Sostegni bis e def
Parola ai partiti

Le immagini degli scontri che per la seconda volta in pochi giorni hanno sconvolto il centro politico della Capitale, tra Palazzo Chigi e Montecitorio, sono sicuramente il segno più eloquente di una crisi sociale che la pandemia ha portato ormai al livello di guardia. Al netto del solito gruppo di provocatori, di arruffapopolo, di eversivi di vario colore (prevalentemente nero in questi casi), sta di fatto che a Roma a protestare erano ancora una volta ristoratori, commercianti, gestori di palestre, insomma tutta gente che difficilmente andrebbe in piazza a urlare di fronte ai poliziotti in tenuta antisommossa, se non fosse davvero esasperata, allo stremo delle risorse, al punto di aderire allo slogan di «#ioapro» che presuppone che ci sia da qualche parte a Roma un potere cattivo che impone le chiusure per il gusto sadico di punire gli italiani. E a questa gente, che invoca «libertà», «diritto alla vita» ed è pronta a sfidare le autorità di polizia che avevano vietato la manifestazione, la politica deve comunque dare risposte.

La prima è sicuramente l’accelerazione della campagna vaccinale che è l’ unica vera condizione per la riapertura delle attività che consente una ripresa del Paese che mai nessun «ristoro» o «sostegno» potrà garantire. Ma nel frattempo bisogna continuare a distribuire soldi il più in fretta possibile. Da quel che dicono gli esperti, pare che il decreto sostegni sia riuscito, con i suoi meccanismi semplificati delineati dalla Agenzia delle Entrate e dal Tesoro, a far arrivare sui conti correnti i soldi attesi da chi lamentava perdite di fatturato intorno al 30%. E adesso il nuovo decreto – atteso tra fine aprile e i primi di maggio – dovrà ricalcarne le procedure però con più risorse ancora.

Per il «sostegni-bis» si parla di 40 miliardi (la Lega ne vorrebbe almeno 50) tutti da finanziare mediante la richiesta al Parlamento di un ulteriore scostamento di bilancio (il deficit è previsto a doppia cifra entro la fine del 2021) che il Consiglio dei ministri inserirà nei prossimi giorni, forse in settimana, forse all’inizio della prossima, dentro il Def (Documento di economia e finanza) su cui si sta lavorando tra presidenza del Consiglio, ufficio parlamentare di Bilancio e ministero dell’Economia. Il Def, che delinea il progetto di economia finanziaria e di bilancio dello Stato per l’anno a venire, dovrà essere reso omogeneo con il Pnrr (Piano nazionale di ripresa e resilienza) che a sua volta fa riferimento al Recovery plan con i suoi quasi 200 miliardi di euro tra prestiti e aiuti a fondo perduto. Il governo dovrà mantenere l’impegno di presentare il proprio documento a Bruxelles entro il 30 aprile, condizione indispensabile per il finanziamento dei progetti: sembra però che ci sia un certo ritardo nella tabella di marcia sia perché i ministeri continuano a fare richieste più ampie di quanto l’Europa è disponibile a riconoscerci, sia perché - ma questa è una voce di palazzo non confermata - il Recovery targato Draghi e Franco segnerà una profonda discontinuità con quello di Conte e Gualtieri. Tanto è vero che a via XX Settembre lo stanno riscrivendo daccapo.

In ogni caso dovrà essere il Parlamento a dire l’ultima parola anche su questo importantissimo passo che segnerà la nostra economia per i prossimi cinque anni. E che il Parlamento, benché così negletto e relegato ai margini nelle ultime due legislature, voglia dire la sua sulla ripresa economica lo dimostra la mole impressionante di emendamenti presentati al decreto «Sostegni 1» in sede di riconversione in legge. Proposte di modifica che vengono dalla maggioranza che comprende l’intero arco parlamentare con la sola eccezione di Fratelli d’Italia, unico partito dell’opposizione, che continua ad attaccare il governo accusandolo di inerzia sia sulla campana vaccinale che sulla strategia di lotta alle conseguenze economiche della pandemia. Dalla maggioranza si insiste per aumentare le provvidenze a favore delle imprese per garantire loro la liquidità indispensabile a compiere la traversata da qui all’immunità di gregge. Tutti sanno che sarà difficile centrare l’obiettivo della crescita al 4,2-4,3% prevista dagli organismi nazionali e internazionali, nonostante che rimanga al di sotto delle speranze del governo e delle forze politiche. Una forte spinta potrebbe darla il turismo se solo si riuscisse a riaccenderne i motori prima della imminente stagione estiva.

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