IL 25 Aprile divide ancora anche l’esecutivo

ITALIA. Divisi nel giorno della festa. La maggioranza e il governo affrontano così il 25 Aprile, «patrimonio di tutti gli italiani» come dice Mattarella che esorta a «tener viva la memoria».

Ma nel centrodestra solo Silvio Berlusconi si è messo in sintonia con il Capo dello Stato con parole altrettanto chiare: la Resistenza, ha detto, è stata una pagina straordinaria su cui si fonda la Costituzione, e la Liberazione è la festa di tutti gli italiani che amano la libertà». Ma molti altri della coalizione, e ad altissimo livello, oggi festeggeranno in maniera molto diversa. Certo non come auspicava l’altro giorno in televisione il fondatore della «nuova destra» post fascista Gianfranco Fini che esortava la sua ex allieva e protetta Giorgia Meloni a pronunciare parole definitive per liberarsi dal retaggio storico di quello che fu il Movimento sociale italiano fondato dopo la guerra da gerarchi repubblichini come Giorgio Almirante e Alberto Michelini.

Le parole del leader della defunta Alleanza Nazionale però hanno lasciato Meloni silenziosa e i suoi sodali liberi di usare l’arma del sarcasmo sul loro passato padre nobile: «Ormai non è più la sua stagione». E così il protocollo della presidenza del Consiglio prevede che oggi gli impegni di Giorgia Meloni in occasione della festa della Liberazione si limiteranno di prima mattina alla tradizionale deposizione della corona all’Altare della Patria insieme al Capo dello Stato, e nient’altro di più specifico. Come invece farà Mattarella che subito dopo volerà in Piemonte a rendere omaggio a luoghi simboli della Resistenza e dell’oppressione nazi-fascista: Boves, teatro di una delle stragi più efferate, e San Dalmazzo, luogo di transito dei deportati verso i campi di sterminio.

Con lui in compenso ci saranno tre ministri, Crosetto e Santanchè di Fratelli d’Italia e Calderoli della Lega. Come loro in realtà parecchi membri del governo (Casellati, Ciriani, Giorgetti, Fitto, Pichetto Fratin, Roccella, Bernini, Valditara) parteciperanno nelle rispettive città a manifestazioni locali per il 25 Aprile, si presume insieme alle associazioni partigiane e combattentistiche. Piantedosi sarà a Castelvetrano a celebrare la «liberazione» da Matteo Messina Denaro mentre Tajani ha scelto la collocazione più congrua: andrà alle Fosse Ardeatine. Urso, altro ministro ex missino, ha scelto di presenziare a Porta San Paolo, quindi la resistenza dell’esercito e dei granatieri che dopo l’8 settembre si batterono alle porte di Roma contro i tedeschi. In realtà, i casi politicamente più eclatanti che continueranno a far discutere sono due: quello di Matteo Salvini, leader della Lega e vicepresidente del Consiglio, che diserterà qualunque cerimonia istituzionale e resterà a casa sua per trascorrere in famiglia la giornata di relax, e soprattutto quello del presidente del Senato Ignazio La Russa, il protagonista maggiore delle più recenti polemiche («Nella Costituzione non c’è l’antifascismo») che volerà a Praga per celebrare i martiri della rivolta antisovietica e poi a Teresienstadt per inchinarsi di fronte alle vittime dello sterminio nazista: in Italia non si farà vedere se non alle 9 del mattino con Mattarella, Meloni e Fontana al Vittoriano (dove si ricordano i Caduti «di tutte le guerre»).

Questa difficoltà della destra ora al governo a presentarsi al mondo in una versione definitivamente pacificata con la propria storia non solo continuerà ad alimentare le tensioni con l’opposizione ma produrrà effetti negativi in campo europeo. Da non sottovalutare che nel 2024 ci saranno le elezioni nell’Unione e Meloni ha necessità di alleanze soprattutto con il Ppe. Ma c’è chi è pronto a prevedere che, senza una vera e franca abiura del fascismo e un’adesione all’antifascismo, non ci potrà essere una collaborazione tra la destra meloniana e i popolar-conservatori d’Europa, soprattutto tedeschi.

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