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Il digitale crea relazioni per nuovi business ma imprese ancora immature

Articolo. Restano ancora poche le imprese che stanno puntando sulla digitalizzazione delle relazioni B2B. Sette imprese su dieci investiranno nello scambio di informazioni e dati per ridefinire i propri business model in linea con i bisogni del cliente. Solo il 17% investe una quota significativa del proprio fatturato, tra il 2% e il 5%. Il rischio di essere esclusi dalle proprie filiere

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In crescita ancora gli investimenti in Ict

Nonostante tutto (e tutti i report negativi con gli allarmi sui ritardi delle imprese) gli investimenti digitali stanno sostenendo una buona corsa. Che continua. E a grandi passi: il mercato dell’Ict lombardo guida la classifica delle regioni con più alti livelli d’investimenti sostenuti. La transizione sta spingendo la digitalizzazione soprattutto nell’ambito B2B dove sta effettivamente introducendo profonde trasformazioni nelle imprese mettendole di fronte anche a forti cambiamenti.
Sono state 700mila le imprese, piccole e medie, che hanno investito nel 2021 nella transizione digitale per 8,5 miliardi, un quarto del valore complessivo del mercato nazionale. I dati di Assintel vanno più nel dettaglio: ogni impresa lombarda investe in media 12.200 euro l’anno in innovazione, in Lombardia si spende il 36% in più di ogni altra regione.

Sul podio degli investimenti 2022, per sei imprese su dieci, oltre il 60% delle imprese della Lombardia vi sarà la creazione attraverso il digitale di nuovi modelli di relazione e di engagement con i clienti. Al secondo posto, quasi il 40% delle imprese svilupperà servizi a valore aggiunto sui prodotti venduti. Infine, al terzo posto la creazione di modelli di business improntati alla sostenibilità per un’impresa su tre. «Segnali che le linee programmatiche del Pnrr, transizione digitale e sostenibilità – spiegano gli analisti Assintel - sono già state metabolizzate nelle strategie degli imprenditori lombardi».

 

Cresce la trasformazione digitale, quindi, ma restano nervi scoperti almeno due fronti decisivi. Il primo fronte debole si conferma quello delle competenze digitali: il 42% delle imprese lombarde afferma infatti di avere un buon livello di cultura aziendale dell’innovazione, ma non basta ancora. L’intenzione è di investire fortemente nella formazione proprio sulle competenze specialistiche dedicate ai professionisti della funzione IT.
«La Lombardia è da sempre la capitale tecnologica d’Italia e proprio grazie a questa storicità ha inglobato nel suo Dna il binomio innovazione-crescita. Il sistema delle associazioni e delle istituzioni – spiega Paola Generali, presidente Assintel - è in grado di fare sistema, coordinarsi attraverso bandi, progetti e politiche ad hoc che incentivano la transizione digitale in tutte le filiere, fino ad arrivare alle imprese più piccole».

Un primato che ancora non basta

Ma un primato non basta, seppure importante sul fronte digitale, delle imprese. E qui si arriva al secondo fronte di criticità.
È vero che mai come in questi ultimi due anni, responsabile l’accelerazione data dall’emergenza sanitaria alla transizione digitale, ci si sta rendendo conto di quanto sia importante fare sistema, collaborare, co-investire, mettere a fattor comune le conoscenze e le esperienze, fare partnership. E le imprese sembra stiano effettivamente mettendo in pratica questo principio. Ma la digitalizzazione è diventata ancora più determinante - durante gli anni di pandemia poi è risultata essenziale – proprio perché ha permesso alle imprese di sviluppare modelli innovativi di vendita, di produzione, di promozione. Il dato certo è che dalla crisi ne è uscita una tecnologia più orizzontale, accessibile a più imprese e base di un sistema di rete spesso a completamento di un modello di business profondamente (quando non totalmente) diverso da quello di “prima”. L’impresa manifatturiera è sempre più al centro della quarta rivoluzione, dove l’automazione e la digitalizzazione di ogni processo svolge un ruolo sempre più preponderante.

 

Ma se questa è la nuova architettura dell’impresa, immersa e spinta dal digitale per garantire continuità operativa, per aumentare la propria competitività resta invece evidente il grande limite dell’utilizzo effettivo di un tecnologia ora a disposizione per sfruttare questa “vicinanza o contatti virtuali” con il resto delle altre imprese: è ancora molto bassa la quota di aziende che sta puntando sulla digitalizzazione come driver reale di nuove relazioni B2B.
Sette imprese italiane su dieci (tra grandi realtà e Pmi) hanno intenzione di investire in questo ambito, ma forse non sanno ancora che direzione prendere, spesso perché digiune di strumenti e di capacità di decisione. E così, appena il 17% investe nella messa a punto di nuovi modelli di relazione una minima parte del proprio fatturato, tra il 2% e il 5%.

Produzione e fornitura, le priorità delle relazioni

Imprese connesse al proprio interno, nella propria rete organizzativa, ma poi risultano isolate dentro al proprio ecosistema o, peggio, lungo la propria filiera di fornitura. Se si prende spunto dall’ultimo Osservatorio Digital B2B del Politecnico di Milano, Sono 21mila le imprese che nel 2021 hanno utilizzato sistemi Edi (Electronic data interchange) per scambiarsi i principali documenti del ciclo dell’ordine (+5% rispetto al 2020), per 262 milioni di documenti scambiati (+4%). Tra i documenti che hanno registrato una maggiore crescita troviamo l’ordine di produzione o di fornitura, la conferma d’ordine e l’avviso di spedizione della merce. Crescono del 50% rispetto al 2020 le transazioni tramite un marketplace B2B, percentuale costantemente in crescita negli ultimi tre anni.
E questo è il dato più nuovo e rilevante del fenomeno: le piattaforme sono in grado di costruire e allargare le relazioni all’intero dell’ecosistema a cui l’azienda appartiene, proprio perché include in un unico spazio virtuale diverse tipologie di aziende, di settori merceologici e industriali diversi e di aree geografie differenti.

 

Uno strumento in decisa crescita. L’esempio dell’Edi si conferma una tecnologia trainante proprio per la sua capacità di uno scambio strutturato delle informazioni in ambito B2B. Ma ci sono altre soluzioni, sottolinea il report del Polimi. I portali B2B sono ormai attivati dal 13% delle imprese italiane e, da semplici siti per caricare documenti o fare data entry, oggi sono utilizzati come veri e propri Hub in cui far confluire tutti i documenti del ciclo esecutivo indipendentemente dal canale su cui questi sono scambiati. Il 12% delle imprese italiane possiede un sito proprio su cui i clienti possono visionare o acquistare prodotti. Questo strumento, molto più diffuso in ambito B2C (portali interi e dedicati ai prodotti e finalizzati all’acquisto diretto da parte del consumatore), ora sta per essere scalato anche in ambito B2B, soprattutto di fronte a un bisogno di accorciare e rendere più sicure le filiere della fornitura soprattutto e anche oltre confini nazionali.

Il digitale che allarga le relazioni

Riccardo Mangiaracina

Responsabile scientifico dell’Osservatorio Digital B2b

«La digitalizzazione nel B2B è sempre più uno strumento in grado di allargare le relazioni all’intero ecosistema a cui l’azienda appartiene moltiplicando le opportunità di collaborazione - afferma Riccardo Mangiaracina, responsabile scientifico dell’Osservatorio Digital B2b -. Questa dinamica, che fino a qualche anno fa si applicava solo al contesto nazionale e di filiera, si sta ora estendendo sempre più a livello internazionale con un coinvolgimento ampio di diversi settori economici. In questo contesto diventa chiave il ruolo di provider e associazioni che – sottolinea Mangiaracina –, fornendo applicativi e competenze di revisione dei processi, possono aiutare le imprese in questa trasformazione. Per le aziende è quindi sempre più necessario uscire dai confini non solo della propria organizzazione, ma anche della propria filiera di appartenenza per aprirsi a relazioni esterne in grado di fornire nuovi stimoli innovativi e nuove opportunità di business”.

E le prospettive, guardando avanti, sembrano non tradire le opportunità che si fanno avanti, in particolare nelle relazioni dirette fra imprese. Tra le tendenze, sempre a livello B2B, il report dell’Osservatorio Digital B2B, sottolinea la forte attenzione delle imprese nel cercare di migliorare la relazione con il cliente business, soprattutto assegnando un sempre più alto interesse verso la valorizzazione dei dati aziendali. Questa quanto meno è l’intenzione, perché anche qui il ritardo è resta alto.

 

Si tratta per lo meno di una esigenza che non si sta ancora tramutando in effettiva azione. Solo un’azienda su cinque ha attivato una collaborazione con i propri clienti, con lo scambio di informazioni strategiche, mentre gran parte delle aziende si limita a uno scambio di informazioni di natura tecnica o commerciale. I ricercatori dell’Osservatorio la definiscono una “immaturità che deriva da un percorso ancora in essere all’interno delle aziende” sia a livello organizzativo (il 34% delle imprese registra una piena integrazione tra le diverse funzioni aziendali che hanno contatto con il cliente), sia a livello tecnologico (il 39% possiede un’infrastruttura tecnologica in grado di integrare dati presenti in vari database). Solo il 15% tuttavia, è quanto emerge dalla ricerca si è mosso in entrambe le direzioni mostrando, almeno a livello teorico, una maturità superiore.

La via efficace di restare nel proprio ecosistema

Paola Olivares

Direttore dell’Osservatorio Digital B2b

«Diverse tendenze stanno guidando il B2b verso logiche di ecosistema – spiega Paola Olivares, direttore dell’Osservatorio Digital B2b -. Innanzitutto, si evidenzia la migrazione delle tecnologie abilitanti l’eCommerce B2B da sistemi chiusi generatori di efficienza a strumenti aperti in grado di migliorare l’efficacia e di coinvolgere l’intero ecosistema in cui le imprese sono inserite. Poi lo sviluppo di sistemi capaci di garantire una maggiore automazione di processo, una migliore collaborazione tra attori e un aumento della sicurezza delle transazioni. Infine – spiega Olivares – ancora il commitment a livello europeo nella realizzazione di un sistema unico e armonizzato di fatturazione elettronica che garantisca interoperabilità nello scambio documentale tra Paesi membri. Queste dinamiche si stanno sviluppando in un contesto cross-settoriale e internazionale che rende necessaria una profonda revisione delle logiche di funzionamento dell’impresa».

In relazione alle nuove tecnologie per sviluppare relazioni innovative e proficue per lo sviluppo del business resta “immatura” una nuova tecnologia che invece in altre realtà europee domina e sviluppa la relazione fra impresa, fornitore e clienti: la tecnologia blockchain e tecnologie a registro. L’utilizzo fra le imprese italiane resta davvero sporadico, solo il 4% delle aziende ha avviato progetti in questa direzione. Tuttavia la creazione di ecosistemi B2B si sta strutturando anche sulla base di queste tecnologie. I dati dell’Osservatorio in dicano che il 14% delle aziende ha avviato progetti o ha intenzione di farlo entro il prossimo anno.

 

Anche perché sono i pre-requisiti per continuare a far parte di una catena di fornitura basata oltre che sulla certificazione di qualità dei processi, anche sulla sostenibilità degli approvigionamenti. I principali ambiti di applicazione sono infatti la tracciabilità di prodotto, lo scambio di documenti in formato digitale e la gestione di dati interni. I driver che spingono verso l’adozione di questa tecnologia sono il miglioramento dell’efficacia del processo, aumentando la tempestività di risposta al mercato e la qualità dei processi aziendali e dell’efficienza, risparmiando tempo e costi operativi.
Questi ecosistemi sono al momento popolati principalmente da grandi aziende che stringono accordi con altri attori della filiera per progetti congiunti, guidati dall’esperienza di società di consulenza e fornitori tecnologici, che supportano le aziende nel rimodellamento dei processi e dei flussi informativi. Ma la sfida è orami aperta. E numerose sono le aziende che si stanno accorgendo che il restare agganciati a modelli di business tradizionali, quando non “vecchi”, sono la via migliore per perdere forza competitiva e essere estromessi anche in fretta dal mercato.

 

È anche per questo che di fronte a una domanda in netta e costante crescita, sono proprio le nuove imprese innovative e moltissime startup (a livello mondiale sono già 165) che si occupano dell’innovazione di uno o più processi in prospettiva Digital B2B. Hanno raccolto quasi 2 miliardi di dollari di finanziamento.
E il 40% di queste supporta il ciclo esecutivo, con soluzioni in grado, ad esempio, di efficientare l’elaborazione, l’invio e la ricezione di ordini. Importante anche il cluster di startup che si occupa di pagamenti B2B e che l’Osservatorio ha catalogato come molto focalizzate su innovazione di processo (ad esempio visibilità realtime sui flussi di cassa) e di strumenti di pagamento (wallet o gatway di pagamento). Aumentano i progetti a supporto dell’eSupply Chian Collaboration (32% delle startup censite, era il 15% nel 2018) sia per lo sviluppo di nuovi prodotti che per il supporto a processi di marketing, comunicazione e post-vendita. Poca enfasi invece sul processo d’acquisto (28% delle startup censite), che vede però un impiego sempre più pervasivo della blockchain, ad esempio al fine di negoziare, firmare, archiviare e tracciare i documenti con un elevato livello di sicurezza.

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