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Cresce il digitale e genera big data. Così cambiano servizi e prodotti

Articolo. L’emergenza Covid-19 ha trasformato comportamenti, abitudini e modalità di consumo, ricorrendo sempre più al digitale Le aziende devono ripartire anche da qui. Dalla capacità di interpretare i nuovi dati

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Come ogni numero orienta una decisione

Il lockdown non è stato un periodo silente, tutt’altro. Il fermo delle attività produttive e di buona parte dei servizi, ha in realtà alimentato ulteriormente una produzione di dati digitali, permettendo di raccogliere un numero di informazioni sempre maggiore e soprattutto nuovo. Non è un segreto, infatti, e questa è solo una conferma, che i dati siano il nuovo petrolio dell’economia.

Un’espressione sempre più frequente, ma oggi più che mai è cresciuta la consapevolezza del loro valore, soprattutto in chi questi dati li produce, azienda o un singolo utente.

Sergio Cavalieri, Prorettore dell’Università di Bergamo, e referente sui temi del trasferimento tecnologico, innovazione e valorizzazione della ricerca, spiega: «Occorre fare una differenza tra dati e informazioni. I dati sono sì il nuovo petrolio ma, come il petrolio, se sono grezzi non hanno di per sé un valore. C’è differenza tra dati, informazione e conoscenza. Sono quest’ultimi che valgono più dei dati. Il problema molto spesso che abbiamo ormai tanti dati disponibili che vanno poi tradotti in informazioni che siano valide per prendere decisioni realmente di valore per l’azienda. Per questo, al di là di tecniche ormai consolidate di raccolta, pulizia, selezione dei dati, diventa sempre più importante il ruolo dell’uomo nel contestualizzare i dati, dando loro una “fisicità”».

 

Questo valore è emerso in maniera sempre più preponderante nelle scorse settimane, non solo perché ciascuno di noi ha prodotto dati relativi al cambiamento delle proprie abitudini, in molti casi svelando desideri o necessità attraverso interazioni on demand, ma perché i dati hanno trovato anche un’estrema valenza per il territorio che li generava. Il dato locale, nel confronto con quello globale, ha assunto un’importanza sempre più alta per misurare i comportamenti e l’evoluzione di aree anche piccole, ma tutte profondamente interconnesse fra loro. Un esempio concreto di questo processo è la mobilità: i dati sugli spostamenti forniranno materia di riflessioni e considerazioni nuove su come il settore dovrà modificare i propri servizi, a ogni livello. Accanto ai numeri sulla diffusione del virus, infatti, sono cresciuti e si sono diffusi sia quelli sulla qualità dell’aria, sia quelli utili a ridisegnare gli spostamenti nella fase 2.
Un problema molto locale come quello del trasporto in città o all’interno di una provincia, sta diventando di fatto uno sbocco applicativo per tutta l’industria della mobilità alternativa, che può rimodellarsi sui dati certi.

Ogni comportamento è un valore sociale

Sempre Cavalieri nota anche come le informazioni raccolte saranno indispensabili per gestire i flussi: «L’analisi delle abitudini di spostamento e soprattutto il calcolo delle nuove possibilità per recarsi da un luogo all’altro avranno un valore e un impatto altissimi sulla mobilità».

In maniera simile i dati registrati dal confronto fra città e piccoli centri stanno riportando l’attenzione sul tema della vivibilità dei paesi, mostrando chiaramente come quei dati siano indicatori di un maggiore o minore benessere, così come di espressione di un bisogno o necessità. Informazioni sempre più personali e locali, saranno preziose per chi produce servizi o prodotti. Molte delle nuove abitudini e comportamenti conseguenza dell’emergenza sanitaria difficilmente verranno abbandonati in futuro. E tutto è già registrato nei dati raccolti.

Spesso a una grande disponibilità di dati non corrisponde un’altrettanta capacità adeguata di interpretarli per prendere decisioni di valore per l’azienda

«Una delle consapevolezze che acquisiamo dal periodo è la maggiore attenzione al dato anche del cittadino - ribadisce Cavalieri -. Un fenomeno che diventa di massa aumenta la sua importanza. Prenotazioni e organizzazione dei nostri spostamenti saranno parte della normalità e tutte queste azioni producono informazioni necessarie a gestire i flussi, che allo stesso tempo permettono di migliorare i servizi proposti, dando moltissime indicazioni sulle abitudini di vita del singolo cittadino o della popolazione di una determinata area geografica».

Non bisogna sottovalutare, come ribadisce anche il professor Cavalieri, che a questo già oggi si lega un tema di privacy, anche se allo stesso tempo cresce la consapevolezza di ciascuno dell’importanza della comunicazione dei propri dati e informazioni. Il primo effetto è offrire la possibilità di creare reti interconnesse di persone che collaborano a un unico progetto nell’interesse di tutti.

L’emergenza virus ha rilevato una nuova portata dell’informazione digitale data dalla sua capacità di misurare comportamenti di aree sempre più piccole

Avverte Cavalieri: «Abbiamo visto come sia difficile fermare una epidemia. La natura non conosce confini, barriere doganali e linguistiche. Direi che lo stesso vale anche per i dati. È difficile segregarli, non permettere che possano essere condivisi. I dati hanno ormai un valore superiore rispetto ai beni fisici. Su questo tema soffriamo in Europa, e in particolare in Italia, del fatto che questi dati siano in mano ai giganti high tech del calibro di Google, Amazon, Facebook, Apple. In particolare le nuove informazioni da app di contact tracing devono poter dare informazioni sulle realtà locali e tornare alle realtà locali sotto forma di opportunità, senza finire in mano alle grandi società».

Condividere informazioni migliora il servizio d’impresa

 
  • Come può cambiare il trasporto e la mobilità
    La mobilità sostenibile e i flussi di traffico possono modulare l’offerta del servizio spingendo a organizzare gli spostamenti di piccoli gruppi in tragitti brevi e efficienti, prenotabili con applicazioni dedicate.
  • L’organizzazione aziendale ridisegna le forme di lavoro
    La differenziazione di orari e sedi, ritmi e relazioni, come esempi di smart working, stanno informando su come cambia il lavoro e la domanda di nuovi servizi formativi e strumenti tecnologici specifici.
  • Alberghi e ristoranti inseguono online il proprio cliente
    La ristorazione cambia il proprio modo di servire il pubblico e i dati mettono in evidenza nuove abitudini di consumo. Quantità e tipologie delle informazioni consente di adeguare il servizio in tempo reale.
  • La pubblica amministrazione migliora i servizi al cittadino
    Prenotazioni, sportelli digitali e servizi online significa ottimizzare le risposte e dei flussi degli utenti. I servizi pubblici si arricchiscono di informazioni e si riorganizzarsi sulle necessità degli utenti.
  • Anticipare il servizio al cliente e definirlo a sua misura
    È la vera potenzialità per piccole-micro imprese e terziario: la raccolta dati sulle richieste di interventi e di specifici prodotti dei propri clienti aiuta a definire nel dettaglio la risposta in termini di servizi e prodotti.
  • Il valore del dato territoriale per la comunità
    Il singolo cittadino assume consapevolezza del valore che può avere il suo dato nella possibilità di ridefinire servizi, prodotti, sicurezza validi non solo per lui ma per l’intera comunità e territorio a cui appartiene.
Sergio Cavalieri

Prorettore dell’Università di Bergamo, e referente sui temi del trasferimento tecnologico, innovazione e valorizzazione della ricerca

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La situazione attuale ha mostrato le qualità dei network su progetti produttivi. Può essere una strada anche per le grandi imprese?

I network collaborativi possono funzionare su progetti semplici, vedi il caso mascherine, ma le grandi produzioni hanno bisogno di sviluppare partnership strategiche. Tutte le collaborazioni costruite in anni su rapporti di fiducia e qualità del prodotto non possono essere facilmente sostituite. La crisi del 2009 su questo punto ha fornito molti esempi, anche chi ha cambiato fornitore a livello opportunistico, poi è tornato dai fornitori storici, dà chi era capace di garantire la massima personalizzazione del prodotto. Anche in momenti difficili l’approccio di filiera è sempre migliore di quello competitivo perché garantisce qualità.

Alcuni ipotizzano che sia tempo di frammentare la filiera per poter avere una maggiore scelta di fornitori. È una strada percorribile?

Non vedo possibile poter intervenire sulla filiera, ma progettare invece fabbriche modulari che garantiscono flessibilità. Alcune realtà importanti si stanno già attrezzando in questo senso, concependo le loro sedi nel mondo come realtà la cui produzione possa essere rimodulata in poco tempo andando di fatto a sostituire una sede gemella la cui produzione è sospesa. In questa prospettiva l’azienda piccola può essere trainata dalla grande, dovendo garantire a sua volta flessibilità e avere backup produttivi.

In tempi di chiusura di confini che futuro ha l’internazionalizzazione?

Difficile immaginare il futuro sull’internazionalizzazione. Impossibile che ognuno stia nel suo ovile e nel sovranismo economico. Non credo ci possa essere un ritorno al passato di confini, barriere e questo fenomeno l’ha fatto capire a un livello più ampio.