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Benessere e stipendi. Record a Bergamo, il lavoro fa felici 7 dipendenti su 10

Articolo. Una lettura qualitativa dell’ecosistema imprese del territorio dice che la provincia è un’isola felice dove lavorare e trovare ampia soddisfazione: stipendi, carriera e stabilità del posto i tre fattori che fanno dell’economia locale l’ambiente leader in Italia per prospettive e opportunità professionali. Anche per i più giovani

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Ripensare le analisi per capire il lavoro

I più felici d’Italia. In ufficio almeno. A Bergamo non c’è nessun bisogno di inserire il manager della felicità nelle imprese. Il proprio lavoro dà già molta soddisfazione a più di sette lavoratori su dieci, in Italia si fermano a sei. Posizione record anche per lo stipendio: sono i più soddisfatti d’Italia dei propri stipendi. Quasi sempre poi, per oltre il 65% dei dipendenti, si tratta di un lavoro stabile e sicuro, fattore non trascurabile per dare certezza materiale alla propria vita, elemento poi che rafforza risultati e ingaggio in azienda. Ancora: oltre ad essere quasi sempre un lavoro che giudicano «altamente interessante» (per il 77,2%), offre perfino buone prospettive e opportunità di carriera per almeno un lavoratore su due, ai giovani in particolare, specie se nelle medie imprese. L’orario non pesa, le ore lavorate per il 64% possono bastare.
La fotografia di Bergamo come isola felice del lavoro è tutta a tinte forti. C’è solo un piccolo «ma», che non dipende dal sistema lavoro: si perde troppo tempo per arrivare in ufficio, i tempi di percorrenza casa-lavoro sono esagerati, lo lamentano quasi otto lavoratori su dieci.

Armati di pazienza sulla strada per il lavoro a Bergamo comunque il 73,6% di lavoratori è «altamente felice» della propria occupazione. Un livello che mette Bergamo al quarto posto nazionale, nemmeno troppo lontano, a soli tre punti, dalla vetta dove invece trionfa Bolzano (76,6%). Ma Bergamo è prima in Lombardia (Brescia è ultima).

In un momento storico di forte ripensamento del lavoro, in cui si tenta di attribuire un nuovo senso alla propria condizione professionale, e in una società sempre più alle prese con la sfida del progresso tecnologico e, ora, con l’imporsi dell’intelligenza artificiale che stravolge nuovamente la prospettiva di lavoro, questa fotografia sembra spiazzare tutti. Ma questa immagine è il risultato di una nuova analisi qualitativa e multidimensionale dei livelli di soddisfazione sul lavoro elaborata da due ricercatori e data analyst della direzione Studi e Ricerche di Anpal (l’Agenzia nazionale politiche attive del lavoro) sui dati Istat dell’Indagine sulle Forze del Lavoro. Una lettura e interpretazioni innovative, con cui è stato possibile valorizzare la base informativa declinandola anche per professione, e così di stilare una classifica delle 126 tipologie professionali de nostro sistema occupazionale, sulla base della percezione soggettiva degli stessi lavoratori. In più, l’indagine mette a disposizione un cruscotto statistico con tutti i dati navigabili per entrare nel dettaglio della situazione delle singole province e regioni.

La soddisfazione dipende da molte dimensioni

La classifica, per la prima volta è ponderata tenendo conto di almeno altri sette fattori (retribuzione, opportunità di carriera, ore lavorate, stabilità, distanza casa-lavoro e interesse per la professione), tutte variabili che incrociate hanno un’influenza specifica finale. E d è servito per interpretare le dinamiche del lavoro.

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Marco Manieri

Ricercatore e data analyst di Anpal

«La percezione soggettiva della condizione professionale dovrebbe fare da base in ogni ricostruzione dei flussi e delle caratteristiche dei mercati del lavoro – spiega Marco Manieri, data analyst di Anpal e curatore del report -. I dati ci sono , ma sono poco noti. E l’analisi multidimensionale della soddisfazione consente un altro punto di vista sull’occupazione: quello di chi ogni giorno offre il proprio capitale umano per ricevere in cambio una retribuzione».

 

Il titolo di studio non sempre gratifica

In questo senso un ritorno su Bergamo lo dà l’analisi delle professioni che danno più soddisfazione: sacerdoti, politici, amministratori locali, ma anche imprenditori, direttori, artigiani. «Sono professioni che raramente compaiono fra i fabbisogni professionali di imprese e imprenditori – spiega Manieri -. E non sono nemmeno figure centrali del lavoro del futuro. Tuttavia, fra i più felici figurano anche insegnanti, docenti, ricercatori segno da un lato che il mercato del lavoro è meno noto di quanto si pensi e, secondo, che prevale molto la spinta “vocazionale” al lavoro e che poi diventa motivo per essere comunque felici, nonostante spesso il contesto in cui lo si pratica».

L’altra dimensione del mercato sono i giovani, coloro che per la prima volta si affacciano sul mondo e mercato del lavoro. Il contesto bergamasco sembra soddisfare più di una aspettativa in relazione alla classe anagrafica: i meno soddisfatti (quarto posto in Lombardia) sono i laureati fino a 34 anni, che comunque rappresentano il 71,4% contro il massimo della felicità dei colleghi di Lecco, oltre il 78%. Ma sono i neodiplomati 15-34 anni di Bergamo a essere i più felici, 8 su 10: hanno il lavoro dei loro sogni, con un’ottima prospettiva di carriera e, al momento, sono soddisfatti anche della retribuzione.
C’è di più: a Bergamo la busta paga soddisfa soprattutto i più giovani e diplomati (60%), ma un po’ meno i laureati più anziani (58,3%) con oltre 50 anni.
Per tutti però Bergamo è al primo posto come territorio che offre opportunità per migliorare la posizione professionale, vale in particolare per i giovani laureati (61%) e i giovani diplomati (53,1%). C’è una spiegazione a questo fenomeno: i giovani laureati e o i più preparati sotto il profilo tecnico-professionale spesso preferiscono iniziare a lavorare in una piccola o media impresa perché è sotto queste aziende le più impegnate sul fronte dell’innovazione e della trasformazione tecnologica e digitale: è in questo contesto che hanno decisamente più opportunità di mettersi in evidenza, sia per competenze sia per costruire un percorso di crescita professionale. Vedono quindi più occasioni per fare carriera.

 

La carriere e stipendi declinati al maschile

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Simona Calabrese

Ricercatrice e data analyst di Anpal

«Rispetto al genere le donne hanno una maggiore probabilità, sebbene appena significativa, di esprimere un livello di gradimento alto rispetto agli uomini - spiega Simona Calabrese, data analyst di Anpal e curatrice dell’indagine con Manieri -. Ma questo vale soprattutto per i più giovani rispetto ai lavoratori più in là con gli anni e i diplomati rispetto ai laureati. Ma guadagno, opportunità di carriera, interesse per le mansioni svolte – spiega Calabrese - sono le dimensioni per le quali l’essere uomo con un impiego a tempo indeterminato rappresentano ancora le caratteristiche per godere di elevati livelli di soddisfazione».

Quota di felicità che dipende molto anche dalle dimensioni individuali e territoriali: una singola variabile (come genere, età, tipo di occupazione, posizione professionale, titolo di studio) può incidere molto sulla felicità . I dipendenti a tempo indeterminato sono più soddisfatti del proprio lavoro rispetto a chi ha un contratto a termine e persino degli autonomi e artigiani. Chi è part-time , invece, è meno soddisfatto. Profili e competenze professionali, professioni intellettuali, scientifiche e di elevata specializzazione risultano più soddisfatti. Interessante l’influenza del titolo di studio: se in Italia la quota di laureati si dichiara altamente soddisfatto (65% contro il 61,4% dei diplomati) a Bergamo l’analisi ribalta il quadro: i laureati sono mediamente meno soddisfatti. «È ipotizzabile che le maggiori aspettative professionali – conclude Manieri - giochino, al riguardo, un ruolo chiave».

La prospettiva nazionale cambia la visuale

Il quadro nazionale restituisce una visione un po’ diverse dall’affondo locale. Resta la certezza che una buona soddisfazione sul lavoro, migliora la vita professionale. Ma incide molto anche sulla vita privata. La qualità del mercato del lavoro non è data solo dalla dimensione quantitativa su cui il più delle volte si soffermano i policy maker, le diffuse analisi e rilevazioni statistiche fatte da alti tassi di occupazione, dall’incremento o meno del numero di lavoratori, fino alla variazione della platea dei disoccupati, alla quota di inattivi scoraggiati. Il mercato del lavoro e la sua dimensione di “benessere lavorativo”, quel livello di soddisfazione per l’impiego svolto da ogni singolo lavoratore, soddisfazione per la retribuzione, per le opportunità di carriera (negate o offerte), per il grado di interesse espresso nei confronti della propria attività, per la percezione di sicurezza o insicurezza lavorativa.

 

Fino a coinvolgere i tempi di percorrenza tra l’abitazione e il luogo di lavoro. Ebbene tutto questo semplice, ma al contempo originale patrimonio di dati, è scarsamente noto. Eppure influisce in maniera importante sul giudizio espresso sulla propria condizione professionale. «Se analizzato con nuovi criteri e da punti di osservazione qualitativi - spiega Marco Maineri -, si riesce a guadagnare un altro punto di vista sul contesto occupazionale: quello di chi quotidianamente offre il proprio capitale umano per ricevere in cambio una retribuzione».
E la nuova lettura dei risultati, secondo questa analisi multidimensionale, restituisce non poche sorprese e curiosità, sia a livello locale sia in ottica nazionale.

Il primo per esempio: la geografia dell’Italia non è solo caratterizzata da profonde differenze occupazionali, economiche e produttive tali da allontanare tra loro le province italiane più di quanto non lo siano geograficamente, “ma anche da un diverso modo di vivere il lavoro e di conseguenza di valutare quello che si fa”. Così a Milano i lavoratori sono molto soddisfatti per la stabilità professionale, ma molto meno per le poche prospettive di carriera. A Enna, all’opposto sotto il profilo sociale e occupazionale, alla domanda “è soddisfatto del suo lavoro?”, più del 70% risponde “molto”.

Le professioni, classifica a sorpresa

Il mercato del lavoro è sorprendente anche da un’altra prospettiva: la classifica delle professioni con la più alta soddisfazione fa emergere professioni di cui quasi mai si sente parlare, sicuramente mai nella lista dei fabbisogni professionali di imprese e datori di lavoro: sacerdoti, politici, amministratori locali sono in cima, ma certo non sono tra le figure centrali nell’economia del futuro. «Accanto a loro va comunque sottolineato – spiega Carnevale –figure soddisfatte del proprio lavoro come operai e insegnanti, segno che il mercato del lavoro è meno noto di quanto si pensi».

 

ato in chiave nazionale. Guadagno, opportunità di carriera, interesse per le proprie mansioni sono le dimensioni per le quali l’essere uomo, residente in una regione settentrionale, con un impiego a tempo indeterminato ancora rappresentano le caratteristiche di riferimento per godere di elevati livelli di soddisfazione. Non solo: la quota di lavoratori di 15 anni e oltre che si dichiara altamente soddisfatto del proprio lavoro è al 60,7% (circa 13,4 milioni di persone), a fronte del 31,1% che si dichiara mediamente soddisfatto (più di 6,8 milioni) e dell’8,2% che esprime un livello basso (circa 1,8 milioni).

L’analisi va ancora più a fondo: il livello di gradimento nasconde diverse sfumature: il 68,6% dei lavoratori manifesta un elevato interesse per quello che fa, così come il 67,1% è altamente soddisfatto per il tempo impiegato nel compiere il percorso casa-lavoro. Più bassa la percentuale per la dimensione che riguarda la stabilità e sicurezza dell’impiego (6 circa su 10) e per le opportunità di carriera: in questo caso solo il 32,3% del totale è molto soddisfatto e ben 5,5 milioni di lavoratori esprime, di contro, un basso livello di soddisfazione (25,1% del totale dei rispondenti).
Titolo di studio: il divario maggiore si evidenzia per la dimensione che rileva l’interesse per il proprio lavoro: il 78,7% dei laureati esprime livelli di gradimento elevati, a fronte del 68,8% dei diplomati e del 60,1% di coloro che hanno al più la licenza media.

L’affondo nella felicità interpreta il mercato

 

Casa-lavoro, le donne lavorano più vicino all’abitazione

Sono le donne, in media, le più soddisfatte dei tempi di percorrenza casa-lavoro e della stabilità lavorativa, laddove invece sono meno contente della propria retribuzione e delle opportunità di carriera.

I lavoratori più “anziani” i meno soddisfatti della busta paga

Al crescere dell’età cala il livello di soddisfazione per la propria retribuzione: i 55-64enni sono i lavoratori meno soddisfatti. Anche per le prospettive di carriera si registra un’analoga tendenza.

 

Gli italiani sono più appagati degli stranieri

I lavoratori di cittadinanza italiana fanno registrare i livelli medi di soddisfazione più elevati, a parità delle altre condizioni, rispetto agli stranieri e in particolare rispetto a quelli non appartenenti all’UE.

Il lavoro a termine toglie prospettiva alle scelte di vita

I lavoratori a tempo indeterminato sono altamente soddisfatti del loro guadagno. In particolare sono i dirigenti e gli imprenditori a essere più gratificati del guadagno e delle opportunità di carriera.

 

Il titolo di studio alto fa crescere la soddisfazione generale

Il titolo di studio più alto conferma la soddisfazione generale. Il livello di soddisfazione dei diplomati risulta maggiore di quello dei laureati. Le diverse aspettative influiscono certamente sulla valutazione.

La cittadinanza ancora impedisce la piena inclusione

La cittadinanza incide sul giudizio del proprio lavoro: livelli elevati di soddisfazione generale per il lavoro arriva dal 61,8% degli italiani, il 54,1% degli stranieri comunitari e appena il 49,5% degli extra-UE.

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Simona Calabrese, data analyst della Direzione Studi & Ricerche Anpal e curatrice dell’indagine sul livello di soddisfazione per il proprio lavoro sottolinea molto l’aspetto e la lettura qualitativa dei dati non solo per capire meglio dimensioni poco note del mercato del lavoro, ma anche per aggiungere elementi nuovi pensando a strategie o politiche attive dell’occupazione.

Quali sono state, a livello generale, le tre evidenze emerse maggiormente dall’indagine?

Il primo elemento è questo: alti livelli di soddisfazione sul lavoro contribuiscono a migliorare non solo la vita lavorativa degli individui, ma anche la vita privata. Un mercato del lavoro di qualità non è solo caratterizzato da alti tassi di occupazione, ma è anche quello nel quale chi già ne fa parte, esprime un giudizio positivo sul proprio impiego.

Ma l’Italia non è tutta uguale sul fronte occupazione...

Ed è il secondo elemento: la geografia dell’Italia non è solo caratterizzata da profonde differenze occupazionali, economiche e produttive, ma anche da un diverso modo di vivere e valutare il lavoro che fa . Nella ricca Milano sono molto soddisfatti per la stabilità professionale, ma pochi ritengono di avere delle buone prospettive di carriera. A Enna, come si vede dai succede esattamente il contrario. Questo sia un dato che credo valga la pena tenere in considerazione nelle analisi delle dinamiche occupazionali.

Un terzo elemento caratteristico?

Compaiono professioni che danno soddisfazione, ma di cui mai si sente parlare in termini di fabbisogno: sacerdoti e specialisti in discipline teologiche o i politici, gli amministratori locali...Professioni che non sembrano essere tra le figure centrali nell’economia del futuro, ma prime in classifica per livello di soddisfazione.
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