Lo schianto in moto e i soccorsi per strada
Resta gravissima la 40enne di Scanzo

La donna, di Scanzo, è rimasta a terra dopo l’impatto violento. Due infermieri l’hanno soccorsa, poi il 118: resta in prognosi riservata a Brescia

Sulla sua Kawasaki Zeta 750 distesa a terra tra schegge di manubrio e pezzi di freno sull’asfalto campeggia una scritta in inglese. Tradotta suona più o meno così: «Quando la vita ti butta giù ricordati che è l’unica cosa giù. Il resto resta su». Ora lei, 40enne di Scanzorosciate, è in lotta per restare attaccata alla vita agli Spedali Civili di Brescia dove è ricoverata in prognosi riservata, in terapia intensiva, dopo il pauroso incidente in cui è rimasta coinvolta all’incrocio tra via Mattei, la vecchia provinciale parallela al Serio, e via Monsignor Marchesi, la traversa dove era diretta la Freemont bianca contro la quale si è schiantata, poco dopo le 11,30 di martedì 1 settembre.

La donna è stata soccorsa e intubata, non era cosciente, e che la situazione fosse disperata se n’è accorta subito la coppia d’infermieri, un uomo e una donna, intervenuta pochi istanti dopo l’impatto per prestare soccorso alla motociclista. Lui passava di lì per caso, lei abita in zona ed è scesa scalza prima che sul posto arrivasse il personale del 118, con l’automedica, due ambulanze e l’elisoccorso di Bergamo che ha trasportato la donna a Brescia. A quel punto, sentendo le sirene delle ambulanze e vedendo atterrare l’elicottero, la gente della zona è scesa in strada ed è rimasta a osservare, con sguardi angosciati e occhi sbarrati, mentre la pattuglia della polizia locale Unione sul Serio completava i rilievi e metteva a verbale la versione dell’incidente fornita dalla donna alla guida della Freemont, 50 anni, di Torre de’ Roveri, diretta a un supermercato con a bordo due minori, una ragazzina 13 enne e un bimbo di 4 anni, fortunatamente rimasti illesi.

La dinamica

«I ride like a girl», guido come una ragazza, dice l’adesivo incollato sul manubrio della moto, ma come stesse procedendo la sua Kawakasi e quale sia stata la dinamica dell’impatto non è ancora una questione cristallizzata per gli investigatori. E il fatto che non siano emersi, al momento, testimoni oculari dell’incidente, complica le cose. Secondo le prime ricostruzioni, la moto stava procedendo in via Mattei, direzione Albino, in senso opposto rispetto alla Freemont. Tra loro, davanti alla moto e di fronte alla Fiat, ci sarebbe stato un camion. Arrivati all’incrocio con via Monsignor Marchesi, che porta in paese, la Freemont, pronta a svoltare a sinistra, avrebbe rallentato per fare passare il camion, dietro al quale stava arrivando la Kawasaki. A quel punto, passato il camion, la Fiat avrebbe svoltato a sinistra impattando contro la moto. Una collisione tremenda, fotografata dalla carrozzeria «sfondata» della portiera posteriore destra della Freemont. Il punto dell’impatto sull’auto, laterale e posteriore, fa supporre che la collisione possa essere avvenuta quando la Fiat era a cavallo o appena oltre la riga di mezzeria, già in fase di svolta avanzata, ma siamo nel campo delle supposizioni. Così come resta un’ipotesi la presenza del camion (che in ogni caso non si è fermato) e che la moto fosse in fase di sorpasso, in accelerazione e comunque a forte velocità, quando la Freemont ha svoltato a sinistra. Le tracce nere che graffiano l’asfalto tracciando una semicurva verso la traversa potrebbero essere il segno di un tentativo di frenata da parte della motociclista, ma anche su questo punto la polizia locale non ha riscontri certi.

Le videocamere

Qualche elemento utile agli investigatori potrebbe arrivare dai filmati delle telecamere comunali, una delle quali piazzata proprio su via Mattei e puntata in direzione di Albino, la stessa da cui proveniva la Freemont. Una prospettiva ideale per cogliere la dinamica dell’impatto e chiarirne i punti fondamentali: c’era un camion davanti alla moto? La moto era in fase di sorpasso? L’auto non si è accorta della Kawasaki o viceversa? A quale velocità procedevano i due veicoli? Domande alle quale tenteranno di dare risposta gli accertamenti della polizia locale, in attesa di capire se ci siano elementi per l’apertura di un fascicolo. Ma nel frattempo la speranza è che la motociclista possa uscire dalla terapia intensiva, riaprire gli occhi e raccontare l’incidente come si racconta un incubo al risveglio.

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