L'Editoriale / Bergamo Città
Sabato 02 Febbraio 2019
Ristoranti chiusi
Qualità a rischio
La Taverna del Colleoni dell’Angelo in Piazza Vecchia ed Ezio Gritti sul Sentierone: due ristoranti di gran blasone ubicati nei luoghi simbolo della città non hanno riaperto dopo la pausa post natalizia. Solo una casuale combinazione? Forse. Le motivazioni come avrete letto sono molto diverse così come diverse sono le storie dei locali e dei protagonisti coinvolti. A suffragare la teoria della casualità sono gli ultimi dati forniti dalle associazioni di settore (Ascom in particolare) da cui si evince che sì, negli ultimi anni il turn over si è amplificato con aperture e chiusure che si susseguono con maggior velocità, ma il saldo è comunque in favore delle prime. Dunque, secondo l’osservatorio generale non è il caso di lanciare messaggi catastrofici.
Il mercato della ristorazione resiste ed anzi prospera rispetto ad un’economia che invece segna generalmente il passo. Ma lo studio, a ben guardare, parte da un assunto che non consente di analizzare meglio i dati: le imprese di ristorazione infatti vengono messe tutte sullo stesso piano, senza distinzioni, senza specificarne la tipologia. Leggendoli nel dettaglio si evince in realtà che la stragrande maggioranza delle nuove insegne hanno poco a che spartire con il ristorante di stampo classico di qualità. A parte qualche rara eccezione sono piuttosto dei «mangimifici» , tavole (o anche senza, visto il diffondersi del fast e street food) alternative ed innovative: dagli «all you can eat» che si moltiplicano anche con cucina all’italiana ai tanti locali di cucina etnica, da quelli che cercano di intercettare le esigenze della clientela durante tutto l’arco della giornata a chi invece risponde alle specifiche richieste dietetiche ed alimentari.
Anche qui, salvo rare eccezioni, la proposta è quasi sempre di bassa qualità sotto tutti i profili, dalla cura dell’ambiente al servizio per arrivare naturalmente all’aspetto più importante della proposta gastronomica. Si assiste insomma alla semplificazione dei modelli in imprese di ristorazione in grado di ottimizzare e quindi contenere i costi e con questi i conti. Inesorabilmente le trattorie ed i ristoranti a gestione familiare, continuamente evocate ad esempio virtuoso capace di ergersi a difesa della tradizione italiana, cedono il passo ai «nutrifici» aperti in larga misura da società indistinte ed oscure (anche dal punto di vista dei finanziamenti).
Ad entrare in difficoltà è dunque la ristorazione con la R maiuscola, quella a cui appartenevano fino a ieri i due ristoranti che hanno chiuso i battenti, accomunati appunto dalla ricerca e dall’offerta di qualità. La motivazione è nota: i costi esorbitanti saliti negli ultimi anni a livelli insostenibili (in ordine sparso: personale, locazioni, materie prime, energia, burocrazia). Tutto ciò a fronte di un mercato che non cresce, semmai si contrae a causa della crisi economica che attanaglia il Belpaese. D’altro canto, nonostante l’imperversare mediatico di chef ed esperti di cibi e vini, la cultura dell’enogastronomia di qualità non si diffonde, anzi regredisce. Pur meritorie, ben fatte e convenienti che siano, servono ben poco al movimento della ristorazione di qualità anche le serate a tema, le ospitate di altri cuochi o di vignaioli di grido, le promozioni del mezzogiorno, gli sconti a consumo, l’azzeramento del coperto, il servizio dei vini a bicchiere in abbinamento ai piatti. Iniziative che danno benefici momentanei ma non spostano di una virgola il problema. Mai come ora si sente un gran bisogno di un impegno comune nella divulgazione dei principi che sono alla base della buona ristorazione, seria ed impegnata. La qualità alberga ovunque, dentro la pizza o la trippa come nel foie gras e nelle aragoste, e perfino nei panini se si riuscisse ancora a trovarne di fatti come si deve. Non è questione di categoria ma di competenza, di passione, di mestiere (nel senso più alto, questo sì, del termine). Solo dimostrando di essere seria ed onesta la buona ristorazione potrà resistere all’attacco delle nuove formule farlocche che sono contrarie al buon gusto ma che esercitano un forte appeal commerciale su una fascia di clientela sempre più ampia.
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