Ritorno in aula
Una scommessa

Anche se è inverno, si starà tra i banchi «come d’autunno sugli alberi le foglie». Oggi il mondo della scuola rientra in classe ma è come una scommessa, ogni giorno potrebbe scattare l’ordine di rintanarsi in casa e seguire le lezioni attraverso la Dad, la didattica a distanza. Sarà come stare in trincea, ma è difficile evitare questa specie di roulette russa cui sono sottoposti studenti, insegnanti e presidi. La variante Omicron - contagiosissima soprattutto tra i più giovani - impazza (anche se pare aver raggiunto il picco almeno in Lombardia, speriamo sia così) ed è difficile pensare che qualche ragazzo (per non dire i docenti, anche se hanno tre dosi) non arrivi già contagiato e finisca per innescare altri cluster.

Ed ecco così scattare le surreali contromisure del ministero dell’Istruzione in stile «Squid Game»: nelle scuole per l’infanzia quarantena per tutti al primo infettato, nelle elementari Dad al secondo, nelle superiori al secondo o al terzo, «auto sorveglianza» per il docente, così come per il primo contagiato degli studenti. Un delirio. A questo punto è lecito chiederci: era più sereno seguire i corsi a distanza o in classe con l’ansia che potrebbe non esserci un domani? Certo, il principio della scuola in presenza è sacrosanto, ma qui forse si tratta solo di una presenza effimera, presto sostituita dalla didattica a distanza, attraverso i pc. È solo questione di giorni. E di contagi.

Le misure consigliate sono praticamente inapplicabili: dal distanziamento alle mascherine Ffp2 per tutti (chi le paga?) alla divisione tra i vaccinati e no. Una delle componenti di questa guerra contro la pandemia, come tutte le guerre, è il tempo. Forse sarebbe stato meglio iniziare a distanza aspettando che la fase furiosa del virus fosse passata e invece no, si entra in campo nel pieno della tempesta virale. L’ultima simulazione, quella del periodico «Tuttoscuola», prevede che delle 369 mila classi italiane 200 mila potrebbero essere chiuse dal 17 gennaio, una settimana dopo la riapertura. E l’esperienza insegna che quando si chiude è difficile riaprire, tra comunicazioni, organizzazione, tamponi negativi e via dicendo.

Oltretutto si rientra in aule già abbondantemente a ranghi incompleti di studenti e docenti, poiché moltissimi hanno già dato forfait causa Covid. Negli istituti speciali dove la scuola è già ripresa a Prato mancava il 20% del personale, a Ravenna c’erano classi con meno della metà degli studenti in presenza e gli altri collegati da casa. Nel Lazio, prevede l’associazione presidi, mancheranno almeno 17 mila studenti. Come nelle guerre, si fa ricorso per le cattedre persino agli studenti universitari, i nuovi «ragazzi del ‘99» della scuola. E a proposito di presidi, è caduto nel vuoto l’appello di 2 mila capi d’istituto su 8 mila che invitavano il ministero a disporre il rientro in Dad. E in Campania il solito De Luca fa di testa sua, decretando tra le polemiche la didattica a distanza per tutti gli studenti campani contro il volere del Governo e innescando il solito conflitto di attribuzioni, con conseguente possibile impugnazione alla Corte Costituzionale. Non è la prima volta che una Regione fa di testa sua in una decisione che spetta al Governo anche se nel campo dell’istruzione e della sanità ente regionale e Stato - a norma della nostra Carta - dovrebbero collaborare. Dunque si rientra in presenza, ma pensando già alla Dad, che arriverà, prima o poi, con tutti i disagi che ci possiamo immaginare (pensiamo ai bambini dell’infanzia e delle elementari lasciati soli a casa per chi non può disporre della baby sitter o della nonna), ma pare proprio inevitabile.

Parlare di una scuola che riapre «in una situazione controllata e regolata», come dice il ministro Bianchi forse può contribuire a rasserenare gli animi ma è eccessivamente ottimistico, per usare un eufemismo. Oltretutto affermare che «l’aumento dei contagi non è avvenuto nelle scuole, ma quando gli istituti erano chiusi» è anche surreale, visto che il contagio si diffonde progressivamente. Dunque non resta che partire con la roulette russa delle quarantene al suono della campanella.

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