Una partita per il futuro della città

ITALIA. La Montelungo è un pezzo fondamentale delle dinamiche di Bergamo e non solo una soluzione ai problemi (reali) di residenzialità di un’Università cresciuta in modo esponenziale negli ultimi anni e diventata a sua volta un punto di forza della città.

Se la posta in gioco fosse solo quella di trovare un alloggio accessibile agli studenti fuorisede si potrebbe puntare su altre opzioni, ma il risultato non sarebbe lo stesso, perché questa partita va ben oltre le legittime necessità dell’Ateneo. Non è un mistero che sul tavolo ci siano anche altre possibili operazioni che vedono protagoniste l’Università, su tutte il trasferimento di Ingegneria alla ex Reggiani, che riempirebbe un altro buco nero (uno degli ultimi) del capoluogo anche con residenze, ma per contro comporterebbe l’abbandono - o un significativo ridimensionamento - del polo di Dalmine. Prospettiva fortemente osteggiata dalla locale amministrazione comunale, ma questa è un’altra partita.

Quella che invece Palafrizzoni, Università e Cassa depositi e prestiti hanno deciso di giocare insieme con un Protocollo d’intesa siglato nel 2015, un Accordo di programma l’anno dopo e un Atto integrativo nel 2020, porta con sé una visione di città che va ben oltre l’Ateneo, riconoscendone però nel contempo la sua fondamentale centralità. E lo fa proprio individuando la Montelungo come sede privilegiata per gli studenti e parte delle attività didattiche.

Chiunque conosca anche solo superficialmente la storia di quelle caserme (al plurale, perché in realtà c’è anche la «Colleoni») sa bene del quarto di secolo passato senza dare una destinazione sostenibile a quell’immobile a due passi dal centro che ha accolto giovani di tutta Italia durante la Naia: si può quasi dire che per intere generazioni rimane il ricordo più vivido di Bergamo. Non è un posto qualsiasi e per questo fin dall’inizio si è cercato di inseguire la suggestione di riportarci altri giovani, non più militari ma studenti, oppure di ricavarci spazi museali: destinazioni comunque nobili come del resto lo è la posizione, geografica e non solo.

La previsione del Pgt che vede l’inserimento del compendio nel polo dell’arte e della cultura è stata mantenuta (verrebbe da dire perseguita) da tutte le amministrazioni succedutesi dal 2009 in qua, a conferma della sua strategicità. Pur nella scelta, ormai irreversibile e solida, del campus diffuso, una destinazione universitaria per la Montelungo vuol dire da un lato portare definitivamente l’Ateneo nel cuore della città (ribadendone la conclamata vocazione universitaria) e dall’altro legare tra loro pezzi interessati da importanti trasformazioni che vanno dalla Gamec (vecchia e nuova) al restyling dello stadio che lunedì inizia il suo terzo e ultimo round. Ma anche a iniziative private come le ex Canossiane, Chorus Life, il recente (e bellissimo) recupero dell’Hotel Commercio, ora Santo Spirito, e quello imminente dell’ex Principe di Napoli.

In questo senso la Montelungo è il pivot di un’idea di città che considera l’Università come un suo bene primario, al punto tale da metterla al centro di un ridisegno ben più ampio. Per questo motivo è un obiettivo che va tenacemente perseguito e la disponibilità di un nuovo soggetto ad essere della partita, seppure con modalità differenti da quelle contenute in un bando per l’individuazione di una Sgr andato purtroppo deserto, va assolutamente colta e analizzata fino in fondo.

I tempi inevitabilmente si allungano - purtroppo è una costante di questa vicenda - ma la partita resta fortunatamente aperta e va giocata fino in fondo. Possibilmente con quella comunione d’intenti che c’è stata (chi più, chi meno...) in questi anni. Ma soprattutto resistendo alla tentazione della facile polemica politica, visto che in questa vicenda alla fine rischia di perderci la città intera. Perché la Montelungo non è un posto come gli altri, ma una visione della Bergamo che sarà. Se sarà.

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