Le scaramucce elettorali green

ITALIA. Il voto contrario dell’Italia (unica insieme all’Ungheria, oltre a cinque astensioni) sulla direttiva europea per le «case green» è un altro segnale di affievolimento molto «politico» dell’unanime (o meglio: unanimistico) consenso che apparentemente negli ultimi due decenni si è realizzato attorno al tema della difesa del clima e dell’ambiente.

Entrando nel vivo dei provvedimenti concreti sono emerse difficoltà altrettanto concrete: «Chi paga?», ha dichiarato il ministro Giorgetti e un partito che si dichiara europeista come FI ha aggiunto che la direttiva Ue è «ideologica».

Che, in casa nostra, la lotta ai cambiamenti climatici sia oggi meno condivisa di quando era un’opzione astrattamente virtuosa, lo dimostrano fatti molto precisi. Ne sa qualcosa la non granitica candidatura di Ursula von der Leyen alla nuova guida Ue. Vi sono forti riserve nel suo stesso partito e Matteo Renzi (con alle spalle l’ombra del Presidente francese Macron) ha usato termini duramente critici verso la Presidente europea. Non parliamo di Salvini, cui non par vero di pizzicare la premier Meloni per la sua recente amicizia.

Certo, l’obbligo del «tutto elettrico» entro il 2035 nell’automobile o addirittura del 2028/2030 per questo Green Deal delle abitazioni europee, ha creato non pochi problemi e qualche passo indietro. Sarà la parte più vivace della campagna elettorale europea e soprattutto l’enorme sforzo finanziario (ma non finanziato) per le case verdi sarà sventolato nei comizi. Nell’auto, che ha un impatto modesto sull’inquinamento continentale - già di suo ai minimi mondiali – c’è una forte resistenza dei costruttori, anche di quelli più svelti ad attrezzarsi (ma non perché lo ha detto l’Europa, piuttosto per il terrore dell’invasione cinese che da una produzione di tre o quattro milioni di auto, oggi è otto volte tanto).

Per le costruzioni, la faccenda è ancora più seria, perché l’impatto inquinante tocca il 40% del totale, ma qui l’idea di far ribaltare casa a centinaia di milioni di europei, ha sollevato una questione tutta politica. Si prevede una certa gradualità, ovviamente, ma nel 2050 tutti gli edifici europei dovranno essere green! Come ha osservato Chicco Testa, è quanto meno ardito pensare che ad esempio l’Italia riduca del 16% i suoi consumi negli edifici già entro poco più di un quinquennio. Si tratterebbe di tagliare 75 TWh termici. Termine di paragone: i 12 TWh del Superbonus 110%. Cinque volte tanto gli almeno 120 miliardi che è costato! I 275 miliardi preventivati per tutta Europa sembrano dunque poca cosa, e pensare ad un superbonus europeo che lievita come quello italiano fuori controllo fa venire i brividi.

Su tutto questo, per di più, incombe l’esplosione di domanda di elettricità indotta solo dallo sviluppo dell’intelligenza artificiale. Non c’è organizzazione che non si stia attrezzando. Nelle grandi imprese è una corsa forsennata, ma anche l’Ufficio delle Entrate ha già annunciato che ne farà larghissimo uso. I soli data center dai quali tutto passa, avranno bisogno entro il 2050 di mille volte più energia di oggi. L’a.d. di A2A prevede di alzare l’offerta di elettricità di tre volte per accontentare la richiesta di una città come Milano. Federico Fubini fa notare che un semplice click su ChatGPT richiede una energia elettrica tre volte superiore a quella di una analoga richiesta a Google.

Si può dunque ben immaginare cosa significhi – per ambiente e clima – una domanda e quindi un’offerta di elettricità di queste dimensioni, ammesso che si riesca a tenere il ritmo. Quando tutte le auto saranno elettriche dove troveranno batterie (di cui nel nostro Paese ancora mancano le grandi fabbriche) e prese necessarie? E soprattutto fino a quando basteranno le fonti disponibili? Insomma: da un lato non dobbiamo abbassare la guardia sui temi ambientali (però ricordiamoci sempre che la soluzione verrà dalla tecnologia e dallo sviluppo industriale), ma allora prepariamoci, sapendo che le fonti alternative non basteranno mai. In Cina, dove inquinano e usano carbone alla grande, procedono senza riguardi. Avremo noi l’intelligenza (naturale) per ispirare non scaramucce elettorali, ma un’idea migliore di futuro?

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