Mattarella contrario
al piccolo cabotaggio

La risicata soluzione parlamentare allo spettro della crisi di governo ha aperto scenari di palpabile incertezza. In siffatte circostanze, la figura del presidente della Repubblica acquista piena centralità. Benjamin Constant, riferendosi al sovrano in quanto capo dello Stato nelle monarchie costituzionali, lo definiva «potere neutro». Espressione che può essere utilizzata - al netto delle differenze storiche e istituzionali - anche per il presidente della Repubblica italiana il quale, poiché, a norma della Costituzione, «rappresenta l’unità nazionale», è l’elemento di equilibrio tra il potere legislativo e quello esecutivo. Il Capo dello Stato è parte necessaria del circuito delle decisioni politiche, ma il suo ruolo gli impone di essere sempre al di sopra delle parti.

La delicatezza dei compiti che spettano ad un presidente della Repubblica emergono con maggiore nettezza nei momenti di crisi. Così è, al momento, nel caso dello scossone politico prodotto dall’uscita di Italia Viva dal governo e dalla maggioranza. L’esito del voto di fiducia ha evitato che si aprisse uno scenario drammatico, in una situazione sociale già difficile, con il concreto rischio di non potersi giovare dei fondi europei necessari alla ripresa economica e alla modernizzazione del Paese. La crisi di governo lascia, però, molti nodi da sciogliere e dipanarne i più complessi toccherà anche al presidente della Repubblica. Al riguardo Mattarella non ha mancato - pur nella consueta sobrietà dei toni - di richiamare il governo a tener conto di tre questioni essenziali per la prosecuzione del suo compito: la necessità di far presto nel definire una prospettiva di azione adeguata alla gravità dei problemi da risolvere; la certezza che l’esecutivo possa godere in Parlamento di una maggioranza non precaria; l’obbligo di presentare un programma di fine legislatura in grado di affrontare le sfide che l’Italia ha innanzi a sé.

Tenuto conto della situazione, appare del tutto fuori luogo l’intenzione dei leader della Lega e di Fratelli d’Italia di chiedere al capo dello Stato di imporre al presidente del Consiglio di dimettersi. Proposta non soltanto sguaiata sul piano politico, ma soprattutto improponibile su quello costituzionale. Larga parte della destra italiana dimostra di essere priva della più elementare grammatica istituzionale. Salvini e Meloni sembrano dimenticare che l’Italia è uno Stato parlamentare.
Di conseguenza, un governo che ha ottenuto la fiducia dalle Camere ha il diritto, ma anche il dovere, di governare: saranno le sue scelte a deciderne la sorte. Il futuro prossimo si presenta irto di insidie. Chi governa deve dar prova di concretezza, compattezza, lungimiranza. Su questo terreno si può star certi che il capo dello Stato vorrà far sentire – tutte le volte che lo riterrà necessario – la sua voce, affinché l’azione dell’esecutivo non si risolva in piccolo cabotaggio. Nello svolgere il suo difficile compito il Capo dello Stato deve poter costituire «un invisibile momento temperante e moderatore». L’elevato prestigio e il larghissimo consenso tra i cittadini dei quale gode il presidente Mattarella costituiscono un fattore molto rassicurante. Nell’attuale situazione il suo ruolo - sancito dalla nostra Costituzione - di fattore di equilibrio costituisce un baluardo contro eventuali derive pericolose per la democrazia. Nell’arco del suo mandato Mattarella ha dimostrato - in ogni occasione - di eccellere per prudenza, accomunata a incisività nell’esercitare le sue prerogative. A Conte, quindi, non mancheranno, da parte del Capo dello Stato, opportune indicazioni; gli tocca l’onere di farne tesoro. Non tanto per la salute del suo governo, quanto per il bene del Paese.

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