Il Piano Colao
Chi frena l’Italia

New Deal all’italiana o libro dei sogni? Difficile interpretare l’impegnativo piano di Vittorio Colao per il rilancio post Covid del Paese, con le sue 102 schede di gruppi di proposte centrate su sei pilastri per sostenere la grande cattedrale della ricostruzione: imprese e lavoro, infrastrutture e ambiente, turismo arte e cultura, pubblica amministrazione «alleata di cittadini e imprese», istruzione ricerca e competenze, individui e famiglie. Il fulcro dell’imponente progetto è giustamente dedicato alla resilienza economica, con il rinvio delle tasse, il rinnovo dei contratti a termine, gli investimenti nelle infrastrutture, la green economy e le nuove autostrade digitali. Tutti con l’obiettivo di creare lavoro. Un lavoro nuovo, ineluttabilmente trasformato dalle esperienze di «smart working» che tanti di noi hanno sperimentato in quarantena.

Tra le proposte più apprezzabili per combattere il problema strutturale e annoso del nostro sistema economico ci sono anche le riforme legate a tempi e costi della burocrazia e della giustizia civile. Ogni crisi si porta dietro la sua rinascita catartica, le sue occasioni per ripartire. Il senso del piano del manager consulente del governo e della sua task force è proprio questo.

E infatti vi sono riferimenti che partono proprio dalla lezione di questa tragedia, con le soluzioni che riducono la fragilità di un modello fondato sulle grandi strutture ospedaliere e le grandi Rsa che ha evidenziato tutti i suoi limiti al tempo della pandemia, soprattutto in Lombardia. Tra le occasioni che più ci sono date dall’ambizioso progetto per far ripartire il sistema-Italia c’è una diversa prospettiva delle politiche familiari. È già un aspetto positivo che la famiglia sia esplicitamente indicata tra i pilastri, trattandosi del principale soggetto di tenuta del Paese, come è stato dimostrato anche nella quarantena.

Nei giorni più difficili della nostra Repubblica la cellula fondamentale della società ha consentito di reggere il colpo di tanti drammi e problemi, dalla perdita del posto di lavoro o alla cessazione dell’attività alla chiusura delle scuole, fino alla cura delle persone fragili, trascurate dal sistema sanitario. Si tratta di 20 «iniziative» dedite soprattutto all’organizzazione di servizi per le famiglie, trattate più come soggetto debole che come protagonista attivo della resilienza del Paese. Un sistema di Welfare insomma, e non una rivoluzione che metta i nuclei al centro, sgravandoli dalle tasse in modo da liberare risorse e favorire la crescita demografica, con aiuti ai più giovani, dal bonus bebè alle facilitazioni per l’acquisto della casa. Ci si limita ad interventi assistenziali, in alcuni casi necessari, si capisce, ma non certo risolutivi per la rinascita del Paese.

Del tutto ignorata la proposta che da sempre fanno le associazioni familiari, quella dell’assegno unico per i figli, passaggio chiave delle politiche fiscali e familiari. Ma va anche detto che questo piano è un grande palinsesto su cui la politica – ovvero le forze di maggioranza – riscriverà il suo progetto. Inutile illudersi. Potrebbe essere stravolto, il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha già messo le mani avanti, è solo una bozza, ha detto. E infatti c’è già chi parla di assalto alla diligenza. In quel caso, addio nuova frontiera, ritroveremo la solita Italia, soltanto più smarrita e più povera.

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