Riforma fiscale, rischio condoni

ITALIA. Sta avviandosi la riforma fiscale, con l’ambizione di essere organica, la prima dopo mezzo secolo esatto e quasi 900 aggiustamenti contraddittori successivi. Una vera impresa, che almeno parte bene, perché il testo base assomiglia molto a quello dell’agenda Draghi.

Ma sarà un’avventura, perché la materia è di quelle che suscitano i peggiori appetiti della politica e in parallelo le peggiori aspettative degli elettori, abituati da anni di condoni, di eccezioni per gruppi e corporazioni: sono ben 740 e guai a chi li tocca. I Padri costituenti vietarono i referendum su leggi fiscali, ma confidavano nell’attenzione di elettori che fossero capaci di distinguere i demagoghi dagli statisti. Fu così forse ai tempi di Einaudi e di Vanoni, ma oggi - con la scoperta del dolce inganno populista, disastroso per il bene comune ma generoso per gli amici - siamo nell’epoca post ideologica che butta via le convinzioni e i valori a cui si riferivano le persone, le famiglie, le organizzazioni quando votavano.

Tutto é cambiato quando un candidato di Forza Italia, oggi improbabile «eparca» della Chiesa ortodossa italiana, trionfò a Torino Mirafiori, roccaforte comunista. I bagnìni della Versilia, grandi elettori di Rifondazione, oggi votano FdI per evitare le gare su concessioni balneari a prezzi non indecenti. I ceti popolari votano Fratelli d’Italia, le Ztl il Pd, Alemanno vinse a Roma perché nelle periferie degradate i ladri si arrampicavano sui balconi per rubare le piante di fiori. Abbiamo visto partiti nemici tra loro combattersi al Nord e contemporaneamente allearsi al Sud, uno sconosciuto professore diventare premier prima con la destra poi con la sinistra, un partito far scegliere il segretario ai non iscritti, sbeffeggiando la loro militanza. Cose legittime e forse innovative, ma incoraggiati da una politica che non é più alla guida ma al rimorchio delle emozioni volta a volta più appariscenti, gli elettori premono per chiedere di più, addensandosi al voto «nuovo» se trovano ventri molli o disertando le urne se non ottengono soddisfazione. Il surf dei 5 Stelle dal 34% al 15% di sondaggi benevoli attuali lo conferma.

In campo fiscale, come stupirsi dunque che ci si possa inventare qualsiasi cosa per attirare voti sul taglio delle tasse? Pochi ci credono ma tanti si buttano sui pertugi aperti dagli stessi governanti. Giorgia Meloni smette i panni paludati da Draghi in gonnella e si lascia scappare l’invettiva sul «pizzo di Stato».È cosa che manda fuori dai gangheri l’alleato Salvini che allora definisce l’Agenzia delle Entrate sequestratrice di cittadini che per lui sono sempre evasori per necessità e parte la corsa a chi la promette più grossa. L’elettore osserva e si adegua, attentissimo quando si parla di condoni, perché tali sono le «paci fiscali» paradossalmente annunciate in tv da chi governa. Anche ora, prima della riforma, già la si usa a pretesto per promettere sanatorie generali, alla faccia di chi ha già pagato, soprattutto dipendenti e pensionati, in genere ceto medio. Sono gran parte di quel 14% con «ben» 35mila euro di reddito lordo, che da solo paga il 62,5% dell’intera Irpef. Ma poi i dati dicono che il 69% degli autonomi evade l’Irpef, il 18% l’Irap, il 20% l’Iva , il 23% l’Ires, il 25% l’Imu. È anche così che si è cumulato, solo dal 2000, un monte di tasse evase per 1.153 miliardi, di cui 114 forse recuperabili, se si smette di dare del sequestratore al direttore delle Entrare Ruffini, che nel 2022 almeno ne ha trovati circa 20, ma rischia la rimozione. I motivi per condonare sono sempre tanti. Il ministro dei Trasporti evoca la pandemia (ma le provvidenze a pioggia?), la guerra (ma i miliardi spesi per calmierare la benzina o abbassare le bollette?) o l’inondazione (si pensi ai risarcimenti solo annunciati, non a inondare i tg di promesse).

Magari, in attesa della riforma, si veda piuttosto di rimediare al nuovo sport nazionale: fingere di aderire ai condoni pagando solo la prima rata. In 5 anni ben 17 milioni di contribuenti hanno ottenuto lo stralcio di 64 miliardi di tasse evase, poi Meloni ne ha cancellate altre 36 per 8 milioni di soggetti. Peccato che le riscossioni effettive siano meno della metà del previsto. Tutti smemorati?

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