La ripresa italiana. Maratona a ostacoli

All’economia italiana, nel 2022, non basterà compiere un semplice scatto per arrivare all’agognato traguardo costituito da una solida ripresa. Il nostro Paese dovrà cimentarsi piuttosto in una specialità agonistica decisamente inusuale, forse inedita, nella nostra storia recente: la maratona a ostacoli. Bisognerà dunque correre, evitando allo stesso tempo le barriere che ci troveremo di fronte, e occorrerà continuare a farlo per un lungo tratto di strada. L’andamento della ripresa dovrà essere necessariamente spedito, per recuperare sia il terreno perso nella fase più acuta della pandemia sia quello perso in vent’anni di crescita anemica rispetto ai vicini europei.

Per ora questa condizione è rispettata, come dimostra un tasso di crescita del Pil superiore al 6% nell’anno appena concluso e atteso al 4% nel 2022. Un’ultima conferma di tanta velocità è arrivata ieri, quando la società Ihs Markit ha diffuso i dati di dicembre dell’indice pmi del settore manifatturiero. Tale indicatore sintetico segnala una contrazione dell’industria in presenza di valori inferiori a 50 e un’espansione in presenza di valori superiori a 50. A dicembre l’indice pmi manifatturiero dell’Eurozona è pari a 58, segnalando dunque il 18° mese consecutivo di crescita, seppure in lieve calo da novembre (quando era a 58,4) e al valore più basso da dieci mesi. L’Italia è sopra la media, con un valore di 62, in discesa da 62,8 a novembre ma sopra le attese degli analisti, e fa meglio di Germania e Francia.

Corriamo, non c’è che dire. Dove sono gli ostacoli, allora? Alcuni sono ormai a un passo da noi, né consola il fatto che pure gli altri Paesi dovranno superarli. L’inflazione, per esempio, in tutto l’Occidente è a livelli che non vedevamo da anni. I prezzi sono surriscaldati da vari fattori che in alcuni casi si rafforzano l’un l’altro: le catene globali del valore e della distribuzione disarticolate dagli stop imposti dalla pandemia, la penuria di prodotti essenziali come i semiconduttori, il boom della domanda post lockdown e il rialzo dei corsi delle materie prime. Di conseguenza il 2022 sarà con ogni probabilità l’anno in cui la Banca centrale europea avvierà una graduale stretta della politica monetaria, archiviando il sostegno straordinario fornito tra gli altri al nostro Paese.

Non estraneo all’inflazione è il secondo ostacolo più ravvicinato, ovvero il caro energia già messo nero su bianco nelle bollette di luce e gas di famiglie e imprese. Il Governo italiano è intervenuto con un notevole stanziamento di risorse fiscali in manovra per evitare i contraccolpi più immediati. Ma non è finita qui. Come hanno scritto Guido Crosetto e Gianclaudio Torlizzi sul Sole 24 Ore, «se da un lato il cosiddetto “energy crunch” produce degli effetti nefasti sulla marginalità delle imprese, dall’altro lato la gravità con cui si sta abbattendo solo sull’Europa, si sta già traducendo in un marcato differenziale di prezzi tra i beni prodotti nel Vecchio continente quelli nel Celeste impero. Un caso emblematico è l’acciaio inox quotato attualmente dai produttori siderurgici cinesi a circa 600 euro la tonnellata in meno rispetto a quelli europei». Un gap di prezzo che si abbatterà sui nostri produttori nel caso svanissero misure di salvaguardia e crisi in corso della logistica.

Poco più in là, s’intravvedono altre incognite per la ripresa. L’incertezza creata dalla nuova fiammata pandemica legata alla variante Omicron, per esempio, potrebbe essere tutt’altro che indolore per l’economia. Così come certi scricchiolii nella superpotenza cinese, tra crisi finanziarie (vedi il caso Evergrande) e nuovi lockdown dovuti alla strategia «Covid zero» e a una barriera vaccinale «made in China» che sembra meno solida della nostra.

Correre e saltare per qualche mese, però, per quanto difficile, all’Italia non sarà sufficiente. Da settimane si sente infatti un altro campanello d’allarme per i nostri conti pubblici e la nostra stabilità finanziaria: lo spread tra Btp e Bund tedeschi, che la scorsa primavera era sceso sotto i 90 punti, ieri mattina ha sfiorato quota 140, segnalando un incremento del rischio percepito dagli investitori che guardano al nostro Paese. Il presidente del Consiglio Draghi qualche giorno fa ha offerto la sua ricetta: «Se si continua a crescere così, la preoccupazione per lo spread diminuisce. I mercati guardano alla crescita prima di tutto». Prolungare oltre il 2023 la fase attuale di sviluppo è dunque la sfida da maratoneti che ci attende.

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