L’intelligenza artificiale? Un capolinea per tanti mestieri, ma apre nuove strade

SVILUPPO. L’economista Tito Boeri all’istituto Pesenti ha tracciato un quadro dell’impatto delle tecnologie informatiche sul mercato del lavoro: una sfida per le occupazioni intellettuali, le attività manuali guadagneranno importanza.

Doppiatori, docenti, intellettuali, personale impiegato in lavori che prevedono azioni ripetitive di analisi costante dei dati. Tutti mestieri a rischio con la diffusione delle intelligenze artificiali. I medici e i ricercatori, di contro, potrebbero giovarsene. Mentre i lavori prettamente manuali difficilmente verranno sostituiti. A tracciare il quadro del prossimo futuro del mercato lavorativo – quali occupazioni rischiano di sparire, quali no, quali verranno «aiutate» e di nuove ne nasceranno –, è stato l’economista Tito Boeri, che il 2 febbraio era ospite all’istituto Pesenti, a Bergamo, accolto dalla preside Veronica Migani, per l’incontro su «Intelligenza artificiale e mercato del lavoro». «L’intelligenza artificiale – ha spiegato l’economista, già presidente dell’Inps – avrà delle conseguenze sul mercato del lavoro già nei prossimi anni, visto il suo progresso continuo e smisurato e potenzialmente incontrollabile. Per capire quali potrebbero essere e, se possibile, preparaci ad essi, bisogna conoscere pregi e difetti dell’AI».

Traduttori perfetti

Quindi è necessario comprendere cosa le AI sono in grado di fare e quali saranno le conseguenze del loro impiego nella vita quotidiana. «Tra le tantissime cose che l’AI sa fare – ha specificato – alcune impatteranno sicuramente sul mondo del lavoro. Pensiamo alla capacità che ha di tradurre interi testi in modo accurato, in pochissimo tempo e in tutte le lingue parlate. È un passo avanti non da poco rispetto alle precedenti traduzioni “automatiche” che erano inaffidabili e inutilizzabili. Ora invece le traduzioni che possiamo fare ad esempio con ChatGPT sono affidabili e puntuali: sono traduzioni che potrebbero aiutare le aziende che commerciano con l’estero, perché il personale, seppur preparato, non potrà mai conoscere ogni lingua del mondo e quindi in questo caso l’AI potrebbe essere un sostegno alle vendite».

Responsabilità

L’AI può guidare veicoli, «aumentando la sicurezza stradale, visto che non si può stancare, addormentare o distrarre. Di contro potrebbero verificarsi dei bug e di conseguenza dei problemi o incidenti». Chi ne risponderebbe? «L’intelligenza artificiale può creare immagini stupende che sembrano vere (pregio, ndr) e causare così equivoci (difetto, ndr). Lo stesso vale per i video o per la possibilità di emulare la voce di chiunque in modo impressionante, che è sconvolgente per le possibilità che questa capacità apre, ma anche per i problemi che potrebbe causare. Potremmo ad esempio creare un video di una persona doppiandola con la sua stessa voce e facendogli dire quello che vogliamo noi». Oppure potremmo trovarci in un 1984 orwelliano del futuro, dove la capacità di riconoscere i volti dell’AI permetterebbe, tramite l’uso di telecamere, di avere un controllo costante di ogni persona. «Con risvolti inquietanti. L’AI può anche processare in modo rapidissimo molte informazioni. Moltissime. Così tante che per le persone ci vorrebbero anni o forse nemmeno basterebbero. E questo potrebbe essere utilissimo in medicina, nel campo della diagnostica. Ma l’AI può fare molto altro che nemmeno immaginiamo». Come è intuibile, tutto questo comporta dei rischi e delle sfide per il nostro futuro. «Si possono creare fake news o bibliografie false. È il tema della veridicità a essere a rischio: come distinguo una fake news creata con l’AI da una notizia vera? Serve formarsi e stare al passo coi tempi. Anche se il tempo di adattamento non sarà molto (altro grande rischio). E chi risponde se l’AI sbaglia?». Ecco che vi sono quindi anche rischi e sfide legali e giuridiche da affrontare a riguardo, così come etiche.

Evoluzione tecnologica

«Ma la sfida più grande sarà quella legata al futuro del lavoro. Da sempre l’evoluzione tecnologica causa nelle persone il timore di essere sostituite dalla macchina. Fino ad ora non è successo. Certo alcuni lavori spariranno, altri verranno migliorati dall’AI e altri ancora nasceranno grazie all’AI. Ma è già successo in passato. Basti pensar che in Italia nel 1948 il 50% dei lavoratori lavorava nell’agricoltura e solo il 26% nei servizi. Nel 2019 invece i dati parlavano di 1% in agricoltura e 70% nei servizi. Perché il mondo del lavoro cambia ed evolve». Da sempre. «Bisogna quindi capire come essere complementari all’AI, come utilizzarla per migliorare il proprio lavoro. Certo alcune mansioni sono più a rischio di altre, come il doppiatore (pensate alla capacità dell’AI di riprodurre la voce per il doppiaggio come spiegato prima). Mentre il medico può avvalersi dell’AI per aiutarsi nelle diagnosi e chi svolge lavori manuali difficilmente può essere sostituito dall’AI. È difficile dire con certezza cosa accadrà in futuro, ma di certo l’AI cambierà il mercato del lavoro. Sta a noi conoscerla e provare ad utilizzarla al meglio».

Regolamentazione

«Senza dimenticare – ha concluso – che vi è anche il grande tema della concentrazione di potere derivante dall’AI da affrontare. Ad oggi infatti una grande quantità di dati è in mano a pochissimi colossi, che hanno così più potere di molti stati e che influenzano la vita di tutti noi (Google, Apple, Amazon e Meta). Ed è un problema perché parliamo di tanto potere in mano a pochi e quei pochi non sono stati eletti in modo democratico. Ed è molto pericoloso. Come regolamentarli? Serve un lavoro internazionale, che coinvolga UE, antitrust, stati».

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