Non c’è bisogno di inutili polemiche

ITALIA. Dalla tragica vicenda di Giulia Cecchettin è scaturita una polemica politica di cui probabilmente non si sentiva il bisogno.

L’oggetto della polemica è la destra di Gorgia Meloni, accusata da molti segmenti del mondo femminista e della sinistra in generale, di essere custode e propugnatrice di un «modello patriarcale» a cui, in queste circostanze, alcuni addebitano la radice culturale del moltiplicarsi dei femminicidi. A dare voce a questa accusa, sia pure indirettamente, è stata Lilli Gruber, la quale in tv ha chiamato in causa personalmente la presidente del Consiglio (con la quale, almeno fin quando Meloni ha accettato di andare ospite alla trasmissione de «La 7» condotta dall’ex giornalista della Rai, le polemiche non sono mai mancate), prima addebitandole la richiesta di declinare al maschile la carica istituzionale che riveste, e poi attribuendole appunto «la cultura patriarcale della destra», quella stessa contro cui si è scagliata, e non da sola, la sorella di Giulia Cecchettin.

A questa «provocazione» della conduttrice, nota per le sue simpatie di sinistra, è stata Giorgia Meloni in persona con una foto postata sui social dove si vedono le componenti della sua famiglia, tutte femminili, come dire: è una «teoria assurda» addebitarmi una tale cultura maschilista. Tra l’altro il ministro Lollobrigida, cognato della premier, ha poi ricordato che Meloni «è cresciuta senza un padre» per le vicende ormai notissime della sua famiglia di provenienza. Senza dimenticare, ha aggiunto il titolare del ministero dell’Agricoltura, che lei è la prima donna della storia d’Italia ad assumere la carica di capo del governo: «Un elemento che tutti e tutte dovrebbero valorizzare».

La Gruber a sua volta non è stata zitta, anzi rinfacciando alla sua interlocutrice di non confrontarsi mai con i giornalisti («lei è poco abituata a questa pratica democratica») e protestando perché in democrazia un capo del governo non dovrebbe mai attaccare un rappresentante della stampa: «per fortuna che c’è la Costituzione che tutela il mio diritto ad esprimermi».

Insomma, una schermaglia che fa da sfondo ad altre che si sono accese qua e là, per esempio sull’esperto incaricato dal ministro dell’Istruzione Valditara di coordinare il corso di relazioni umane che dovrebbe essere istituito nelle scuole. Si è scoperto che un vecchio libro di costui parla della «cattiveria» delle donne sia pure per auspicare che la «guerra dei sessi» abbia presto termine. Tutti i gruppi parlamentari hanno chiesto le dimissioni dell’esperto (si chiama Alessandro Amadori) convocando il ministro in aula perché riferisca.

Fortunatamente tra la presidente del Consiglio e la segretaria del PD (due donne al vertice della maggioranza e dell’opposizione, un record per il nostro Paese, mai accaduto) si registrano reciproche dichiarazioni di volontà di collaborazione nella lotta ai femminicidi e nell’aumentare l’educazione «alle relazioni» nelle scuole facendo uscire la questione dal recinto della contrapposizione politica.

È un fatto positivo che dai due lati del Parlamento ci si parli su un tema tanto grave e di comune interesse. Tuttavia quando si uscirà dalle dichiarazioni di buona volontà, anche sulla scia dell’emozione e dello sdegno provocati dall’assassinio della giovane Giulia per mano dell’ex fidanzato, e si entrerà nel merito di questi corsi che si vogliono organizzare a beneficio degli studenti, è facile prevedere che scoppieranno tutte le forti divisioni valoriali che contrappongono destra e sinistra sui temi sensibili (basti pensare alla tematica Lgbt).

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