L’usura
gravissima
ai tempi del Covid

L’usura è uno dei reati più cattivi e cinici. Sfrutta infatti momenti di fragilità economica delle persone, di disperazione per un’attività commerciale che rischia di spegnersi e della situazione di debolezza dei titolari, che si trovano nelle condizioni di non poter accedere a forme lecite di prestito. A Bergamo sono stati resi noti contenuti ed effetti di un’inchiesta, chiamata «Handbrake» (freno a mano), condotta dal marzo 2020 dal Nucleo investigativo dei carabinieri e coordinata dal sostituto procuratore Emanuele Marchisio, che ha portato ieri all’arresto di due persone accusate di usura aggravata, di Bonate Sopra e di Azzano San Paolo, entrambi pregiudicati.

Un’altra persona è ricercata mentre quattro sono state denunciate a piede libero. L’indagine, incentrata su un barista dell’hinterland, ha portato alla ribalta un fenomeno molto più ampio che coinvolgerebbe almeno una decina di piccoli imprenditori della Bergamasca. Gli strozzini circolavano in Maserati ma percepivano il reddito di cittadinanza e pretendevano la restituzione dei soldi prestati a tassi fino al 100%, con pesanti minacce fisiche e verbali.

L’usura è un crimine che esiste da quando c’è il denaro, condannato nella Bibbia. L’etimologia del termine deriva dal latino «usus», che indica l’utile che va riconosciuto al creditore in aggiunta alla restituzione del bene mobile o del denaro ottenuto in prestito. Uno dei primi riferimenti documentari al reato risale al Vecchio Testamento: «Se presti denaro al mio popolo, al povero che abita con te - si legge nel Libro dell’Esodo - non lo vesserai come un esattore, né l’opprimerai con le usure». Nel Levitico invece si afferma che «non darai il tuo denaro ad usura al tuo fratello e non esigerai un sovrappiù di frutti». Nel Vangelo c’è il precetto di Cristo: «Concedete prestiti senza sperarne nulla», nel Discorso della montagna (Luca 6, 35).

Secondo Dante gli strozzini sono i violenti contro Dio nell’operosità umana, arricchitisi grazie al denaro e non al duro lavoro. Il grande poeta fiorentino li colloca nel terzo girone del VII Cerchio dell’Inferno, costretti a stare seduti nel sabbione arroventato dalla pioggia di fiammelle. L’usura è un crimine sottostimato, «un reato oscuro» come lo ha ben definito il comandante provinciale dei carabinieri Alessandro Nervi. Perché le vittime, ha spiegato il Procuratore capo di Bergamo Antonio Chiappani, sono frenate dalla denuncia per paura o per vergogna: quest’ultima ha una doppia faccia, di essersi indebitati ma soprattutto caduti nella trama degli strozzini.

Se l’usura in tempi ordinari è un reato grave - equivale a lanciare un salvagente a un naufrago per poi tenerlo in ostaggio in mare - nell’epoca della pandemia di Covid è gravissimo. Non stiamo infatti vivendo solo un’emergenza sanitaria ma anche sociale ed economica. Gli esercizi commerciali rischiano di chiudere perché gli incassi dei giorni nei quali sono aperti non coprono le spese, dagli stipendi agli affitti dei locali, dalle tasse alle bollette. Non stupisce quindi l’aumento dello strozzinaggio nel primo semestre del 2020 (+6,5 % secondo l’associazione «Libera») rispetto al 2019, un dato che fotografa una parte del fenomeno proprio perché la tendenza a denunciare è limitata dalla vergogna e dal rischio di ritorsioni violente. Da alcune segnalazioni emerge poi un nuovo tipo di usura, a fianco di quella delle organizzazioni criminali che puntano al riciclaggio e all’acquisizione di esercizi commerciali e a quella di chi invece incassa interessi stratosferici: è l’usura «di vicinato» che ha per vittime persone bisognose di soldi per pagare l’affitto, il gas, la luce e la spesa. Approfittare di chi per la pandemia affoga nei debiti è un crimine moralmente nefasto.

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