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Economia circolare, nuovo scossone alle competenze: altri 200 profili da formare

bianca. Le imprese cambiano paradigma e organizzazione, trasformano i processi di produzione, puntano all’efficienza e alla qualità tagliando l’impiego di risorse. La ricadute sono immediate sulla domanda di profili professionali e il mercato del mercato del lavoro si trasforma ulteriormente, ampliando il dramma del mismatch.

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Mercato del lavoro al nuovo «collo di bottiglia»

È un altro giro di boa. Non per tornare indietro, ma per dare un’ulteriore accelerazione alle competenze professionali necessarie alla transizione ecologica e per dare più velocità al processo di transizione energetica. Inevitabili le trasformazioni anche sul mercato del lavoro: è indiscutibile che si stiano aprendo nuove opportunità per i settori legati alle tecnologie rinnovabili e ai prodotti e servizi sostenibili. Ma il rischio è che lo storico mismatching sulle professionalità, il disallineamento fra domanda e offerta di competenze, si scontri con un nuovo “collo di bottiglia”.
Sul tavolo ci sono oltre duecento nuovi profili professionali da formare, si stimano fra i 2,5-3 milioni di posti lavoro disponibili già nel prossimo anno. Ma anche su questo versante le competenze pronte non si trovano: designer circolare, designer dei prodotti e dei processi, esperto in blockchain, trasportatore della logistica inversa, tecnico della gestione della filiera interna ed esterna.
Ancora, su altri fronti, fra le competenze green richieste emergono gli ingegneri civili (68% delle assunzioni previste); gli ingegneri elettronici e specializzati in telecomunicazioni (63,4%), tecnici della gestione di cantieri edili (62,7%), ingegneri energetici e meccanici (52,8%). C’è un ulteriore dato inedito: saranno necessarie anche nuove competenze finanziarie, di contabilità, di interpretazione dei bilanci d’impresa.

Per questo l’accelerazione è invocata su almeno due fronti: fare in fretta per restare il più possibile agganciati alla domanda crescente di nuove professionalità e di nuove competenze in modo coerente. Ma questa corsa al riallineamento potrebbe restare vana se ci si presenta sul mercato del lavoro “solo” con una specializzazione. Non basta più nemmeno quella.

 

La grande sfida della manifattura ecologica sta ridisegnando non solo le organizzazioni aziendali, ma soprattutto la mappa dei profili professionali di cui ha bisogno. Una nuova geografia che parte da presupposti irrinunciabili. Primo assunto: l’EY Digital Summit Focus, appena pubblicato, ha indicato chiaramente come sia prioritario procedere nella trasformazione dei modelli di business, fondamentali per garantire la transizione sostenibile delle imprese del futuro. A maggiore ragione oggi, davanti all’indagine sui consumi di EY e Swg che rivelano come la qualità rappresenta un valore essenziale (76%) per consumatori e utenti se raggiunta con processi e prodotti sostenibili (64%) e innovazione (61%). L’Economist, la settimana scorsa pubblicava un report secondo cui gli investimenti delle maggiori imprese internazionali a fine 2021 risulteranno superiori del 30% sul 2019, ma aumenteranno ancora nel 2022.

Gli investimenti in economia sostenibile della finanza

E sei i consumatori e risparmiatori dettano la linea, la finanza risponde presente alle scelte di sostenibilità ambientale, sociale e di governance: i fondi di investimento che si fondano sull’agenda dell’Onu per il 2030 già a fine 2020 avevano raggiunto un patrimonio di 1.000 miliardi e la stima è che arrivino a un patrimonio di 7.500 miliardi di dollari nel 2025. «Non si tratta solo di un rimbalzo ciclico – si spiega nel servizio de l’Economist -. Le aziende cominciano a prendere sul serio gli investimenti per l’economia sostenibile».
L’Italia si inserisce in questo quadro con investimenti in ripresa e export in forte crescita, come documenta molto bene anche l’ultimo rapporto GreenItaly 2021 curato dalla Fondazione Symbola sulle imprese che hanno fatto della sostenibilità una leva di crescita. Le imprese che investono di più in sostenibilità sono quelle che già dimostrano maggiore produttività. «I più bravi diventano sempre più bravi» è la conclusione.

 

Secondo presupposto: la transizione ecologica delle imprese, in generale, e il passaggio a un’economia green e sempre più circolare dovrà essere affrontata, impostata e guidata da nuove professioni che richiedono un mix di competenze e di conoscenze ibride.

L’indagine Randstad Research, l’istituto di ricerca sul lavoro e le nuove professioni di Randastat, ha scandagliato questo fronte portando in superficie oltre duecento nuovi mestieri. Le conoscenze ibride – emerge dal rapporto – devono saper far fronte ai nuovi scenari in cui si trovano le imprese, costruendo modelli di sviluppo e di business sempre più in grado di competere in modo ottimale sullo scenario internazionale e nazionale. Conoscenze ibride che richiedono competenze sia tecnico-scientifiche specifiche nell’ambito della sfida ecologica, sia abilità trasversali in cui prevalgano su tutte la capacità e l’apertura al cambiamento in connessione costante con i contesti aziendali e di mercato in cui opera l’impresa. Subito dopo la capacità di far squadra, la capacità di aggiornarsi continuamente, dimostrare abbondanti doti relazionali. Qualcosa va però cambiato.

Daniele Fano

Coordinatore del comitato scientifico di Ranstad Research

«È necessario sostenere lo sviluppo dell’economia circolare evitando colli di bottiglia nelle risorse umane – spiega Daniele Fano, coordinatore del comitato scientifico di Ranstad Research –, in particolare nei prossimi mesi in cui l’Italia sarà ancora più impegnata nella transizione sostenibile, quando è destinato ad aggravarsi il problema del matching, la difficoltà a riempire i posti vacanti che già oggi ci affligge e che ha raggiunto il più alto livello degli ultimi quindici anni. Il nostro sistema formativo deve attrezzarsi rapidamente per formare il capitale umano che nei prossimi anni dovrà programmare, realizzare, e gestire tecnologie e servizi dell’economia circolare».

Il repertorio aperto delle professioni dell’economia circolare messo in evidenza dalla ricerca Randstad è complesso e variegato. Ecco le professioni nuove che emergono, moltissime finora mai sentite: designer circolare, gestore della logistica inversa, esperto in blockchain per la sostenibilità, tecnico di gestione della filiera e prima ancora il progettista per la mappatura delle filiere.
Seguono il carrellista digitale per arrivare fino al supervisore di robot addetti allo smaltimento rifiuti, al chimico per il recupero e riutilizzo dei materiali edili, allo specialista dell’informatica certificata, al gestore delle piattaforme per il riciclo dei materiali esausti, passando anche per gli imprenditori e per gli ingegneri gestionali che dovranno guidare le aziende dell’innovazione.

Sono duecento, per ora. Ma più si implementano i criteri della sostenibilità nei processi di produzione e più emergono fabbisogni di nuove competenze e specializzazioni. Con un’altra importante caratteristica di questo momento storico. Inserire le nuove competenze fortemente ibride (conoscenze tecnico-scientifiche e trasversali) significa superare del tutto i vecchi modelli di organizzazione del lavoro, impostazioni fordiste del lavoro in cui la segmentazione delle fasi di lavorazione e la parcellizzazione delle competenze viene completamente superata da una forte “circolarità” delle mansioni e collegamento delle competenze.

 

Ma l’approccio ai bisogni di nuove professionalità cambia, questa volta. Lo studio Randstad affronta infatti questa emergenza con un criterio diverso, non in senso verticale, come elenco di professionalità mancanti una dietro l’altra e fra di loro quasi scollegate. Ma analizza il fabbisogno della manifattura circolare secondo una logica che stratifica l’emergenza competenze su tre piani, sovrapposti e distinti. Ma fra di loro sempre interdipendenti: un primo livello che comprende le professionalità centrali (competenze fondamentali e interne all’azienda), un piano subito sotto di mestieri specialistici (abilità molto specifiche e in alcuni casi destinate solo ad alcune imprese), e un terzo livello di professioni emergenti trasversali rispetto alle prime tipologie di competenze.

La ricerca Randstad le definisce «costellazioni dell’economia circolare», ne ha rappresentate 15, e ciascuna di queste mappature fa emergere le caratteristiche di ciascuna professione centrale e le abilità delle altre collegate: lo spirito di progettazione, l’attitudine al cambiamento, la capacità de gestione e controllo, la conoscenza delle norme, la vocazione alla comunicazione e al coordinamento, profili ibridi appunto che richiedono conoscenze più ricche del solito e una maggiore capacità di «mettersi in connessione» con altre professioni.

 

Un esempio concreto di professionalità in forte ascesa: gli specialisti nella progettazione e gestione delle reti elettriche, le infrastrutture base in grado di scambiarsi dati e fornire in tempo reale ai bisogni o problemi dei consumatori collegati. Si tratta di una professione data con un’alta potenzialità di sviluppo perché considerata la competenza base e guida da seguire per costruire le smart grid nelle nostre città (del futuro). Saranno queste reti connesse, la loro capacità di scambiarsi informazioni puntuali sul fabbisogno di energia (immagazzinare energia quando non serve ed è disponibile, usarla quando c’è carenza), il perno centrale nel processo di transizione energetica dalla produzione di elettricità da fonti fossili a sistemi di energia rinnovabile.

 

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Ecco cosa sono le costellazioni del lavoro

La struttura della costellazine prevede che per ogni professione venga segnalata la costellazione di riferimento, quelle abilità e quelle competenze con le quali necessariamente si “ibrida”. Ecco come è costituito questo flusso.

Professioni centrali:

Le professioni centrali sono il cuore della costellazione. Rappresentano le professioni fondamentali per mantenere vivo l’ecosistema della costellazione di riferimento. Se l’azienda sarà di dimensioni molto ridotte qui è possibile trovare anche il solo imprenditore. In genere si cerca di mantenere il numero delle professioni centrali tra 3 e 5. Una scelta necessaria per riassumere ed individuare nella maniera più dettagliata possibile le professioni chiave. Tra queste 3-5 stelle ce ne sono due che si distinguono in modo particolare. Una stella verde, che rappresenta la singola professione principale, necessaria e sufficiente, della costellazione e una stella arancione. Questa seconda stella indica la seconda professione in ordine di importanza, dunque una professione che, a seconda delle dimensioni aziendali, sarà già possibile esternalizzare.

Professioni specialistiche:

Si tratta di professioni appartenenti alla costellazione, ma con caratterizzazioni molto specifiche e dunque presenti solo in alcuni tipi specifici di aziende.

Professioni emergenti trasversali:

Sono in particolare profili professionali che si iniziano ad intravedere nelle nuove organizzazioni d’impresa e che sono trasversali rispetto alla costellazione di riferimento, quella principale.
 

Una chiara professionalità che secondo la logica delle costellazioni indicata dalla ricerca Randstad è immediatamente collegata a competenze “vicine” e con le quali si deve dialogare come specialisti nell’area della progettazione e gestione delle reti elettriche intelligenti o con gli esperti in soluzioni tecnologiche innovative. È solo un esempio, evidenzia però quanto il nuovo contesto di lavoro aziendale richieda più condivisione, più trasversalità fra e delle professionalità, una alta contaminazione. Cambia anche il modo e la capacità di programmare, coordinare, gestire queste relazioni di gruppo e professionali perché saranno centrali per un’impresa avviata sul percorso della transizione ecologica, della sostenibilità e digitale al tempo stesso.

 

Spiega Fano, curatore della ricerca Randstad, che non ci si imbatterà più nella ricerca di figure come «il manager dell’economia circolare o il circular economy manager poiché sarebbe un errore creare figure separate».
L’ambizione piuttosto dovrà essere «integrare l’economia circolare in tutte le azioni delle aziende e in tutti i prodotti» a cominciare dalla loro progettazione. E qui si apre una nuova finestra sulle professioni del futuro strettamente collegate alla transizione energetica, all’economia circolare. Approccio ecologico e approccio digitale (a nessuna nuova professione potrà più mancare la dimensione digitale) lavoreranno sullo stesso fronte e nella stessa direzione.

 

Ma lo studio Randstad avverte: il nuovo paradigma di organizzazione aziendale richiederà «di cambiare anche il modo in cui viene concepita la propria catena del valore»: la digitalizzazione – sottolineano i ricercatori - sposta l’attenzione dal prodotto al servizio e anche la circolarità va in questa direzione: ci sarà un modo diverso di guardare ai bilanci e all’informazione e di “utilizzare le risorse in modo efficiente”. Ecco il punto: tra le competenze ibride ci sono anche quelle economiche e finanziarie. Nessuna più delega totale della contabilità a commercialisti o a partner esterni, tutti in qualche modo dovranno interagire.
Un ultima suggestione emerge dal rapporto Randstad: i percorsi formativi. Il tema riemerge ancora una volta con la stessa intensità e l’appello va sempre nella stessa direzione: «Occorre attrezzarsi in fretta per la nuova sfida, dei prossimi mesi, dei prossimi anni. Il Pnrr, con la forte spinta agli Its - conclude Fano - può essere l’occasione per rilanciare tutti i percorsi tecnico-professionali di cui c’è urgente bisogno. Ma è necessario un piano shock per la formazione e l’istruzione, dalla scuola materna fino alla formazione continua».