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Allarme Greenwashing: la sostenibilità di facciata è un boomerang per le stesse aziende

Articolo. Le imprese che cercano di mostrare se stesse e i loro prodotti come falsamente «verdi» rischiano di perdere clienti e finanziatori. Dall’Unione europea sono in arrivo regole sempre più stringenti.

Lettura 4 min.

I critesi Esg diventano sempre più importanti

Cresce sempre più l’interesse verso la sostenibilità ambientale, sociale e di governance (Esg, dall’inglese «Environmental, social and governance»). Ma di pari passo aumenta anche il rischio di Greenwashing (green=verde; washing=lavare), che non a caso è stato tra i termini più ricercati nel 2022.

Il dizionario di Cambridge lo definisce come “il far credere che un’azienda sia impegnata nella protezione dell’ambiente più di quanto non lo sia in realtà”.

È il processo che tende a presentare i prodotti, gli obiettivi e/o le politiche di un’azienda come rispettosi dell’ambiente e, più in generale, dei temi Esg, a fronte però di comportamenti (che possono essere azioni dirette o anche omissioni) che l’ambiente lo rispettano solo a parole.

Anche il 2023 si è aperto con un caso collegabile a questo fenomeno, dopo la ricostruzione in tv su come vengono trattati (o maltrattati) i polli in un’azienda molto nota del settore, che pochi mesi fa si era fregiata di aver ottenuto la «prestigiosa certificazione B Corp». Un altro caso di dominio pubblico ha coinvolto una nota marca di acque minerali che affermava di utilizzare bottiglie a «impatto zero», per il fatto che compensava la CO2 emessa in atmosfera con la creazione di nuove foreste, cioè destinando una somma alla riforestazione. L’Autorità italiana ha ritenuto ingannevole la comunicazione di questa società, perché lasciava intendere al consumatore che la produzione di acqua minerale fosse interamente compensata, mentre la riforestazione era relativa solo alla CO2 legata alle bottiglie utilizzate, e non all’intero processo produttivo.

Al di là del merito di questi e tanti altri casi, emerge la debolezza dell’attuale sistema, che può portare a vedere i temi della sostenibilità come aspetti del marketing, e quindi cercare strade (o scorciatoie) più veloci e a minor costo per dimostrare agli altri le proprie qualità Esg.

Il fenomeno danneggia la reputazione di un brand, ma anche i consumatori così come tutto il mercato di riferimento, rallentando la vera transizione verde

Quello del greenwashing è un fenomeno in forte crescita, che danneggia non solo i consumatori e la causa di una vera transizione green (può generare infatti sfiducia verso ogni tipo di dichiarazione ambientale), ma anche le stesse aziende, con effetti che possono essere dannosi sia per la reputazione sia per la sua redditività. Oltre al rischio di incorrere in azioni legali, la perdita di reputazione può influire sulle relazioni con i clienti esistenti e potenziali, causando anche un calo degli investimenti da parte degli azionisti.

Ecco perché, in questo contesto, crescono anche gli interventi di enti pubblici e privati (dalla Consob al Forum della Finanza Sostenibile) volti a prevenire e contrastare il fenomeno. L’ultimo in ordine di tempo è dell’Ispra, che a gennaio ha messo in campo una task force sulla finanza sostenibile a supporto di operatori finanziari, autorità vigilanti ed imprese. L’Ispra è il primo istituto pubblico di ricerca a livello europeo a svolgere questo ruolo ed è la prima pubblica amministrazione, a livello nazionale a fornire supporto al ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica al tavolo Mef per la finanza sostenibile.

 

Sotto la spinta dell’Ue cambia il ruolo della finanza

La lotta ai cambiamenti climatici e gli obiettivi del Green Deal verranno realizzati anche attraverso investimenti sostenibili; è questo il ruolo della finanza sostenibile, che ha come obiettivo quello di ri-orientare i flussi di capitali privati verso attività che generino valore economico ma che non siano a carico dell’ambiente.

Ecco perché la lotta al Greenwashing finanziario è un tema dibattuto, negli ultimi anni, in molte sedi, affrontato anche alla Cop26, dove si è sottolineata l’importanza dell’informazione ambientale scientificamente validata, prodotta da enti terzi attendibili e indipendenti che operano sulla base di dati pubblici.

Tutto il quadro normativo europeo che si sta così delineando su questa materia, dal Piano d’azione dell’Unione europea per il finanziamento della crescita sostenibile del 2018, alla Sustainable Finance Disclosure Regulation (Sfdr), in vigore dal marzo 2021 (e che disciplina l’informativa nel campo della finanza sostenibile) cerca di indirizzare il non facile percorso verso la transizione green. Il punto cruciale è rispondere alle richieste che arrivano dal mondo della finanza e degli investitori, che chiedono progetti con impatti positivi sull’ambiente e sul tessuto sociale. Una direzione verso cui spinge lo stesso Pnrr, che richiede sempre la valutazione di impatto per i progetti finanziati.

L’obiettivo è allora quello di standardizzare in tutta Europa le indicazioni sulle caratteristiche ambientali o sociali dei prodotti finanziari, recuperando ulteriori risorse, indispensabili, a servizio degli obiettivi della transizione ecologica e dell’autonomia energetica.

Un investimento sostenibile punta infatti a creare valore per l’investitore e per la società nel suo complesso con una strategia orientata al medio-lungo periodo che, nella valutazione di imprese e istituzioni, integra l’analisi finanziaria con quella ambientale e sociale, riducendo notevolmente il greenwashing. L’investitore finale, sia esso un’istituzione finanziaria, un operatore bancario o un semplice cittadino, sarà così rassicurato che l’investimento non ha solo una facciata green, ma rispetta gli obiettivi dello sviluppo sostenibile: mitigazione e adattamento al cambiamento climatico, inquinamento zero, tutela degli ecosistemi, della biodiversità, delle acque e dei mari, l’adozione dell’economia circolare.

Sette linee guida contro il greenwashing

Ecco in conclusione alcune raccomandazioni per sviluppare politiche di sostenibilità efficaci e una comunicazione esente da greenwashing, tratte da «Greenwashing e finanza sostenibile: rischi e risorse di contrasto», stilato dal Forum per la Finanza Sostenibile, novembre 2022

  • 1. identificare obiettivi di sostenibilità e comunicare in modo trasparente sia i principi generali a cui fanno riferimento, sia le ragioni che hanno portato a scegliere ogni specifico obiettivo;
  • 2. dettagliare il percorso per raggiungere gli obiettivi prefissati esplicitando tempi, modi e obiettivi intermedi;
  • 3. esplicitare le metodologie di misurazione dei Key Perfomance Indicator (Kpi) scelti per monitorare il raggiungimento degli obiettivi, chiarendone i pro e i contro;
  • 4. definire le modalità di reperimento dei dati Esg dettagliando le fonti, la tipologia dei dati, le metodologie di raccolta delle informazioni e, infine, il grado di affidabilità e verificabilità sia dei dati, sia delle fonti;
  • 5. verificare i dati Esg divulgati e i progressi realizzati nel raggiungimento degli obiettivi di sostenibilità ricorrendo a una terza parte indipendente (preferibilmente pubblica);
  • 6. dialogare con gli stakeholder (incluse Ong e comunità locali) e pubblicare rendicontazioni dettagliate sui soggetti coinvolti, sulle modalità di svolgimento del processo di dialogo e sui risultati raggiunti;
  • 7. comunicare in modo accurato , prestando particolare attenzione alla selezione dei contenuti e alla verificabilità di tutte le informazioni divulgate.
Giovanni Stiz

presidente di Seneca

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Greenwashing: quanto è diffuso il fenomeno?

Certamente il fenomeno è rilevante, è sotto gli occhi di tutti e non riguarda più solo la dimensione ambientale (green), ma le diverse dimensioni della sostenibilità e in particolare, nell’ultimo periodo, il complesso degli Obiettivi dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile dell’ONU. Per questo ormai sarebbe più corretto utilizzare il termine Sustainability washing.

Come si previene o come si contrasta?

Da un lato è necessario intervenire con normative a vario livello che definiscano criteri e sistemi di controllo e relative sanzioni. Così sta operando l’Unione Europea e i primi effetti si cominciano a vedere nel campo dei fondi di investimento. Dall’altro risulta fondamentale uno sviluppo sia della conoscenza e della capacità critica a livello diffuso (e le scuole potrebbero svolgere un ruolo importante) sia della consapevolezza e delle competenze professionali in questo campo di chi si occupa di comunicazione e pubblicità.

Un consiglio agli imprenditori?

Innanzitutto di comprendere che i tempi sono cambiati e che una comunicazione che tocca questi temi deve avere alla base un sistema di governo, gestione e monitoraggio degli aspetti rilevanti di sostenibilità e deve esserne parte integrante. Altrimenti è sempre più alto il rischio di ottenere un “effetto boomerang” e di danneggiare la reputazione dell’azienda.
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