Personale difficile da trovare per il 73% delle aziende. La ricerca inizia nelle scuole tecniche e non solo

REPORT DI CONFINDUSTRIA. Il 73% delle imprese orobiche in difficoltà a trovare profili adeguati alle necessità. Il dialogo con il mondo della scuola per dare una risposta. L’apprendistato è il contratto d’ingresso più utilizzato. Stipendi, più aumenti nelle pmi.

Accanto al passaparola (vecchio metodo ma sempre in auge), il ricorso alle agenzie per il lavoro, oggi è la scuola il luogo che a cui guardano con crescente interesse le aziende bergamasche per dare una risposta alla crescente difficoltà a trovare personale. Il dato emerge dall’Indagine del sistema Confindustria sul tema del lavoro, a cui hanno contribuito anche 118 aziende bergamasche con quasi 28mila addetti di ogni dimensione e settore. L’83% delle aziende del campione ha indicato di avere ricerche di personale in corso e fra queste ben il 73% ha riscontrato significative criticità. All’interno del questionario, che prevedeva possibilità di risposta multipla, il 30% ha segnalato difficoltà diffuse e trasversali per tutte le competenze e mansioni, nel 49% dei casi problemi di reperimento per mansioni manuali/tecniche e nel 48% per competenze o mansioni specifiche, in particolare per tecnici specializzati o laureati.

Criticità a cui le imprese bergamasche hanno cercato trovare rimedio. Uno di questo è appunto l’alleanza con il mondo della scuola. Una quota significativa, pari al 42%, segnala infatti l’impegno in programmi educativi, come i corsi Its (il segmento della formazione terziaria professionalizzante) o mettendosi a disposizione per i programmi di alternanza scuola-lavoro nelle scuole superiori, in particolare quelle a indirizzo tecnico. Una quota analoga indica anche di aver allargato il tradizionale bacino di ricerca anche nelle aree umanistiche.

C’è poi chi, 62% del campione della ricerca, a fronte delle difficoltà di reperimento, ha realizzando programmi per aggiornare le competenze delle risorse già inserite in azienda. «Nell’insieme si evidenzia un’evoluzione interessante del nostro territorio - sottolinea Marco Manzoni, vice presidente di Confindustria Bergamo - dove le imprese si mettono in gioco per risultare attrattive verso i giovani e dialogare in modo efficace con il mondo della scuola, dedicando parallelamente energie alla formazione interna, come dimostrano le tante Academy create dalle aziende».

Volontà di fidelizzare

Dalla ricerca emerge che tra le aziende che hanno adottato politiche di inserimento di nuove risorse, le forme contrattuali più utilizzate sono l’apprendistato e le assunzioni a tempo indeterminato con agevolazioni contributive, entrambe segnalate nel 41% dei casi. Emerge quindi la volontà di fidelizzare i nuovi assunti, privilegiando contratti più stabili. «Al di là della definizione che può essere fuorviante, perché legata a vecchie concezioni - sottolinea Manzoni - quella dell’apprendistato si tratta di una proposta seria e professionalizzante di coinvestimento fra azienda e giovane che può acquisire competenze all’interno di un percorso fortemente orientato alla stabilizzazione».

Il gap degli stipendi

L’indagine ha affrontato anche il tema delle retribuzioni, in particolare dei laureati, tra i profili oggi più difficili da reperire, soprattutto nell’area tecnica. Al netto dell’area milanese, dove le retribuzioni di ingresso sono in media superiori del 10%, gli stipendi in provincia di Bergamo sono sostanzialmente allineati a quelli delle altre province lombarde. I dati 2022 indicano una retribuzione alla prima esperienza variabile tra i 24.410 euro (media degli stipendi di chi ha completato un percorso triennale) e i 26.268 euro relativi ai laureati magistrali nelle discipline tecnico-scientifiche. In posizione intermedia i magistrali con una formazione di tipo umanistico (24.836 euro) e i laureati magistrali nelle discipline economiche-giuridiche con 25.718 euro.

In genere le retribuzioni risultano più alte nelle imprese industriali di maggiori dimensioni. L’indagine ha anche rilevato che gli adeguamenti dopo il primo anno sono stati in media del 4,4% in tutta la Lombardia e del 4,5% in provincia di Bergamo. Gli incrementi più consistenti hanno visto in prima fila le piccole realtà (+5,5%), mentre nelle medie l’incremento è stato del 4,1% e nelle grandi del 4,4%.

«Gli incrementi leggermente sopra media, con le piccole realtà particolarmente impegnate - commenta Marco Manzoni - possono essere il segnale di una maggiore consapevolezza di quanto siano importanti i primissimi anni per fidelizzare le persone, utilizzando anche la leva delle retribuzioni. La partita si gioca però su più ambiti: spesso risulta vincente l’attenzione globale al giovane che si deve sentire coinvolto in un percorso con vari step di miglioramento all’interno di vision, valori e obiettivi chiari e condivisi. Di qui il nostro impegno come Associazione per mettere a punto strumenti di supporto e promuovere la diffusione di una nuova sensibilità grazie alla quale possono essere meglio colte criticità, ma anche opportunità degli attuali scenari».

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