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Le parole che fanno l’innovazione

Conoscere, capire e seguire i termini con cui si fa impresa nella nuova era digitale significa intuire dove nascono opportunità di business. Ecco il nuovo alfabeto con le imprese si parlano.

Lettura 22 min.

Sommario

Imparare il nuovo linguaggio, ora o mai più
Le parole sono veicolo del cambiamento
L’impresa parla con un nuovo alfabeto
Undici tecnologie, queste sconosciute
Come trovare le parole giuste

La parola agli imprenditori (Talk)
Imparare i sette concetti base
Il primo passo: le cinque parole da conoscere
Il secondo passo: le tecnologie con cui fare i conti
Il quadro finale: tutte le parole che fanno la fabbrica digitale
La consapevolezza di vederci chiaro
Le mosse da fare: parla un imprenditore (Talk)

Imparare un nuovo linguaggio, ora o mai più

È proprio necessario conoscere e capire le parole della rete? Perché bisogna imparare quei vocaboli, pilastri e fondamenta dell’era digitale? E perché è importante seguire come l’industria sta già applicando tutte queste novità? Lo è per un solo motivo: il vento digitale e le nuove tecnologie collegate alla rete in un sistema di connessioni continue hanno completamente cambiato l’alfabeto con cui oggi l’impresa parla ai suoi clienti , discute con la filiera dei suoi fornitori e soprattutto con cui le imprese parlano fra di loro.
Parole nuove, termini precisi e specifici, vocaboli che vengono coniati in conseguenza di come si sviluppano le applicazioni tecnologiche nei processi di fabbrica. E tutto succede in tempi rapidissimi e incessanti.

Le tecnologie digitali stanno cambiando il modo delle imprese di presentarsi ai propri clienti e di relazionarsi con i propri fornitori

Per questo l’industria 4.0 diventa anche una questione di termini. Parole che bisogna conoscere per capire quale tecnologia rivelano, quale livello di applicazioni future lasciano intravedere. E per consentirci un salto di qualità nell’intuire le loro potenzialità.

Parole come Internet of Things (IoT), cloud , robotica , big data o anche sensori , sistemi integrati , analytics automotion , open innovation per citarne solo alcune cambiano in continuazione il loro modo di essere implementate dentro a un’impresa. Di conseguenza cambia anche il modo con cui le imprese forniscono prodotti e servizi ai consumatori e al mercato.
Conoscere queste parole diventa imprescindibile davanti all’urgenza di trasformare e innovare i vecchi modelli di produzione della nostra manifattura.

Le parole sono veicolo del cambiamento

Ma c’è consapevolezza di questa necessità fra le imprese? E soprattutto c’è coscienza di questa trasformazione digitale in corso? Si conoscono i suoi elementi, le loro applicazioni diffuse, le loro potenzialità in arrivo?
Ancora: le imprese sanno muoversi nel modo corretto e sanno individuare gli interlocutori adeguati per farsi guidare e soddisfare quel bisogno di cambiamento in chiave Industria 4.0?
A giudicare da questi primi dati qualche la situazione sembra molto chiara, e qualche dubbio sorge:

L’impresa parla con un nuovo alfabeto

Il ministero per lo Sviluppo economico, il Mise, ha appena pubblicato l’elenco delle tecnologie rilevanti perché un’impresa, adottandone almeno una, possa essere considerata Industria 4.0. Ecco l’elenco:

  • Robot collaborativi e interconnessi (Advanced Manufacturing Solutions)
  • Stampanti 3D (Additive Manufacturing)
  • Realtà aumentata (Augmented Reality)
  • Simulazioni di sperimentazione e test virtuali (Simulation)
  • Nanotecnologie e materiali intelligenti (Smart technology/materials)
  • Integrazione elettronica dei dati e delle informazioni lungo le diverse fasi produttive dell’azienda (Horizontal Integration)
  • Condivisione elettronica con clienti/fornitori delle informazioni sullo stato della catena di distribuzione (inventario, tracking, etc.) (Vertical Integration)
  • Gestione di dati in elevate quantità su sistemi aperti (Cloud)
  • Rilevamento e analisi di elevate quantità di dati (Big data/Analytics)
  • Sicurezza informatica durante le operazioni in rete e su sistemi aperti (Cyber Security)
  • Comunicazione elettronica in rete tra macchinari e prodotti (Industrial Internet of Things)

Undici tecnologie, queste sconosciute

Sono undici tecnologie: il ministero, per la prima volta, ha indagato a tutto il 2018 quanto questa nuova dimensione fosse diffusa e radicata nelle imprese. I risultati completi si possono leggere qui . Ebbene, il risultato in sintesi è abbastanza preoccupante: l’86% delle imprese, soprattutto piccole e medie, non ha ancora adottato nemmeno una delle tecnologie 4.0 qui indicate.

Il focus sulla Lombardia , secondo un’altra ricerca Mecspe, anch’essa appena diffusa, dà un livello di consapevolezza maggiore fra gli imprenditori lombardi. Ecco la fotografia:

Come trovare le parole giuste

L’innovazione è un processo imprenditoriale. È la strada per cercare di restare avanti. Quindi dipende molto da quanta velocità ci si mette a raggiungere una scoperta, a esplorare nuove e varie soluzioni tecniche, a applicare nuove tecnologie.

Alla fine il risultato si misura dal livello di efficienza e di ottimizzazione in più che quella innovazione introduce e quanto riesce a cambiare il modo in cui si faceva la stessa cosa un tempo precedente: innovazione è novità rispetto al passato , ma anche – dice Luca De Biase nel suo Il lavoro del futuro - è «anche trovarsi anni davanti ai concorrenti che cercano soltanto di adattarsi».

Nel loro ultimo lavoro Imprenditori cercasi i due ricercatori universitari Sandro Trento e Flavia Faggioni definiscono l’innovazione come «un modo di pensare e di agire : innovazione è il risultato di un’idea che deve avere l’imprenditore di come potrà essere il futuro e, in alcuni casi, di come lui vuole che il futuro sia».

Dipende molto dunque da fattori interni. Ma oggi è ancora così? Il modo di procedere accelerato delle aziende più tecnologizzate sembra invece più conseguenza dell’incontro tra fattori esterni all’impresa: tecnologie, competenze, conoscenza diffusa, processi, esperienze di altre aziende. Non è più solo, o non è quasi mai il risultato di un’azione individuale. È sempre più un fatto e il risultato di un lavoro di confronto, di dialogo. Uno sforzo collettivo. È una strada nuova. Bisogna stare al passo. Molte aziende lo hanno già messo in pratica secondo un principio e percorso di “innovazione aperta” (l’open innovation): insieme si trova la parte essenziale delle soluzioni, spiega De Biase nel suo viaggio dentro agli scenari aziendali in chiave 4.0.

L’innovazione è un processo che si deve affrontare secondo una logica di ecosistema , con tutti i soggetti di un territorio, come piattaforma integrata

La parola agli imprenditori (Talk)

Un’attenta testimonianza arriva da Confindustria Bergamo . La strategia degli industriali bergamaschi sull’innovazione ragiona in logica di ecosistema (istituzioni, università, centri di ricerca, imprese), posizionandosi come piattaforma abilitante lo sviluppo integrato delle aziende associate, sulle direttrici dell’innovazione, ricerca e prospettiva sui mercati internazionali. «Solo un’impresa e una filiera allo stesso tempo digitale, innovativa e coesiva – spiega Alberto Paccanelli, vicepresidente Confindustria Bergamo con delega all’Innovazione -, potranno vincere le sfide dei mercati e nello stesso tempo garantire sviluppo al territorio, ai propri clienti, fornitori, collaboratori e dipendenti». Abbiamo approfondito questo tema proprio con Paccanelli. Ecco l’intervista.

Talk

Molti imprenditori sottolineano di aver bisogno di una “alfabetizzazione” continua sui termini e sulle parole legate alla trasformazione digitale. Secondo lei è una richiesta ancora giustificata?

«La richiesta è certamente giustificata: occorre infatti collegare le potenzialità tecnologiche sempre nuove con i propri processi aziendali: l’”alfabetizzazione” deve essere prima di tutto concentrata sulle potenzialità delle tecnologie di impattare sul business e sulla specifica catena del valore e della produzione di ogni imprese. Come ha infatti recentemente sostenuto a Cernobbio 2018 l’economista Veronica de Romanis, l’investimento in macchinari e tecnologie avanzate non genera automaticamente una maggiore produttività: l’innovazione tecnologica dev’essere supportata da un’innovazione di processo e di management. Non solo: implementare nuove tecnologie senza aver ottimizzato i processi, rischia di “efficientare lo spreco”. Si parla di “impresa innovativa” se mette in campo azioni specifiche per monitorare l’evoluzione dei processi aziendali e strutturare un sistema di miglioramento continuo in coerenza con i progetti di trasformazione digitale intrapresi».

Su questa strada che cosa sta avvenendo a Bergamo?

«Per garantire lo sviluppo dell’impresa innovativa, Confindustria Bergamo sta investendo in particolare sul Premio IxI – Imprese x Innovazione , recentemente rilanciato. Il premio è la fase finale di un processo di valutazione della capacità innovativa dell’impresa. Quest’anno ben 8 imprese bergamasche hanno dato la loro manifestazione di interesse ed è interessante notare come siano di tutti i settori merceologici, dal farmaceutico alla meccatronica, dall’edilizia al tessile, testimonianza di una trasversalità della domanda di innovazione».

Gli imprenditori quale livello di consapevolezza hanno sulla potenzialità e opportunità di business del paradigma Industria 4.0?

«Le più recenti ricerche e classifiche sull’innovazione a scala europea uscite tra luglio e agosto 2018 ci danno un quadro generale dell’ecosistema innovazione italiano contrastante: si migliora gradatamente senza eccellere. Se da una parte si segnalano passi in avanti significativi nel grado di digitalizzazione complessivo, in particolare grazie al contributo dato dalle imprese con il piano Industria 4.0 e nell’integrare innovazione, ricerca e prospettiva sui mercati internazionali, dall’altra destano preoccupazione i numeri molto bassi di imprese ad alta e altissima densità di innovazione, che rappresentano stabilmente poco più del 10% del totale».

Gli investimenti digitali in macchine e sistemi spinti dagli incentivi del Piano Calenda hanno avuto un alto riscontro. Secondo lei vengono implementati nel modo corretto?

«L’impresa digitale è l’azienda che investe in tecnologie digitali e produttive avanzate. Secondo il Mise al centro Nord circa il 10% delle imprese ha implementato almeno 1 tecnologia digitale connessa al Piano Industria 4.0 e un ulteriore 11% dichiara di avere nei prossimi mesi almeno un intervento programmato.
È però ancora troppo poco: da recenti studi Met realizzati in collaborazione con il Mise risulta che le aziende che stanno perseguendo una strategia di digitalizzazione sono anche quelle più dinamiche dal punto di vista delle innovazioni di prodotto, processo e organizzazione».

Quali sono le difficoltà che sente sollevare più spesso sul percorso dell’Industria 4.0?

«Come sento spesso ripetere dai miei colleghi imprenditori: “È sempre una questione di persone, non di tecnologie”. Risulta sempre più chiaro che la formazione delle risorse umane e la comprensione dei processi vengono percepite come leve decisive per la trasformazione complessiva delle imprese, in ottica di digitalizzazione e di innovazione. Un ruolo decisivo viene inoltre attribuito alla creazione di “business case” pertinenti e solidi e alla raccolta di finanziamenti anche in ottica di filiera. Le aree aziendali che gli imprenditori ritengono più coinvolte dalla trasformazione digitale sono quelle relative alla produzione/ricerca e sviluppo, al data management e al customer service.
È inoltre fondamentale comprendere il livello di maturità delle tecnologie disponibili sul mercato; il ciclo di innovazione nel 2018 vede entrare in una fase di approdo al mercato, tra le altre, la realtà aumentata, la domotica, la guida autonoma livello 4, la Blockchain e le piattaforme IoT.
Sono invece in una fase di lancio e scoperta il 5G, l’Intelligenza Artificiale, il Biotech, la Blockchain applicata alla cybersecurity, i robot autonomi e gli smart workspace. È su queste nuove tecnologie che ci concentriamo oggi nel nostro compito di supporto all’innovazione delle imprese del territorio».

Spesso finiscono sul banco degli imputati gli imprenditori. Ma qualche limite lo presentano anche i manager e dirigenti delle imprese. Secondo lei anche questi profili oggi hanno bisogno di un salto culturale in chiave 4.0?

«Obiettivo di Confindustria Bergamo è di sensibilizzare e accompagnare tutte le imprese, a partire dalla Pmi, e tutte le figure aziendali a partire dai manager e dirigenti, sulle opportunità legate alla digitalizzazione. È per questo che abbiamo sostenuto la creazione del Dih, il Digital Innovation Hub Bergamo come antenna locale del Dih Lombardia. Il Dih realizza assessment sul livello di “prontezza” alla digitalizzazione delle imprese e propone una prima roadmap in funzione delle priorità del settore e delle strategie. Non solo, è in fase di avvio un’intensa campagna di sensibilizzazione, che parta dalla valorizzazione dei casi di successo, volta a mostrare alle imprese nuovi modelli produttivi e di business abilitati dalle tecnologie. Tutto questo mira ad aiutare le nostre imprese al salto culturale dei propri manager e dirigenti, che devono essere pronti per implementare nuovi ruoli e modelli organizzativi coerenti con le trasformazioni che dovranno guidare nei prossimi anni. La strategia di Confindustria Bergamo sull’innovazione ragiona infatti in logica di ecosistema (istituzioni, università, centri di ricerca, imprese), posizionandosi come piattaforma abilitante lo sviluppo integrato delle aziende associate, sulle direttrici dell’innovazione, ricerca e prospettiva sui mercati internazionali».

Le aree aziendali che gli imprenditori ritengono più coinvolte dalla trasformazione digitale sono quelle relative alla p roduzione/ricerca e sviluppo, al data management e al customer service

Imparare i sette concetti base

L’innovazione a questo punto appare più una questione quasi esclusivamente di “termini chiave” e di “figure chiave” di imprenditori . Questo perché il nuovo alfabeto digitale, i suoi termini applicati all’industria sono prima, l’espressione di una specifica tecnologia di partenza. E dopo, la funzione produttiva a cui è demandata quella specifica tecnologia.
Entrambi però, hanno un’altra pretesa in comune: fra loro non c’è un significato che si conquista una volta per tutte. Fra tecnologia e sua applicazione esiste una relazione con un contesto che richiede di essere coltivato e seguito incessantemente. Questo perché dice lo studioso dell’evoluzione della tecnologia Kevin Kelly, nel suo libro Out of Control , fuori controllo, «le soluzioni tecniche sono intrecciate e attivate da una dinamica in continua evoluzione, immerse come sono in un sistema di conoscenze scientifiche, condizioni sociali, approcci culturali, codificazioni legali».
Se innovazione e digitale sono una questione di parole, allora non è così fuori luogo imparare e partire proprio dal loro insieme, l’alfabeto .

Partiamo da qui. Questo grafico è una base per iniziare questo viaggio nei vocaboli .

L’Industria 4.0, come l’ha definita l’ex ministro Carlo Calenda nel suo Piano con cui ha tracciato la via italiana alla fabbrica intelligente «è resa possibile dalle crescenti connessioni fra calcolatori, attuatori e sensori disponibili a costo sempre più contenuto ed è associata a un impiego sempre più pervasivo di dati e informazioni , di tecnologie computazionali, di nuovi materiali, componenti e sistemi intelligenti di produzione totalmente digitalizzati e interconnessi».

È una delle tante definizioni. Ma la densità delle parole e dei termini utilizzati qui è sufficiente a rendersi conto di come la quarta rivoluzione industriale abbia veramente sostituito il vecchio alfabeto dell’industria. Numerose e nuove parole. Dalle più semplici e diffuse proprio per il loro avanzamento tecnico e integrato come microchip, sensori, dispositivi, wireless, potenza di calcolo, connettività per citarne solo alcune e quasi tutte finite nelle nostre vite materiali quotidiane attraverso i nostri smartphone, tablet o computer.

La complessità del significato dei termini usati cresce con l’aumentare delle applicazioni delle tecnologie a cui si riferiscono i nomi che le identificano

Fino ad arrivare ai vocaboli ben più “complessi” come l’ Internet delle Cose e poi delle Macchine (Internet of Things, IoT e IIoT), il cloud e il cloud computing , la stampante 3D e quindi l’ additive manufacturing , le collezioni di dati (numeri e informazioni) diventati big data poi smart e ora anche open data intorno a cui si sono sviluppati processi come il machine learnig (l’incarnazione dell’intelligenza artificiale oggi più realisticamente vicina all’uomo), i data analysis , creando le nuove competenze di data, advanced analytics e di data scientist.

L’ultimo salto ci porta alla frontiera del digitale tracciata sotto le minacce informatiche: la cyber security. E alla blockchain , tecnologia non solo risolutiva, ma sempre più architrave lungo la quale si tenta oggi di impostare nuove e ultime forme organizzative d’impresa.

Ad ogni definizione corrisponde ora un modo diverso di fare nuova impresa . Pensiamo solo a come si applica oggi l’IoT, l’internet delle cose, dalle utility alla sanità, ai trasporti, dalla produzione di beni e servizi sociali alla pubblica amministrazione e alle vendite commerciali online. Ciascuno con diversi livelli di maturità. Tenendo ben presente, sottolineano tutti gli esperti del rapporto fra tecnologia e innovazione, che fra i due termini c’è una relazione evolutiva che va monitorata e controllata costantemente.

Ecco perché se messo sotto controllo, questo rapporto porta a progettare una forma aziendale ogni volta differente sotto il profilo organizzativo, comunque destinata a evolversi nel tempo, e anche abbastanza velocemente.

Le parole-tecnologie sono come i dati: cambiano in continuazione le loro applicazioni, vengono adottate da settori diversi finora esclusi, ampliando direttamente a loro volta i loro impatti sugli altri modelli produttivi. Si arricchiscono nel tempo di altre innovazioni ed evolvendosi si affinano integrandosi sempre meglio con altre tecnologie, a loro volta risultato dello stesso processo di evoluzione.

Il primo errore da evitare quindi, suggeriscono tutti gli analisi di tecnologie integrate, è questo: «Parlare di trasformazione digitale non si può e non deve ridursi a parlare di “ sola digitalizzazione».

Il primo passo: le cinque aree da visitare

Da dove si può partire allora per capire la digitalizzazione integrata? Da quali termini si può iniziare per tracciare idee e azioni e impostare una corretta strategia di Impresa 4.0?

C’è un minimo comune denominatore di partenza. Sono le prime grandi aere in cui si possono raggruppare almeno i cinque grandi concetti base. Così si può iniziare a parlare di:

  • 1. Sistemi e mercato cyber-fisico
    Nella produzione non basterà più solo parlare di IT ( information technology) , ma di sistemi complessi che interagiscono continuamente con la produzione e con il mercato grazie a un massiccio utilizzo della rete ( internet ), sempre più connessi ( sensori ) ai sotto sistemi, con controlli in tempo reale.
  • 2. Smart robot e nuove macchine
    Dal 2004 a oggi i robot nelle aziende europee sono più che raddoppiati. Sistemi sempre più intelligenti, non solo hanno sostituito l’uomo e il suo lavoro , ma interagiscono tra loro con nuove funzioni e opportunità . In questa prospettiva trova collocazione tutta la partita del machine learnig , metodi e sistemi con cui le macchine fanno esperienze come le persone e apprendono di conseguenza.
  • 3. I dati e il cloud
    Dalla lettura e analisi dei dati – come strumento per creare valore - nasce un nuovo approccio al mercato e una nuova impostazione delle aziende . Intorno ai dati si muove la potenza di calcolo delle macchine. Il cloud computing poi sta aprendo strade inaspettate per stoccaggio, lettura, interpretazione e condivisione dei dati. Dalla capacità di lettura rapida dei dati verrà modificata online la produzione. Ma sui dati aperti e la tecnologia per creare collezioni di informazioni , le imprese italiane restiamo deboli e buone ultime in Europa.
  • 4. Additive manufacturing e industria virtuale
    Ogni processo viene prima simulato e verificato in virtuale; solo quando la soluzione finale è pronta potrà partire la mappatura fisica e quindi la produzione. Ciò significa che tutto il software, i parametri, le matrici numeriche , vengono caricate nelle macchine che controllano la produzione.
  • 5. Efficienza energetica e decentramento
    Tutto il processo di trasformazione digitale viene fatto con i big data , con l’ automazione , con la connettività , con il digital commerce . In questo quadro tecnologico e di innovazione, dentro a un cambio climatico e a una scarsità di risorse, l’industria 4.0 sta riprogrammando la propria attività puntando su un apporto sempre maggiore di energia verde localizzata vicina agli impianti. Anche in questo, la tecnologia 4.0 definisce un novo modello di business.

Il secondo passo: le tecnologie con cui fare i conti

Ripartiamo da dentro queste famiglie concettuali, da una prima disaggregazione dei termini riprendiamo più nel dettaglio quel primo elenco di undici parole, a cui corrispondo 11 tecnologie rilevanti per l’Industria 4.0.
Eccole raccolte in questa scheda grafica:

Spieghiamo da dove arrivano.
Si tratta di tecnologie abilitanti che solo cinque anni fa avevano una vastità e un livello di applicazione nelle imprese ben più ridotto di quanto ne hanno ora. In alcuni settori poi non erano ancora nemmeno prese in considerazione, in altri si stava studiando a quale funzione si sarebbe potuta applicare almeno una di queste tecnologie.

La fotografia diffusa dal Digital Trasformation Institute presieduto da Stefano Epifani restituisce una realtà ancora molto distante dal padroneggiare anche solo le parole della fabbrica digitale. A fine 2017, quasi la metà delle imprese (47%) non ha mai sentito parlare di criptovalute (come i Bitcoin e quindi della blockchain, la sua archiettjura tecnologica) o di modelli FaaS (Factory as a Service: uno degli elementi portanti del fenomeno Industry 4.0). Il 41% non conosceva il termine Big Data e quasi un terzo non sapeva cosa fosse il Cloud Computing .

L’ intelligenza artificiale è sempre stata, nel tempo, una nuova tecnologia data pronta, sempre dietro l’angolo per essere usata con forti implicazioni sull’uomo e sulla sua vita. Finora gli annunci sono andati vani. Oggi, la situazione è molto diversa

Nel suo Homo Pluralis De Biase, giornalista esperto di nuove tecnologie digitali, riporta il monito dello scrittore Bruce Sterling quando indicava la buona regola “spannometrica” per guardare a dieci anni avanti, di ricordare i trent’anni indietro. Si scopre così che alcuni decenni fa era stato annunciato ormai l’avvento sicuro dell’intelligenza artificiale in maniera devastante. Non è stato così. Per ora.
Ancora più efficaci le parole di Stuart Amstrong, ricercatore dell’Università di Oxford che mette in guardia e suggerisce – sempre in relazione all’intelligenza artificiale annunciata ancora dietro l’angolo – di diffidare delle visioni troppo sicure .

Può essere anche vero. Ma proprio nell’ intelligenza artificiale , oggi il fronte più spinto delle nuove tecnologie e su cui si stanno riversando investimenti sempre più cospicui (Cina in testa e già oggi leader quasi incontrastato nell’A.I.), molte delle previsioni fatte solo dieci anni fa sono realtà avanzate . E adottate. Una su tutte: il super-calcolatore Watson dell’Ibm.

Il quadro finale: tutte le parole della fabbrica digitale

Le imprese intanto si muovo. E le parole sono il supporto che le guidano. Peter Drucker nel suo Innovation and entrepreneurship descrive in sette punti le fonti di opportunità da cui, se osservate, deriverebbe una innovazione sistematica. La fonte messa al settimo posto è questa: una nuova conoscenza.
La spiega così: «Per tenere il passo con la nuova conoscenza avremmo bisogno di frequentare un nuovo corso di laurea ogni tre anni . Una sfida impossibile. Ma sfruttare la nuova conoscenza (studiare le nuove tecnologie che stanno dietro alle parole) in modo costante e sistematico aiuta a cogliere le opportunità che velocemente si presentano all’orizzonte digitale .
Per Emilio Paolucci, vicepresidente per il Trasferimento tecnologico del Politecnico di Torino il punto è che «non si può introdurre in fabbrica una nuova macchina e poi non saperla fare funzionare» .

Imparare a seguire in modo costante e sistematico quanto una parola si arricchisce di significato tecnologico nuovo, aiuta a comprendere le nuove opportunità di business

Così, ecco le parole e le applicazioni abilitanti attualmente considerate più mature e più promettenti nelle loro future applicazioni nell’industria e nei servizi. E tutte da «tenere d’occhio»:

Internet of Things
La rete di oggetti fisici (things) che dispongono intrinsecamente della tecnologia necessaria (i sensori) per rilevare e trasmettere, attraverso internet, informazioni sul proprio stato o sull’ambiente esterno. L’IoT è composto da un ecosistema che include gli oggetti, gli apparati e i sensori necessari per garantire le comunicazioni, le applicazioni e i sistemi per l’analisi dei dati e delle informazioni.
I campi di applicabilità sono molteplici , dalle applicazioni industriali, alla logistica, all’info-mobilità, fino all’efficienza energetica, all’assistenza remota e alla tutela ambientale. L’innovazione che porta con sè l’IoT consiste nell’introdurre una nuova forma di interazione, non più limitata alle persone, ma tra persone e oggetti , denotata come Man-Machine Interaction (MMI), e pure tra oggetti e oggetti, Machine to Machine (M2M).
L’IoT è diventata così la prima vera evoluzione di Internet ; oggi ci sono circa 14 miliardi di oggetti connessi alla rete; gli analisti di settore stimano che entro il 2020 il numero si collocherà tra 20 e 100 miliardi.

Il cloud e cloud computing
Il cloud (nuvola) è un’infrastruttura IT (Information technology) comune, flessibile, scalabile per condividere dati, informazioni e applicazioni attraverso internet. Questo consente a tutti di seguire la trasformazione dei modelli di business di un’azienda con molta facilità e tempestività potendo condividere in tempo reale ogni tipo di informazione, nuova o modificata.
Il cloud computing abilita questa flessibilità, con rilasci continui di servizi. Lo sviluppo di una piattaforma tecnologica di cloud computing permette l’interoperabilità di soluzioni, anche eterogenee , sia aperte che di proprietà, e può dare slancio a nuovi processi digitali e a nuove modalità di interazione tra aziende, cittadini, pubblica amministrazione come lo sviluppo di servizi da smart cities.
I driver principali all’adozione del cloud sono e saranno sempre più l’esplosione della tecnologia IoT alimentati dai dati raccolti da sensori e altri dispositivi, dalla conseguente crescita dei big data, dalla pervasività dei social e dallo sviluppo dei dati raccolti sul consumatore.

Additive manufacturing - 3D printing
È un processo per la produzione di oggetti fisici tridimensionali , potenzialmente di qualsiasi forma e personalizzabili senza sprechi, a partire da un modello digitale, depositando progressivamente materiale strato su strato. Consente un’ottimizzazione dei costi in tutta la catena logistica e del processo distributivo. Si contrappone alle tradizionali tecniche di produzione sottrattiva e rappresenta una vera e propria integrazione tra mondo reale e mondo virtuale .

Big data e data analytics
Sono collezioni di enormi quantità di dati, strutturati e non, accresciuti dall’introduzione di tecnologie digitali, raccolti e analizzati con strumenti che li trasformano in informazioni in grado di rendere i processi decisionali più veloci, più flessibili e più efficienti anche attraverso l’utilizzo di innovazioni di frontiera quali i Sistemi Cognitivi; il rilevamento, l’analisi e lo sfruttamento di questi dati da parte delle aziende sarà sempre più alla base dei processi decisionali e delle strategie di business .
La crescente mole di dati eterogenei generati dal web, dai dispositivi mobili e dalle app, dai social media e dagli oggetti connessi apre nuove opportunità per le aziende date dalla possibilità di correlare e interpretare i dati destrutturati, abilitando analisi in real time.

Robotica avanzata
Indica l’evoluzione delle macchine verso una maggiore autonomia, flessibilità e collaborazione, sia tra loro sia con gli esseri umani, dando vita a robot con aumentate capacità cognitive. Applicata all’industria per migliorare la produttività, la qualità dei prodotti e la sicurezza dei lavoratori , la robotica italiana spicca per quantità e qualità della ricerca, sia in campo accademico che in campo industriale. In particolare, gli ambiti in cui si registra un utilizzo marcato di sistemi robotici industriali risultano quello dell’industria automobilistica, i sistemi logistici e di magazzino, gli ambiti di manutenzione industriale.

Realtà aumentata
Con questa tecnologia si intende l’arricchimento della percezione sensoriale umana mediante informazioni, in genere manipolate e convogliate elettronicamente, che non sarebbero percepibili con i 5 sensi; consente un impiego della tecnologia digitale per aggiungere dati e informazioni alla visione della realtà e agevolare, ad esempio, la selezione di prodotti e parti di ricambio, le attività di riparazione e in generale ogni decisione relativa al processo produttivo ; moltissimi gli ambiti applicativi: museale e turistico; marketing/advertising; retail; editoria; medicale; difesa e sicurezza; gaming; entertainment; education. Gli analisti di Digi-Capital ritengono che la realtà aumentata conoscerà un vero e proprio boom nei prossimi 5 anni, raggiungendo un giro d’affari di 120 miliardi di dollari nel 2020.

Wearable technologies e dispositivi indossabili
Le tecnologie indossabili rappresentano un esempio di IoT dal momento che sono parte di oggetti fisici o “cose” integrati con elettronica, software, sensori e connettività per consentire agli oggetti lo scambio di dati con un produttore, un operatore o altri dispositivi collegati. Nuove generazioni di dispositivi indossabili , come orologi e braccialetti smart, contapassi, portachiavi dotati di sensori possono fornire un valido supporto per monitorare e intervenire sui parametri di comfort, salute e sicurezza, sia dei lavoratori sia dei clienti e fruitori, nei vari luoghi di attività;

Machine learning
Metodi e sistemi con cui le macchine fanno esperienze come le persone e apprendono di conseguenza. Con il machine learning un sistema informatico acquisisce conoscenza a partire da grandi quantità di dati , ne estrae gli schemi principali con relative caratteristiche e può, su questa base, dedurre previsioni. Con l’aiuto anche di metodi statistici il machine learning ha fatto enormi progressi a partire dagli anni 80. Tra le applicazioni correnti, i filtri

Sistemi cognitivi (Intelligenza Artificiale)
Oltre che per l’analisi di Big Data e per il controllo di robotica avanzata, i sistemi cognitivi automatizzeranno attività d’ufficio ripetitive , in analogia a quanto accade con i robot per le cose materiali, emergerà un fenomeno simile con degli infobot per le cose immateriali. Laddove il valore sarà la produttività del compito, entrerà l’intelligenza artificiale . Le persone continueranno a svolgere i lavori in cui il valore sarà la creatività e l’esecuzione di attività non di routine.

Cybersecurity
Viene indicato come l’insieme di tecnologie, processi, prodotti e standard necessari per proteggere collegamenti, dispositivi e dati da accessi non autorizzati , garantendone la necessaria privacy. Gli attacchi e le minacce informatiche hanno colpito oltre il 90% delle realtà italiane negli ultimi anni. Le aziende stanno mostrando maggiore attenzione al tema della sicurezza , investendo in tecnologie, creando team interni dedicati alla cybersecurity e ricorrendo a servizi di risk e vulnerabilty assessment.

Blockchain
Diventta famnosa per essere alla base delle transazioni finanziare (pagamenti) attraverso lo scambio di moneta virtuale (criptovaluta) come i Bitcoin, la blockchain viene ora già definita come l’internet che verrà, la rete del futuro. La definizione più dettagliata e completa è stata raccontata e interpretata da Mauro Bellini . Più che una tecnologia, viene definita un paradigma , «un modo di interpretare» il tema della decentralizzazione e della partecipazione. La blockchain, ancora più nel dettaglio, è una tecnologia che permette la creazione e gestione di un grande database di relazioni distribuito in rete per la gestione di transazioni condivisibili tra più nodi di una rete. Una vera architettura complessa che consente agli utenti di fare transazioni creando una registrazione immutabile di queste. La Blockchain risulta così costituita da una catena di blocchi che contengono ciascuno più transazioni. La soluzione per tutte le transazioni sono affidate ai «nodi» che sono chiamato a vedere, controllare e approvare tutte le transazioni creando una rete che condivide su ciascun nodo l’archivio di tutta la Blockchain e dunque di tutti i blocchi con tutte le transazioni. Le transazioni possono essere considerate immodificabili (se non attraverso la riproposizione e la “ri”-autorizzazione delle stesse da parte di tutta la rete). Da qui il concetto di immutabilità. Sebbene abbia un enorme potenziale, la tecnologia blockchain è ancora agli albori.

Consapevoli di volerci vedere chiaro

Oggi il Mise mette sul tavolo la prima indagine quantitativa 2018 sul reale stato delle cose in chiave 4.0. La fotografia non è meno allarmante. L’8,4% delle imprese utilizza almeno una delle tecnologie 4.0. A questa quota si aggiunge un 4,7% di imprese che, anche se non coinvolte attualmente, hanno in programma investimenti specifici nel prossimo triennio.
Ma il vero risultato è questo: le imprese che non utilizzano tecnologie 4.0 né hanno in programma interventi futuri, sono oggi l’86,9% del totale . E sono quasi tutte medio-piccole, quel 95% che è l’ossatura del nostro sistema imprenditoriale. Che però timidamente promettono: fra le piccole il 9,4% annuncia investimenti e l’8,2% fra le medie imprese.
Così la propensione a queste tecnologie resta tema esclusivo delle grandi industrie: già al di sopra dei 10 addetti le imprese 4.0 sono il 18,4% , tra i 50 e i 249 addetti si arriva al 35,5% fino ad arrivare al 47,1% delle imprese con almeno 250 addetti.

Le mosse da fare: parla un imprenditore

La prospettiva allora quale potrebbe essere? L’analisi che ne fa Davide Meani, Consigliere Area Ict di Confartigianato Bergamo e Lombardia, è timidamente fiduciosa. Ecco la sua intervista.

Talk

Un un anno fa il tema al centro del dibattito era il ritardo nella presa di coscienza sulle tecnologie digitali. Nelle piccole imprese oggi che cosa è cambiato?

Credo di poter dire che nelle piccole e piccolissime aziende non ci siamo ancora. Dire che si sta parlando di nuovi modelli di business legati alle tecnologie digitali per intercettare nuove opportunità di mercato o che si sta riflettendo su nuovi paradigmi di business plan è un po’ azzardato, vorrebbe dire essere già avanti in questo percorso di consapevolezza delle novità 4.0. In realtà, dati alla mano, non ci siamo ancora. Ma ci rendiamo conto che è un processo in corso, ma lento.

Nel senso che qualcosa si sta percependo come nuova sensibilità sul tema?

Il passo in avanti c’è stato. I corsi di formazione in Confartigianato Bergamo hanno sempre avuto alta frequenza e sempre il tutto esaurito. Nell’ultimo anno è cresciuta molto l’esigenza di capire, di avere chiarezza sugli elementi e sulle parole portanti della cultura digitale. Chiarimenti che sono stati utilizzati poi per decidere come orientarsi. C’è stata una forte tensione, per esempio, nell’approfondire le opportunità degli incentivi del Piano Calenda. Capire quali macchine e quale automazione migliori potevano essere introdotte. Anche se alla fine poi quelle agevolazioni sono stati utilizzati in prevalenza dagli “addetti ai lavori”, piccole imprese legate ai servi di consulenza alle imprese, quell’attenzione è stata comunque un passo in avanti.

Eppure questo è un passaggio epocale da affrontare, da qualche parte si deve iniziare per non restare troppo indietro. E rischiare addirittura restare fuori dal mercato.

Una buona opportunità di inizio poteva essere la nuova direttiva sulla tutela della privacy, il regolamento europeo Gdpr. Si è cominciato a lavorare anche in una prospettiva di strumenti e tecnologie digitale in relazione proprio a temi come la sicurezza, la gestione delle informazioni, la raccolta dati. Invece , con la pretesa di far chiarezza, i decreti d’ attuazione hanno talmente complicato le cose generando ulteriori difficoltà nell’applicazione delle nuove regole. Poteva essere una grande occasione per guardare al concetto di riservatezza dei dati e pensare a come sviluppare nuovi business. Questo complica e allunga ancora i tempi.

Un prossimo obiettivo per dare una svolta?

Ne abbiamo due: formazione e condivisione. Capire come e chi può portare innovazione. Aumenteremo le occasioni e l’offerta di incontri per conoscere e approfondire i contenuti e i temi dell’Impresa 4.0. Siamo consapevoli che bisogna agire subito. Non possiamo più restare con l’incertezza, va sconfitto quel tarlo che ancora ci fa dubitare se fare o no. Basta guardare il mercato dell’e-commerce, che viaggia a una crescita a due cifre l’anno: non ci sarebbe un solo istante da aspettare. Invece stiamo ancora riflettendo se sia o no una scelta da fare.

Indicava poi anche un approccio di condivisione tipico da “open innovation”?

L’importanza è avere una visione e un progetto di sviluppo. E un mondo senza condivisione è un mondo limitato. Da una parte però vediamo nascere una serie di Fablab dove persone si incontrano, mettono del proprio e cercano di mischiarsi e condividere i loro progetti. Dall’altra abbiamo ancora molto scetticismo. Creare passaggi di condivisione delle best practice per condividere progetti e azioni è fondamentale, per confrontarci e far capire che non si è soli in questo percorso. E che comunque una soluzione innovativa si trova solo e proprio da questo confronto continuo. Crediamo sia importante anche per superare la diffidenza dei nostri piccoli imprenditori a muoversi autonomamente, a definire un piano di investimenti, ad avere una propria visione in chiave di sviluppo digitale. Manca ancora quella libera spinta libera ad agire dell’imprenditore che gli fa cogliere l’opportunità che può fare la differenza sul mercato.

Checklist

Se vuoi cominciare a orientarti nel nuovo vocabolario e nelle nuove parole dell’Impresa 4.0 e del mondo digitale

  1. Scrivi un elenco delle parole a cui corrisponde una tecnologia che conosci

  2. Chiediti quali sono le tecnologie digitali che oggi hai in azienda

  3. Conosci il loro esatto significato in relazione alla loro applicazione

  4. Verifica che siano tutte implementate al massimo delle loro opportunità

  5. Cerca di capire come è cambiato il modo di applicare ogni tecnologia

  6. Focalizza le tecnologie che possono modificare l’organizzazione della tua azienda

  7. Valuta come puoi aumentare la tua competitività e con quale tecnologia

  8. Verifica con altre imprese come hanno introdotto in azienda maggiore innovazione

  9. Organizza un percorso sistematico di aggiornamento culturale in chiave 4.0

  10. Coinvolgi anche i manager e i dirigenti nell’ alfabetizzazione delle parole del digitale

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