Pandemia,
la strategia
italiana
fa scuola

I tedeschi hanno anche loro un generale. Non per la guerra ma per la campagna vaccinale. Hanno guardato a Roma e copiato il Comitato tecnico scientifico . Lo dice Olaf Scholz in visita ufficiale in Italia. Draghi ha incassato i complimenti del neocancelliere tedesco. L’Italia in questi due anni ha mostrato come la pandemia sia un nemico che non si riesce a contenere senza organizzazione. Ed è paradossale che proprio da un Paese che ha nei suoi cromosomi una vocazione all’anarchia individuale sia venuta una lezione di senso civico diffuso e di osservanza delle regole.

Proprio ciò che non è successo in Germania, dove le vaccinazioni vanno a rilento solo perché i cittadini sono renitenti. La macchina organizzativa tedesca è prodigiosa ed ha sviluppato una potenza di fuoco di un milione di vaccinazioni al giorno, il doppio dell’Italia, ma va in tilt perché la gente non vuol farsi vaccinare.

Una resistenza culturale e di principio sconosciuta in Italia in queste dimensioni. A Sud delle Alpi prevale l’idea della salute pubblica, bene comune che tutela i più deboli. Il Nord Europa e l’America anglosassone percepiscono la medicina come rimedio a condizione di non limitare l’integrità della sfera individuale. E se questo poi va a danno della comunità, allora sia dato libero sfogo alle leggi naturali. Chi è più forte tiene, gli altri devono cedere il passo. Una trasposizione delle leggi di mercato applicata al vivere e morire quotidiano.

In America ogni tentativo di creare un sistema sanitario pubblico ha sempre cozzato contro la convinzione che non si può prelevare denaro dagli stipendi privati per sussidiare chi non ha. Per i tedeschi è diverso. L’antroposofia di Steiner ha tradizione in un mondo ancora legato all’organicità dei processi naturali. L’avversione all’industria farmaceutica dei Big Pharma è una conseguenza culturale ancor prima che politica. Ma va pur detto che i regimi democratici vivono in questa pandemia momenti di grande incertezza che si riflettono nella loro capacità decisionale.

Il governo Merkel è stato contraddittorio, spesso ostaggio dei Länder e lo stesso esecutivo dei socialdemocratici, verdi e liberali per prima cosa ha abolito lo stato d’emergenza per ingraziarsi il mondo no vax.

Le terapie intensive al limite del collasso hanno poi indotto Scholz e compagni a cambiare registro. Berlino ha programmato adesso l’obbligo vaccinale per febbraio. La politica italiana ha reso possibile l’ascesa al governo di una personalità come Draghi e quindi favorito una maggiore stabilità. Al personaggio si inchinano i potenti del mondo, come testimoniato dalle lodi sperticate del cancelliere tedesco al presidente del consiglio italiano. Questo ha garantito al Paese una conduzione governativa lineare, alla quale i partiti si sono dovuti uniformare per necessità.

Non va dimenticato che se il Next Generation Eu è stato varato è perché la Germania ha prestato la tripla A del suo debito pubblico alle obbligazioni emesse dall’Unione Europea. Se non vi fosse la Germania a coprire con la sua solidità finanziaria i debiti dell’eurozona, l’Italia da tempo sarebbe in default. Ed è per questo che le cancellerie europee e gli americani vogliono Draghi ancora a Palazzo Chigi. È un’assicurazione per un Paese che allo stato attuale sta uscendo dall’emergenza pandemica ma non ancora da quella economica e politica. Il termometro è lo spread che, contrariamente alla speranza di molti, non scende e supera quota 1.30. A Berlino e a Washington sperano che la presenza al governo ancora un anno permetta a Mario Draghi di riformare oltre alle pensioni la politica e la struttura di governo. Prendere atto della vulnerabilità del Paese è il primo passo verso l’agognata normalità.

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