L’addio del padre
La vita in eredità

La cronaca riserva anche storie che toccano il cuore e riportano la vita nelle sue giuste proporzioni, sgombrandola dal chiacchiericcio quotidiano, dalle polemiche inconsistenti, dalle parole cattive e dalla paura del prossimo sconosciuto. Toccano il cuore di tutti, al di là delle appartenenze. Andrea Bizzotto era un ingegnere di 33 anni. È morto la notte del 1° marzo nella clinica in Germania dove era ricoverato da settimane per arginare il dolore generato da un cancro allo stato terminale. Nel 2016 i medici gli avevano diagnosticato un sarcoma al terzo stadio, incurabile.

Nel marzo 2017 la moglie Maria dà alla luce una bambina, Giulia Grace. Un destino beffardo aveva messo insieme la morte con la vita. Andrea era un combattente e un creativo, emigrato in Germania per trovare lavoro. Dopo aver appreso dai medici dello stato di grave compromissione della sua salute, decise di scrivere un libro, dal titolo «Storia di un maldestro in biciletta»: «Visto che mia figlia è troppo piccola per ricordarsi di me - aveva raccontato a un giornale - ho pensato di spiegarle bene chi è suo padre. Gli amori, le aspirazioni, i cibi preferiti ma anche il nostro primo anno insieme, le sensazioni che ho provato quando l’ho presa in braccio la prima volta».

Una biografia per fissare la memoria, per lenire il dolore, per sentire il papà in qualche modo presente. Il libro è accompagnato da una canzone. Andrea Bizzotto negli ultimi mesi di vita ha rispolverato l’amata chitarra e composto una canzone: «From my star», dalla mia stella. Nelle ultime ore di vita ha trovato la forza di fare anche un disegno, una stella che cresce in un campo come un fiore, accompagnata dall’ultimo messaggio a Giulia: «È solo questione di tempo, ci vediamo dalla mia stella». In questi due anni tesi tra la morte imminente, una vita con la scadenza segnata, e la gioia che una bambina porta in una famiglia, l’ingegnere ha avuto anche momenti di rimpianto e di sfogo: «Io meritavo la possibilità di crescere e educare la mia piccola, portarla al primo giorno di scuola. Meritavo almeno di lasciarle un ricordo reale di me». Quel libro ha un significato particolare: è il segno tangibile della presenza che il padre avrebbe voluto avere nella vita della sua creatura. Ha lasciato anche video e lettere per ogni compleanno di Giulia.

Se allarghiamo lo sguardo, ne comprendiamo il valore anche simbolico. Negli ultimi anni il tema dell’assenza dei padri è stato trattato in diversi saggi. Una figura decisamente in crisi nella sua funzione necessaria. Presa dal lavoro e dalla carriera, latitante in famiglia. Ma anche quando presente, è caratterizzata talvolta da un’immaturità esistenziale, da una regressione a un’eterna giovinezza. Il padre amico dei figli, privo di autorità e pronto a difenderli anche quando hanno torto (a scuola o sui campetti di calcio). La sua funzione invece è quella di portare nel cuore dei figli la coscienza che non tutto è possibile, che ci sono dei limiti, anche nei desideri, quando si degradano a un susseguirsi di azioni materialiste (acquistare, consumare) senza mai confrontarsi con il sé più profondo. Ma il padre è il volto umano della legge, sa perdonare e fare eccezioni, applicando la norma non anonimamente. La crisi di questa figura nasce dalla rottura tra la legge e il desiderio, che ha rotto gli argini. Non sono più i padri a guidare i bambini ma spesso il contrario. La crisi di questa figura può essere estesa ad altri ambiti. La politica non ha più padri, ma leader che agiscono avendo come sola bussola il consenso immediato e i desideri del popolo, anche quelli ingiusti o irrealizzabili.

Non sappiamo che padre sarebbe stato Andrea Bizzotto. Ma nei due anni di esercizio del ruolo, ha dato tutto se stesso per esserne all’altezza, puntiglioso e attento, fino alla stesura del libro dal titolo autoironico, «Storia di un maldestro in bicicletta», che sarà una presenza nella vita di Giulia. Lo leggerà con la nostalgia per il papà che se ne è andato troppo presto.

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