Tra tassi e pensioni manovra senza spazi

ITALIA. Approvata la Nota di aggiornamento al Documento di Economia e finanza (Nadef), è ufficialmente nota la «cornice» contabile dentro la quale Governo e Parlamento potranno muoversi per dare forma alla prossima Legge di bilancio.

L’esecutivo ha già fatto capire quali sono le priorità su cui intende puntare – dalla proroga del taglio del cuneo fiscale al sostegno alle misure pro-natalità -, e ciascun partito politico proverà legittimamente a far valere le proprie ragioni nel percorso parlamentare. Tuttavia, per evitare dibattiti sterili su chissà quali futuribili misure, sarà bene partire da un dato di fatto: la prossima Legge di bilancio muoverà sì parecchi miliardi di euro, ma comunque una frazione decisamente piccola rispetto all’ordine di grandezza dei fenomeni macroeconomici che investono il nostro Paese (come gli altri in Europa).

Per avere un’idea realistica della posta in gioco, iniziamo da quanto si legge nella relazione al Parlamento sulla Nadef resa nota ieri dal ministero dell’Economia: «Gli spazi finanziari che si rendono disponibili, quale differenza tra gli andamenti tendenziali e programmatici aggiornati, che includono anche la maggiore spesa per interessi passivi conseguente al maggiori disavanzo, sono pari a (…) 15,7 miliardi nel 2024». Detto in parole più semplici, il deficit aggiuntivo previsto dall’esecutivo per il prossimo anno sarà pari a 15,7 miliardi; equivale a dire che ogni spesa in più per finanziare la manovra – rispetto a questi 15,7 miliardi - dovrà essere compensata dalla decurtazione di altri capitoli di spesa. Tale deficit potrà essere tanto o poco a seconda delle valutazioni di ciascuno, certo difficilmente ce ne saremmo potuti permettere di più considerato il nostro elevato indebitamento, e in ogni caso si tratta di un ammontare che impallidisce rispetto ad altri numeri che influenzano l’andamento economico. A partire, per esempio, dalla spesa delle pensioni che nel 2023 raggiunge i 317 miliardi di euro, in crescita anche per effetto dell’indicizzazione delle stesse all’inflazione; 317 miliardi sono oltre 20 volte il deficit faticosamente «ritagliato» per il prossimo anno dal ministro Giorgetti.

Oltre ai soldi pubblici impegnati nel nostro imponente (e ingessato) welfare state, ci sono poi le risorse che imprese e famiglie vedono purtroppo sottrarsi in ragione del difficile contesto internazionale. La sola stretta sui tassi d’interesse avviata la scorsa estate dalla Banca centrale europea per contrastare l’inflazione, ha ricordato ieri l’Ufficio studi di Confindustria, ha «un impatto considerevole» soprattutto sulle famiglie che hanno un mutuo per la casa. Ecco altri numeri monstre: lo stock complessivo di mutui nel nostro Paese è di 425 miliardi di euro, quelli a tasso variabile sono il 38% del totale (162 miliardi), ed è su questi ultimi che già risulta un aggravio di interessi annui pari a 4,6 miliardi di euro, in aggregato. Per 1,2 milioni di famiglie, calcolano i ricercatori di Viale dell’Astronomia, «i maggiori tassi corrispondono a +3.683 euro di interessi nell’anno». Un andamento che pesa già nell’immediato, ovviamente, senza calcolare che a costare più cari saranno anche i mutui a tasso fisso stipulati da adesso ai prossimi mesi. Inoltre, sempre secondo Confindustria, «per le famiglie, il rialzo dei tassi colpisce anche il credito al consumo utilizzato per l’acquisto di beni durevoli (es. automobili, elettrodomestici). L’aumento dei tassi è stato identico a quelli sui mutui (+2,84 punti percentuali), ma lo stock di tali crediti è decisamente inferiore (circa 120 miliardi di euro)». Una Legge di bilancio efficace e coraggiosa potrà aiutare famiglie e imprese, ma di fronte a numeri simili togliamoci dalla testa che sia risolutiva o onnipotente.

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