Ma violenze e minacce
non fermano il virus

La «scemenza» torna in piazza. La «scemenza», come l’ha definita il sottosegretario agli Interni Carlo Sibilia, è l’ideologia «no vax» (con tutto
il rispetto per le ideologie) nutrita di odio e violenza. Lo si
è visto nelle manifestazioni di questi giorni, dove la galassia che si batte contro vaccini, green pass, mascherine e quant’altro è variamente composta - oltre che da agnostici della medicina, terrapiattisti, benaltristi, povera gente disinformata o male informata, ignoranti «attivi» e persino politici o parlamentari falliti in cerca di una platea - anche da anarchici, fascisti, fascistoidi, facinorosi, black blocs e quant’altro. Un’allegra brigata pronta a bloccare i treni in 55 stazioni nel giorno in cui si introduce il passaporto vaccinale e per molti di loro - all’occorrenza - anche a menar le mani in nome della «libertà». I blocchi sono stati condannati dai sindacati (e ci mancherebbe altro), ma forse avrebbero potuto fare di più nei giorni scorsi, lasciando troppo spazio alle manifestazioni di questo tipo e rimanendo troppo in silenzio, cavillando un po’ troppo sulla natura dei pretesi diritti soggettivi negati dal green pass.

Abbiamo già scritto che abbiamo il massimo rispetto e comprensione per chi è restio a farsi vaccinare (anche se sbaglia e rischia di contagiare, in nome dei cosiddetti «diritti negativi» oltre che sé stesso, anche le altre persone) ma ricorrere alla violenza e alle minacce, incubare - nascondendosi dietro la tastiera o lo smartphone - l’odio e la violenza, è inaccettabile. Soprattutto se si pensa che è anche per colpa di questa gente se non abbiamo ancora raggiunto l’immunità di gregge e che ieri ci sono stati 75 morti e si sono registrati centinaia di pazienti in terapia intensiva, in gran parte «no vax» pentiti. E provare a pentirsi prima di finire sotto un casco dell’ossigeno?

È incredibile che dopo 130 mila morti di Covid ci sia gente che finisce in piazza per manifestare contro le misure di sicurezza (il green pass non è altro che questo) e contro i vaccini, l’unica arma che funziona contro la pandemia, in nome di un malinteso senso di libertà. E per di più con una buona dose di violenza repressa, come si è visto nei giorni scorsi: giornalisti malmenati perché portavano la mascherina, medici inseguiti e stalkerizzati, come il virologo Matteo Bassetti, con la Rete che diffondeva il suo numero di cellulare per partecipare alla grande festa dei vigliacchi che minacciano anonimamente e invitano a commettere reati. «Un altro infame da giustiziare»; «È necessario il piombo»; «Devi crepare»; «Giornalista terrorista, ti spacco la testa». Uno sciame di intolleranza e violenza inaccettabili percorre il mondo virtuale della Rete pronto a divenire reale. Ci sono «chat» che sono diventate vere e proprie associazioni a delinquere, come ha spiegato il professor Walter Ricciardi, che soffiano sul fuoco della tensione per appiccare un bel fuoco alla grande festa dell’irrazionalità e della frustrazione. Dietro al paravento della lotta alla «dittatura» e al «passaporto della schiavitù». Come se non sapessero che solo il vaccino restituisce la libertà perduta perché solo il vaccino ci permette di essere immuni al virus. Non c’è nulla di nuovo sotto il sole: chi è violento e cerca di prevaricare cerca innanzitutto di rovesciare la frittata (come i fascisti «no vax» che tuonano contro la «dittatura». Ma come, proprio loro? Dovrebbero esser contenti di un nuovo Mussolini in verde!).

Di fronte a tutto questo ci sarebbe da chiedersi chi ha fallito (forse tutti noi), come è stato possibile che una folla che sembra uscita dal Medio Evo (non il Medio Evo di Dante e Boccaccio, ma quello della caccia alle streghe, delle torture crudeli e delle credenze popolari, dei maghi e dei cerretani) abbia potuto popolare le piazze d’Italia.

Oggi assisteremo alla replica di questa follia, sperando che non ci scappi il morto (ma il morto poi inevitabilmente ci scapperà perché è tutta gente che non usa la mascherina e chissà quanti si infetteranno). Ai «no vax» che cercano solo risposte, nutriti forse da timore e disinformazione e non violenza o rabbia repressa, l’invito a starsene a casa e a trattare questi poveri cristi come si tratta un virus: isolandoli e prendendo le distanze, sperando che anche questi si ricredano e facciano meno danni possibile. Solo così – stando a casa – ci salveremo tutti, anche da un punto di vista morale.

Bergamo, la prima città colpita dalla pandemia e che ha pagato un contributo di vite umane inaccettabile, non merita manifestazioni di questo tipo.

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