Il Papa prega per i politici
E l’Italia di fronte al bivio
Conte debole, la sua forza

Il Papa prega per i politici impegnati ad affrontare in tutto il mondo questa dolorosa pandemia che ormai sta per cambiare volto e tramutarsi in recessione economica. E il sostegno di Francesco è sicuramente prezioso per una classe politica, soprattutto italiana, che ogni giorno di più appare smarrita e divisa di fronte alla seconda emergenza che ora ci sta per aggredire. Con una differenza: la paura del virus ha unito, doverosamente, e nessun partito se l’è sentita oltre un certo limite di coltivare l’orto elettorale mentre il dolore avvolgeva il Paese. Ora che nell’allarme va lentamente attenuandosi e si passa al «dopo», con tutte le conseguenze economiche, produttive, occupazionali, sociali, la politica torna a dividersi e a riprendere il suo inesausto gioco dei quattro cantoni.

In mezzo al cerchio c’è Giuseppe Conte, protagonista assoluto ma anche possibile primo responsabile della crisi che si dovesse dimostrare ingestibile, soprattutto nel Sud. Contro di lui nell’ultimo dibattito parlamentare si è schierato Matteo Renzi che gli ha lanciato espliciti ultimatum, tantopiù pericolosi se si consideri che il partito renziano al Senato mantiene la sua golden share: un suo voltafaccia significherebbe crisi di governo.

A meno che Renzi non venga sostituito da qualcuno che sostenga Conte con l’animus del «responsabile». Sembra alludere a questo Alessandro Di Battista, capo dell’ala movimentista dei 5 Stelle, quando dice che Renzi «va neutralizzato una volta per tutte». Ma quei responsabili non potrebbero che appartenere a Forza Italia. Berlusconi e Tajani ovviamente negano qualunque abboccamento ma è un fatto che sull’utilizzo del Mes il Cavaliere si è bruscamente distanziato da Meloni e Salvini e ha sostenuto le ragioni di ministro Gualtieri e del Pd. Tutto farebbe pensare insomma ad un sostegno «discreto», nel silenzio dei vertici azzurri, magari mediante la formazione di un piccolo gruppo parlamentare. E questo servirebbe appunto a detronizzare Renzi.

Il punto però è un altro. Potrebbe un governo tenuto in piedi in modo così precario – o da un Renzi ipercritico o da qualche berlusconiano in libera uscita - affrontare la crisi sociale che si potrebbe manifestare nelle prossime settimane se i soldi promessi dal governo – sussidi, bonus, prestiti, cassa integrazione – dovessero continuare a campeggiare più nei titoli dei telegiornali che nelle tasche degli Italiani? In quel caso ci vorrebbe un governo «forte». Un «governissimo», classicamente. Ma con chi? La Meloni si chiama fuori immediatamente: non ne vuol sapere di «inciuci» e semmai chiede elezioni anticipate sapendo benissimo di vivere una stagione in cui a Fratelli d’Italia i voti crescono.

A parte Berlusconi, resterebbe Salvini che ha già dato la propria disponibilità, a patto però che Conte si faccia da parte. Ma par di capire che Pd e M5S non vogliono toccare (almeno per il momento) il presidente del Consiglio. Anche se nessuno può escludere ciò che accennavamo più sopra: Conte da protagonista numero uno può rapidamente diventare il responsabile numero uno di tutte le inefficienze, lentezze, burocraticismi che stanno mettendo a rischio la vita degli italiani meno garantiti. Ai quali non a caso lui continua a chiedere «scusa». Cosa che di sicuro non mitiga la rabbia di chi non ha soldi per fare la spesa quotidiana.

Mattarella è stato chiarissimo: in mezzo al mare in burrasca non si cambia capitano. Oltretutto senza un accordo dell’equipaggio: come si potrebbe mettere insieme un programma firmato da centrosinistra, grillini e centrodestra sovranista? Ecco, Conte si affida soprattutto ai tanti interrogativi che punteggiano questo articolo: con questa montagna di incertezze, come si potrebbe sostituirlo? È la classica situazione politica in cui la massima forza deriva dalla massima debolezza.

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