Il «pisolino» fa bene, basta che non duri più di trenta minuti

Sono 12 milioni gli italiani, secondo i dati dell’Associazione Italiana per la Medicina del Sonno, che soffrono di disturbi del sonno. In pratica un adulto su 4. Numeri sui quali ha pesato anche la pandemia. Tra i problemi più comuni: la difficoltà di addormentamento, i risvegli durante la notte e quelli precoci la mattina, la difficoltà a riprendere sonno. Cosa fare allora per invertire la situazione? Lo abbiamo chiesto al dottor Marco Rascaroli, neurologo di Smart Clinic «Le Due Torri» e Oriocenter dove sono attivi percorsi dedicati a migliorare il proprio sonno e a combattere l’insonnia con trattamenti diversi a seconda dell’origine.

Quando si può parlare di insonnia?

«L’insonne, a differenza del deprivato di sonno che sottrae consapevolmente tempo al dormire per dedicarsi ad altre attività, è una persona che vorrebbe dormire, che ne sente il bisogno, ma non riesce nonostante le condizioni sembrino ideali. Per parlare di insonnia però non basta far fatica ad addormentarsi o risvegliarsi frequentemente durante la notte. Bisogna che la mancanza di sonno abbia anche ripercussioni negative durante il giorno, come sonnolenza, irritabilità, difficoltà di concentrazione».

Se ci si sente stanchi durante il giorno, è salutare recuperare con un pisolino?

«Il “pisolino” nelle ore pomeridiane può essere un’ottima abitudine, a patto che non sia eccessivamente lungo (massimo 30 minuti), altrimenti la qualità del sonno notturno potrebbe risentirne».

Cosa si può fare allora per favorire un buon sonno?

«Le precauzioni che si possono adottare sono molte. A cominciare dall’alimentazione. A cena bisognerebbe evitare pasti abbondanti e ricchi di proteine o grassi, che determinano una maggiore richiesta di energia per la digestione, e cibi piccanti o acidi che possono favorire il reflusso gastro-esofageo. Sono invece consigliati legumi e carboidrati complessi (pasta o riso) che contengono triptofano, il precursore della serotonina (il cosiddetto “ormone della felicità”). Nemico del sonno, contrariamente a quanto si pensa, è invece l’alcool poichè ne altera la qualità modificando le fasi REM. Anche le abitudini prima di andare a dormire possono influenzare il sonno. Meglio, quindi, evitare l’uso di PC e smartphone, così come svolgere attività fisica nelle tre ore precedenti l’addormentamento. Fondamentale, infine, è mantenere una regolarità degli orari di addormentamento e risveglio, nel rispetto del normale funzionamento del nostro orologio biologico».

E se questo non bastasse?

«Il primo passo per curare l’insonnia è un’approfondita anamnesi clinica e un’analisi di abitudini, stile di vita e qualità del sonno, anche attraverso specifici questionari validati a livello scientifico come il Pittsburgh Sleep Quality Index. Un aiuto per inquadrare il problema in molti casi è rappresentato anche dall’actigrafo, strumento simile a un orologio, che indossato per una settimana permette di osservare l’organizzazione del sonno. In base ai dati che emergono, lo specialista imposterà il percorso terapeutico più adatto che, a seconda dei casi, potrà avvalersi di farmaci e terapie anche complementari, oltre a un approccio multidisciplinare che può prevedere colloqui psicologici, ad esempio in presenza di problemi di ansia etc.., consulenze nutrizionali se l’insonnia è legata ad abitudini alimentari errate o altre valutazione specialistiche».

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