responsabile. Nell’ultima udienza Papa Francesco commentando la frase «la mia libertà finisce dove inizia quella degli altri» ha detto che «gli altri non sono un ostacolo alla mia libertà, ma una possibilità per realizzarla», come dono e prossimità. Ma affermare, in modo individualistico, che la libertà di una persona «finisce» quando inizia quella di un’altra non significa soltanto escludere ogni forma di carità, ma anche limitare la crescita della propria coscienza morale. Perché il volto dell’altro da sempre è riferimento al mio agire buono. I numeri dei contagi ci dicono che la pandemia è sotto controllo, almeno in Italia. Ci stiamo però adattando al fatto che ci siano 50-70 morti al giorno? Forse che queste persone, al di là delle loro idee sui vaccini, non meritino il nostro impegno? E come non ricordare i 50 bambini morti, sotto i 12 anni, per Covid? Se anche uno solo di loro poteva essere salvato noi avremmo avuto il dovere di farlo.

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