Una cultura di prossimità, la risposta alla povertà

Nel Vangelo di Giovanni, Gesù, parlando con i suoi discepoli, utilizzò una frase che scardinò il pensiero stesso dei suoi amici più vicini: «I poveri li avrete sempre con voi». Questa frase di Gesù accompagna la vita di ogni epoca dell’umanità, perché in ogni società, anche nelle più ricche e benestanti, fratelli e sorelle che vivono la povertà, e quindi situazioni di fragilità e debolezza ,si trovano sempre.

Proprio giovedì 13 ottobre l’Istat ha comunicato i dati sulla povertà nel nostro Stato italiano; tra quelli che ho letto (per ora velocemente), si nota anche quest’anno un continuo aumento di poveri e soprattutto un continuo aumento di famiglie sempre più vicine alla soglia di povertà. Questi sono dati italiani, ma anche a livello lombardo e di territorio bergamasco questa tendenza si ripete.

La nostra città e la nostra provincia sono territori, a differenza di altre zone d’Italia, dove la ricchezza e il lavoro sono ben presenti, ma ci accorgiamo che sono sempre più in aumento situazioni diverse di povertà. Oggi, soprattutto nella nostra Bergamasca non possiamo fermarci alla povertà materiale, che sicuramente è la più visibile e la più facile da aiutare e sostenere: penso a coloro che hanno bisogno di alimenti, vestiti, beni di prima necessità. Oggi, soprattutto dopo l’esperienza del Covid, la povertà relazionale si fa sempre più sentire nella convivenza civile: persone anche molti giovani, che faticano ad avere relazioni stabili, serene che danno senso alla propria esistenza.

Un’altra povertà che sta emergendo in modo forte è quella educativa e culturale, dove ci accorgiamo che la mancanza di educazione e di formazione crea poi una mancanza di cultura dell’apertura e della prossimità verso chi fa più fatica a vivere. Una povertà abitativa dove, se a Bergamo e provincia il lavoro non manca, anzi, devo dire che molte aziende continuano a chiedere lavoratori e lavoratrici per le proprie attività, il problema della casa, in modo particolare per gli stranieri, sta diventando sempre più gravoso.

Infine una povertà spirituale, che ovviamente non è solo mancanza di fede, ma soprattutto mancanza di spirito, cioè di energia, di voglia di vivere che negli incontri che facciamo quotidianamente nei nostri centri di ascolto sta emergendo sempre di più. Certo, il futuro prossimo, molto prossimo, che abbiamo di fronte rischia di aggravare ancora di più la situazione di molte famiglie e anche aziende: il caro energetico che già stiamo toccando con mano sarà un’ulteriore prova per molti da affrontare con intelligenza e capacità di sobrietà. Il rispetto delle risorse è innanzitutto un principio di cultura fondamentale che tutti dobbiamo recuperare e ciò diventa anche un risparmio significativo sulle tante voci di costi e di spese che ognuno di noi personalmente e familiarmente ha. Tutte queste povertà elencate spesso si ritrovano in una stessa persona, che è da aiutare con modalità diverse, da una situazione all’altra. All’interno di tutto ciò un’attenzione particolare che Caritas Diocesana Bergamasca ha è nei confronti della grave marginalità: molte nostre risorse vengono impiegate per porre attenzione a questa fascia (non numerosissima, ma in aumento) che necessita di molta attenzione e diverse progettualità per dare un senso e una dignità alla vita di questi fratelli e sorelle in grave difficoltà.

La nostra società bergamasca, sia a livello civile che associativo e soprattutto ecclesiale, cerca di dare risposte a tutte queste fatiche in modalità e tempistiche diverse, ma anche in una capacità di lavoro in rete che, da anni, riesce a creare un lavoro di coesione verso i poveri. Oltre a queste risposte l’impegno più grande che dobbiamo prenderci verso la povertà è di costruire sempre di più e sempre meglio una cultura di prossimità e di vicinanza che parte dalla carità del quotidiano e del vicinato, dove ogni bergamasco e bergamasca, proprio perché uomo e cristiano è chiamato nella sua vita ad aprire gli occhi, le mani, la mente e il cuore verso i fragili e i deboli; è un impegno non facile perché creare una cultura dell’accoglienza e della vicinanza è bello a dirsi e a scriverlo, ma è faticoso e laborioso viverlo. Un secondo impegno che crea cultura è l’attenzione fatta di generosità: una generosità intesa non solo di offerte pur necessarie, ma di tempo, di riflessione e di condivisione. Un terzo e ultimo impegno - ma se ne potrebbero aggiungere tanti altri - è, dopo questi anni difficili del distanziamento e dell’isolamento del Covid, recuperare il senso della Comunità: una Comunità sveglia e attenta a percepire e cogliere ogni istanza che c’è dentro la vita stessa della Comunità. Vi invito a leggere le pagine all’interno del giornale perché anche l’informarsi di come è la situazione della povertà è già un bel segno di attenzione e prossimità.

*Direttore della Caritas diocesana bergamasca

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