Per la democrazia serve più europa

Italia. Da qualche anno nell’Unione europea, fondata su consolidati principi democratici e liberali, si manifestano in vari Paesi evidenti segnali di scostamento da tali principi.

Nell’Ungheria di Orban e nella Polonia di Morawiecki governano demagoghi che assecondano sempre più un’ondata populista alimentata dall’orgoglio nazionalista. Secondo la Commissione europea in questi Paesi i governi in carica hanno introdotto misure controverse che mettono a rischio lo stesso stato di diritto. A Varsavia è stato limitato il potere della Corte Costituzionale. A Budapest è stato attuato da parte del governo un pesante controllo sui media. Anche in altri Paesi europei crescono estremismi di destra che cavalcano esasperate istanze sovraniste e mettono in discussione alcuni fondamentali principi democratici di libertà e convivenza civile.

Nel nostro Paese, il progressivo ampliamento dell’astensione al voto rappresenta una grave minaccia alla qualità della democrazia. A differenza del passato, non viene certamente in aiuto la situazione del tradizionale alleato statunitense, la cui spesso celebrata democrazia mostra preoccupanti elementi di criticità.

Ciò non è riferibile solo all’esperienza di Donald Trump, che è giunto alla Casa Bianca avendo dimostrato negli anni precedenti una chiara vena razzista e che non ha manifestato alcun rispetto per il voto popolare assecondando l’assalto al Parlamento da parte dei suoi sostenitori. Evidenti allarmi di un vuoto democratico stanno emergendo anche nel corso della gestione Biden, visto che le statistiche negli ultimi dieci mesi ci dicono che le forze di polizia, molte delle quali dichiaratamente razziste, hanno ucciso circa mille persone.

Non va sottovalutato, poi, che essendo la democrazia strettamente legata alla ricerca della pace, quello che sta avvenendo con l’invasione russa dell’Ucraina rischia di riportarci a scenari di un passato caratterizzato da tragiche dittature che sembravano ormai cancellate dalla storia. Uno scenario che dovrebbe indurre a riflettere maggiormente sulle principali ragioni che lo hanno determinato. Una è certamente riconducibile alla crisi economica e finanziaria che dal 2008 ha interessato il mondo occidentale, a cui si sono aggiunte le gravi conseguenze economiche e sociali prodotte dalla pandemia e, da ultimo, gli incalcolabili danni provocati dall’invasione russa dell’Ucraina.

Per tutte queste circostanze, nell’area europea la crescita economica ha continuato a mantenersi molto bassa, mentre il debito pubblico è ovunque cresciuto enormemente, così come la disoccupazione giovanile. All’aumento della classe più povera, si è aggiunto un critico assottigliamento della classe media, che ha contribuito a rafforzare sempre più i partiti antisistema. Inoltre, l’emergenza rifugiati ha alimentato in molti Paesi reazioni razziste e nazionaliste, che hanno contrastato l’attuazione di politiche di accoglienza, alimentando istanze di espulsioni, così come di costruzione di muri e barriere. Per non parlare della deriva comunicativa e mediatica in atto, figlia, o forse sarebbe meglio dire figliastra, dei processi di digitalizzazione in atto che hanno paradossalmente reso ovunque la democrazia sempre meno rappresentativa. Deputati, ministri e gli stessi premier governano a colpi quotidiani di tweet, coltivando spasmodicamente i sondaggi e le apparizioni televisive. La stessa stampa e gli altri mezzi d’informazione non sono esenti da colpe perché anch’essi, per esigenze di bottega, piuttosto che fornire obiettive informazioni cavalcano quasi sempre gli umori dell’opinione pubblica.

Spetta alla migliore classe politica europea - ne va della sua stessa sopravvivenza - dare corpo a una rinnovata visione progressista capace di rendere tutti maggiormente consapevoli e partecipi del fatto che oggi c’è bisogno di più Europa. Un’Europa più forte sul piano politico, con una politica estera e di difesa comune, più competitiva sul piano economico e più efficace sul piano istituzionale. Ne abbiamo tutti necessità per contribuire a garantire stabilità governativa e pace.

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