Il vuoto dell’Onu, crescono i Brics

MONDO. L’Organizzazione delle Nazioni Unite (Onu), costituitasi a San Francisco il 24 ottobre del 1945, ha avuto tra i suoi compiti preminenti quello di mantenere la pace e la sicurezza internazionali, utilizzando la cooperazione e la diplomazia per risolvere le controversie e i conflitti nei vari Paesi del mondo.

Spesso, però, le decisioni prese e approvate a larga maggioranza dai Paesi aderenti non hanno avuto alcun seguito in virtù del diritto di veto previsto per i Componenti permanenti del Consiglio di sicurezza (Cina, Francia, Federazione Russa, Gran Bretagna e Stati Uniti). Anche in questo tragico periodo storico stiamo assistendo all’incapacità dell’Onu di svolgere un ruolo di mediazione tra le parti dopo l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia. Altrettanto inconsistente si sta dimostrato la sua azione nel trovare possibili soluzioni ai problemi che si sono aperti dopo l’attacco terroristico di Hamas a Israele e la successiva reazione di quest’ultima, che sta portando alla perdita di migliaia di vite umane, militari e soprattutto civili.

Tale sostanziale inefficacia delle azioni intraprese dalle Nazioni Unite ha portato negli anni alla costituzione di altre organizzazioni internazionali. Nel 1975 nacque il G7 formato Canada, Francia, Germania, Giappone, Italia, Regno Unito e Stati Uniti, con successivo ingresso della Russia (G8) esclusa, però, dopo l’annessione della Crimea. Poiché anche il G7 si dimostrò di fatto inadeguato a rappresentare i nuovi equilibri mondiali, nel 1999 fu creato il G20, in cui trovarono spazio, tra l’altro, grandi potenze quali Cina, India e Russia. Questa nuova Organizzazione ha assunto, con le sue riunioni annuali, un ruolo molto importante e si sta sempre più caratterizzando come il più accreditato Forum internazionale. Ciò non ha impedito che nel 2009, soprattutto su iniziativa della Cina - sempre più intenzionata a sostituirsi agli Usa nel ruolo di prima potenza mondiale - venisse costituita una nuova organizzazione con l’adesione di Brasile, Russia, India e Cina denominata «Bric», divenuta «Brics» nel 2010 con la partecipazione del Sudafrica. Fin dall’inizio il gruppo si è presentato come una possibile alternativa allo strapotere economico e politico degli Stati Uniti e delle economie occidentali, pur non assumendo alcuna concreta iniziativa in tale direzione.

Una svolta di assoluto rilievo, che apre oggi molti interrogativi, si è registrata nel XV vertice dei Brics del 22-24 agosto scorso nel corso del quale - con la sola assenza di Putin perché colpito da mandato di arresto emanato dalla Corte penale internazionale - si è annunciato l’ingresso nel Gruppo a partire dal 2024 di altri sei paesi (Argentina, Egitto, Etiopia, Arabia Saudita, Emirati arabi, Iran), nonché la richiesta di adesione di altri quaranta. In questa nuova composizione il Brics rappresenta il 36% del Pil mondiale e il 47% della popolazione. Nel documento conclusivo della riunione è stato rimarcato che «l’aggiunta di nuovi membri rafforzerà ulteriormente il Brics come organizzazione, darà un nuovo impegno agli sforzi condivisi e rafforzerà anche la fiducia di molti paesi nel mondo in un ordine mondiale multipolare».

Ad oggi il Brics non rappresenta una vera e propria «alleanza», né tantomeno una possibile alternativa al modello occidentale, per la presenza al proprio interno di molte differenti posizioni sul piano sia economico che politico, con visioni antitetiche fra Cina, Russia e India. Non esistono inoltre strutture integrate a carattere economico o militare e la principale realtà finanziaria di riferimento, la New Development Bank, ha finanziato progetti per circa 15 miliardi di dollari, a fronte dei 60 della Banca Mondiale. Anche il tentativo di limitare la supremazia del dollaro attraverso l’utilizzo dello Yuan si è in buona parte arenato. Resta comunque la presa d’atto di un mutato equilibrio geopolitico in continuo fermento e rapida evoluzione. Se l’Occidente vorrà mantenere la propria egemonia e perseguire la pace mondiale, dovrà necessariamente farsi carico di tessere un’incisiva mediazione che tenga conto degli interessi di questi nuovi attori.

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