La salute è un diritto
che non si può
comprare

Ha deciso di alzare il tiro. Francesco mai aveva usato frasi così sonore. Sul vaccino per Covid-19 era stato sempre cauto, quasi felpato, pur denunciando il rischio della diseguaglianza. Ieri invece ha cambiato strategia, mentre Big-Pharma va alla guerra nell’autunno caldo dei vaccini. Bergoglio ha utilizzato il linguaggio del Vangelo evocando i «devoti di Ponzio Pilato», che «se ne lavano le mani». Gli interessi sono molti, le cifre irte di zeri. Arriverà, ma quando, da chi e soprattutto per chi è una domanda dove conta più il mercato, che gli aspetti scientifici e di sanità come bene pubblico. Quali informazioni ha la Santa Sede su una battaglia nella quale le regole del commercio e della proprietà intellettuale e industriale sembrano saldamente in primo piano rispetto alla clausola, prevista dagli Accordi di Doha, di deroghe al business «per ragioni di salute pubblica»? Nessuna in più di quelli che osservano con coscienza la situazione, perché il vaccino è un’occasione unica per le grandi multinazionali del farmaco.

La cooperazione internazionale per la ricerca e la produzione è sostanzialmente fallita. Si poteva tentare con una governance mondiale indipendente. Ma tutti gli Stati avrebbero dovuto essere d’accordo e così non è stato. Oggi prevale la competizione sulla cooperazione. Insomma ci si è lavate le mani del bene pubblico della salute globale. Il presidente francese Macron lo aveva già detto quando una delle più grandi multinazionali francese del farmaco in estate si era lasciata andare alle lusinghe di Donald Trump, pronto a comprare in nome dell’«American First». La fretta di Trump sta schiantando ogni cautela e aumentando la preoccupazione sull’inequità. Ne ha un bisogno vitale in vista delle elezioni e non per nulla ha chiamato la campagna per la ricerca e la produzione «Operation Warp Speed», un’operazione alla velocità della luce. Stessa sorte per Putin con il vaccino «Sputnik» da far schizzare nell’orbita mondiale dei ricavi da pandemia.

Il vaccino è il sogno di tutti, un vaccino nazionale è il sogno proibito. Chi ha i soldi lo troverà prima degli altri, fregandosene di un accesso equo e globale. Oggi nel mondo 15 multinazionali controllano oltre la metà del mercato del farmaco. Otto sono americane. I loro padroni sono fondi di investimento, soprattutto pensioni. La regola è aumentare i dividendi, non fare carità, al punto che arrivano a comprarsi da sé le azioni, operazione una volta vietata e ora non più, per far schizzare i profitti. Finanza per la finanza, economia che uccide, per dirla con Papa Francesco.

Il vaccino è l’occasione del secolo. Oxfam, una delle più grandi Ong del mondo, ha proposto di tassare gli extraprofitti per Covid-19 come avvenne negli anni ’40 per i profitti di guerra. Ma l’appello è finito nel vuoto. Tutti procedono in ordine sparso, compresa l’Ue che ha deciso di privilegiare una multinazionale inglese pre-acquistando 300 milioni di dosi. I Paesi poveri sono fuori dai giochi, e la supremazia geopolitica detterà le regole dell’accaparramento. È molto complesso trovare, produrre e soprattutto distribuire un vaccino. Lo possono fare solo sistemi sanitari efficienti e le due dosi complicano le cose. Chi ne avrà maggior bisogno, dall’Africa all’India all’America latina, non ha risorse per procurarselo e l’organizzazione per distribuirlo. Ecco perché sarà un prodotto di lusso. Oggi nel mondo per tutte le malattie si producono ogni anno circa 250 milioni di set vaccinali. Per Covid-19 ne serviranno almeno 10 miliardi. La sanità insieme alle armi è il vero asset strategico, sul quale nessuno vuole perdere nemmeno un centesimo. Ma lo dice solo Francesco.

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