La storia dell’Italia è una somma di culture. Il passato va ricordato

ITALIA. Nell’ottobre del 1933 Albert Einstein chiese asilo negli Stati Uniti per sfuggire alle persecuzioni del regime nazista contro gli ebrei. Per ottenere il visto di ingresso dovette compilare un questionario, che conteneva - tra le altre - la seguente domanda: «A che razza appartiene?». Il grande scienziato rispose così: «Umana».

In seguito avrebbe precisato, affermando «io appartengo all’unica razza che conosco, quella umana». Il famoso episodio torna alla mente, dopo aver sentito l’infelice (a dir poco) enunciazione del ministro dell’Agricoltura, Lollobrigida, il quale - forse inconsapevole della gravità di quello che stava dicendo - ha affermato che in Italia l’arrivo dei migranti porterebbe inevitabilmente alla «sostituzione etnica». Dalle sue parole è emerso un quadro apocalittico, poiché il ministro ha sostenuto che «non dobbiamo arrenderci» di fronte a siffatta prospettiva. Di scivoloni di appartenenti a questo governo - in particolare da parte di ministri di Fratelli d’Italia - sono colme le cronache e non passa giorno che il repertorio non si arricchisca di fantasiose aggiunte.

Italo Bocchino, altro rappresentante del pensiero politico di quel partito, ha sostenuto una tesi amena. A suo dire, poiché ogni anno sbarcano nel nostro Paese 200mila migranti, tra dieci anni saranno 2 milioni. Come dire che tutti gli immigrati che arrivano in Italia, nessuno escluso, vi restano per sempre. Affermazione del tutto lontana dalla realtà, visto che si stima che l’80% degli immigrati che entrano nel nostro Paese lo lasciano per andare altrove. La concezione xenofoba che sta all’origine di così sciagurate esternazioni è totalmente fuori della storia. Non soltanto dell’Italia.

Da sempre la mescolanza tra i popoli ha generato innesti che si sono rivelati quasi sempre portatori di innovazione attraverso l’interscambio di culture, di attitudini, di comportamenti. Ed anche di cambiamenti genetici. È innegabile che l’unione di una donna nera e di un uomo bianco (o viceversa) produce, di regola, un figlio mulatto. Del resto, come emerge dalla letteratura scientifica, l’incrocio genetico tra «razze» è fattore di rafforzamento non di indebolimento. Per tornare al nostro Paese basta ricordare che il popolo italiano è etnicamente frutto dell’ibridazione dovuta da vari fattori: l’arrivo dei turchi nel periodo medievale, le varie dominazioni nei Regni italiani dell’era moderna e contemporanea. Abbiamo fette di popolazione più «chiuse» all’intreccio con altre popolazioni (si pensi alle zone montuose interne) e quelle più «aperte» (come le città di mare nelle quali sono continui gli scambi con altri popoli).

Ma l’esempio più clamoroso dell’ineluttabilità delle «sostituzioni etniche» è dato dalla storia dell’antica Roma. L’imperatore Adriano - uno dei massimi esponenti della dominazione romana sul mondo allora conosciuto - era spagnolo di nascita. Dal medesimo Paese proveniva l’imperatore Traiano. Diocleziano, a sua volta, era originario di Salona (oggi Spalato) in Croazia. Costantino il Grande, noto per l’editto del 313 d.C. che segnò la pacificazione con i cristiani, proveniva dalla città di Aisso, in Illiria. Si può dedurne che il loro ruolo dimostra a quale livello di contaminazione fosse arrivata la società che originava da Romolo, nato vicino alle sponde del Tevere.

Non è arbitrario ritenere che lo scivolone del ministro Lollobrigida dipenda da una retorica sovranista alla quale si unisce un’incerta conoscenza della storia. Un insieme preoccupante per un uomo di governo. In merito uno dei maggiori storici del XX secolo, Marc Bloch, ebbe a scrivere - prima di essere trucidato dai nazisti - che «l’incomprensione del presente nasce fatalmente dall’ignoranza del passato». Forse converrebbe regalare ad alcuni politici un buon manuale di storia delle istituzioni.

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