Il Csm tra correnti
e giochi di potere

«Al di sopra di ogni sospetto». L’affermazione ha un rilievo fondamentale per tutti coloro che rivestono cariche di rilievo, siano esse politiche, pubbliche, associative e così via. Per tale ragione suscita particolare sconcerto il caso che vede coinvolto Luca Palamara, consigliere del Csm ed ex presidente dell’Associazione nazionale magistrati, sul quale pendono accuse molto gravi come la corruzione. Anche soltanto l’ombra del sospetto nei riguardi di un magistrato – qualunque sia il ruolo e la funzione esercitata – finisce per alimentare il discredito nei riguardi dell’intero ordine giudiziario, che è (e deve sempre essere) uno dei pilastri degli ordinamenti democratici.

Ancor più forti diventano le preoccupazioni allorché al centro della vicenda viene a trovarsi un magistrato che appartiene all’organo di «autogoverno» (come si usa dire in modo un po’ improprio) della magistratura.

Nel nostro ordinamento, infatti, il Consiglio superiore della magistratura ha un rilievo particolare, connesso alle norme costituzionali sull’ordinamento giudiziario. All’Assemblea costituente si discusse in modo approfondito sull’ordinamento della magistratura. Nella Costituzione repubblicana la sua autonomia è precisata a chiare lettere dall’articolo 104, nel quale la magistratura è definita un ordine «autonomo e indipendente da ogni altro potere». Proprio in sintonia con tale presupposto – che sgancia l’ordine giudiziario dal rapporto di dipendenza con il potere esecutivo – assume particolare rilievo il Consiglio superiore della magistratura, al quale la Carta costituzionale ha affidato l’integrale gestione dello status giuridico dei magistrati, conferendogli il potere di assumere tutti i provvedimenti concernenti i percorsi di carriera.

La composizione «mista» del Csm è un segno ulteriore del peso attribuitogli dall’ordinamento. Ad essa concorrono il Parlamento (che elegge, con maggioranze rafforzate, un terzo dei componenti) e lo stesso ordine giudiziario, sia nella parte elettiva (due terzi dei componenti scelti tra tutti i magistrati), sia in quella di diritto (il primo presidente e il procuratore generale della Cassazione). A suggellare il rilievo istituzionale è la presidenza del Csm affidata al Capo dello Stato. Sotto un profilo generale il Csm ha il fondamentale ruolo di strumento di tutela dell’indipendenza della magistratura, dovendo garantirla nei confronti delle ingerenze esterne. Compito delicatissimo, poiché serve a evitare che tanto i magistrati inquirenti, quanto i giudici siano soggetti a pressioni o condizionamenti. Si vede bene, quindi, come la sola idea che le pressioni o i condizionamenti possano venire dall’interno dello stesso Csm sia devastante. Ancor più il quadro diventa fosco se, come nella vicenda fatta emergere dalle indagini della Procura di Perugia, sotto accusa sia un magistrato che, oltre ad appartenere all’organo di autogoverno, ha guidato nel passato l’Associazione nazionale dei magistrati.

In realtà è il «peso» crescente che nel mondo giudiziario hanno assunto le organizzazioni di tipo sindacale a suscitare legittime perplessità. Di recente, il vice presidente del Csm, David Ermini, ha difeso l’associazionismo giudiziario, sostenendo che esso può «svolgere un ruolo prezioso animando il dibattito e il confronto culturale e tecnico sui temi della giustizia e sul senso della giurisdizione», aggiungendo che ciò deve avvenire senza «arroccamenti corporativi, giochi di potere, traffici venali». Ed è proprio questo il tasto dolente che emerge dalle cronache, di oggi come del passato. I «giochi di potere» nelle nomine, nella ricerca di incarichi, sono evidenti anche senza che si traducano necessariamente in illeciti penali. È sotto gli occhi di tutti che la suddivisione in «correnti» dell’associazione dei magistrati ha portato alla lottizzazione delle nomine nel Csm, insieme ad altri guasti nel funzionamento del sistema giudiziario. In un quadro siffatto non sorprende nemmeno tanto che – per riprendere il titolo di un celeberrimo film di Elio Petri – si apra una «indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto».

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