< Home

B Corp l’impresa genera attivismo . Buone cause per fare business

Articolo. Sono sei le imprese certificate in provincia di Bergamo, l’ultima è la Miomojo. Ma crescono sul territorio anche le società Benefit: l’ultimo annuncio è di Fae Technology. Sono sempre più i modelli che impegnano le aziende a perseguire insieme al profitto un vantaggio comune

Lettura 7 min.

Alzare gli obiettivi sostenibili dei criteri Esg

«Fae Technology è diventata una società Benefit. Abbiamo la consapevolezza che ogni impresa possa fare molto per le proprie persone, per l’ambiente, per la comunità in cui opera. Identificarsi in questo stato giuridico è un modo per formalizzare un driver in cui crediamo da sempre: il valore sociale dell’impresa. Perseguire il beneficio comune non sarà più solo una visione, ma formalmente anche l’essenza della nostra impresa».

«Volevo adottare un modello di business in cui i progetti charity fossero saldamente integrati in tutto quello che facciamo. Ma ancora non ci bastava: ci siamo impegnati a ricercare materiali innovativi, organici e riciclati per ridurre l’impatto ambientale e a non consumare risorse vergini. Per noi la vera sostenibilità è il rispetto: per l’umanità, l’ambiente, gli animali. Per questo Miomojo si è trasformata in azienda B Corp».

Gianmarco Lanza

Presidente e Ceo di Fae Technology

Fae Technology e Miomojo . Sono le due ultime imprese bergamasche a essere state certificate, nel caso dell’azienda guidata da Gianmarco Lanza e settore elettronico, secondo l’opzione «Benefit». O come «B Corp», nel caso dell’impresa di moda fondata da Claudia Pievani, la sesta e ultima (per ora) azienda certificata B Corp in tutta la provincia di Bergamo. Due settori industriali diversi, due mercati e mondo di consumatori differenti, due filiere distanti. Ma una certificazione di responsabilità e di attivismo che fa della sostenibilità il primo paradigma per la creazione di valore secondo i propositi scolpiti nei 17 obiettivi dell’Onu.

Un modello economico più giusto

Claudia Pievani

Fondatrice dell’impresa Miomojo

Due medie imprese del territorio che guardano ai criteri Esg anche come primi driver su cui impostare il proprio sistema di relazioni e di sviluppo dentro al sistema territorio. E siccome ci credono davvero nella sostenibilità ambientale e in quella sociale perché portano a un modello economico e di lavoro più giusto, il valore creato dalle persone deve poter essere misurato con lo stesso rigore con cui si valuta il risultato economico, il profitto. Il percorso B Corp così è un po’ più strutturato rispetto alla certificazione società Benefit (qualifica giuridica a cui i soci si impegnano a vincolarsi per un beneficio comune oltre al profitto), proprio perché si misurano le performance e i risultati in ottica Esg: ogni due anni si valuta effettivamente quanta attenzione si è messa ai propri impatti economici, sociali e ambientali in relazione al livello minimo di compliance rispetto a uno standard stabilito.

Dimostrare che non sono operazioni di facciata, ma si va a incidere nelle attività aziendali è essenziale. Da qui la tensione più costante delle B Corp, puntare al continuo miglioramento per alzare sempre più l’asticella dei risultati Esg. Un percorso non facile, l’assessment è giudicato «complesso e oneroso», solo una su tre ottiene la certificazione. Non tutte le imprese poi, soprattutto se piccole o familiari, aprono facilmente le porte della propria impresa a un team di controllori esterni perché valuti la propria catena di produzione e di fornitura.

Il fenomeno però continua la sua corsa e per dare una spinta ulteriore dal 19 maggio scorso si è aperto il termine per chiedere al Mise, il ministero per lo sviluppo economico, il credito d’imposta al 50% sulle spese di costituzione di impresa Benefit.

Un fenomeno in fortissima crescita

Intanto le imprese virtuose in due anni, in Italia, sono cresciute da 500 di inizio 2020 a quasi 2.000 di oggi (1.920 quelle iscritte al Registro Infocamere a marzo, un terzo in Lombardia). Ancora più alta la crescita per le B Corp: sono 4.602 in tutto il mondo, coinvolgono 437mila lavoratori e hanno un impatto economico di 155 miliardi di ricavi. In Europa sono passate da 1.000 di fine 2021 (13mila dipendenti e ricavi per oltre 7,5 miliardi) alle attuali 1.400. In Italia il numero cresce ogni giorno: 120 a fine 2021, a fine marzo scorso erano 140 e già ieri risultavano 156 imprese B Corp tricolore, con oltre 13.550 dipendenti coinvolti e poco meno di 8 miliardi di ricavi.

 

In effetti le B Corp sono modelli di sviluppo a cui stanno guardando numerose imprese. La pubblicità in Tv di questi giorni, per esempio, sta raccontando della svolta Eni gas e luce, società partecipata pubblica: ha acquisito la certificazione Benefit e, dallo scorso marzo, ha cambiato nome in Plenitude con l’obiettivo di raggiungere l’obiettivo di decarbonizzazione zero emissioni di CO2, entro il 2050 come prevede il dettato del New Green Deal.
Ma di certo Eni è solo l’ultimo caso di un fenomeno in forte crescita anche fra le quotate. Lo studio indagine Deloitte-European Institute diffusa a inizio marzo scorso, in occasione della certificazione di Deloitte in società Benefit, spiega che l’80% delle società quotate, una su quattro, ha già manifestato interesse a essere sostenibile sotto il profilo economico, sociale e ambientale. E a darne visibilità. E più del 25% sta valutando di assumere lo status di società Benefit o di acquisire la certificazione B Corp anche per un ridisegno della propria filiera, in virtù di un effetto traino che ha - o potrebbe esercitare - sulle piccole e medie imprese, anelli della catena di fornitura. Un requisito che oggi, in piena transizione ecologica, mercato e imprese potrebbero chiederne conto anche tutti gli altri anelli della stessa supply chain, dai clienti ai fornitori, fino alle imprese capofiliera.

 

I dubbi e i vantaggi della scelta

Non mancano i dubbi: secondo l’indagine Deloitte-Eruopean Institute, le quotate che, invece, non mostrano interesse in questo senso temono l’insorgenza del diritto di recesso in seguito alla modifica dell’oggetto sociale, l’assenza di benefici o agevolazioni a fronte dell’onerosità delle strutture interne di monitoraggio della finalità Benefit, ma anche le incertezze collegate a una normativa poco chiara. In particolare, dalle risposte emerge la preoccupazione per l’obbligo di diventare società Benefit in seguito all’acquisizione della certificazione e si considera l’assessment complesso e oneroso.
Gli altri soggetti rilevanti del mercato si dividono in tre orientamenti: il primo, maggioritario, vede con favore l’eventuale acquisizione dello status Benefit da parte delle grandi società quotate, anche in virtù di un effetto traino esercitabile sulle Pmi; il secondo esprime una posizione neutrale, in attesa delle nuove indicazioni comunitarie contenute nella Corporate Sustainability Reporting Directive (Csrd); il terzo, minoritario, è invece sfavorevole, ritenendo già presenti strumenti adeguati a dimostrare l’impegno di un’azienda in termini di sostenibilità.

Il fenomeno comunque avanza sempre più convinto su quei valori fondanti le società Benefit e B Corp. «La norma italiana rappresenta una straordinaria opportunità per le nostre imprese - spiega Barbara Pontecorvo, head of Deloitte Legal società Benefit Task Force - di coniugare in modo virtuoso il proprio scopo di lucro con un beneficio in favore del territorio, delle persone e dell’ambiente in cui operano».
Ed è anche in questo senso che «intensificheremo l’impegno per il welfare interno, aumenteremo la nostra attenzione verso il nostro impatto ambientale – spiega Gianmarco Lanza, presidente e Ceo di Fae Technology –. E aumenteremo il nostro impegno anche per sviluppare maggiori progetti e relazioni con il sistema scolastico del nostro territorio».
L’altra vera sfida, piuttosto, e su cui sono attese le aziende, è riuscire a mettere in pratica concretamente dentro l’impresa il nuovo modo di lavorare e riuscire a cambiare la cultura aziendale in tutti i suoi settori. E ulteriore sfida è di allargare questo impatto positivo - che non diventa solo di tipo morale, ma industriale e presupposto di un nuovo modello di crescita e di sviluppo - anche lungo la filiera di collaborazione e di fornitura.

La spinta ideale delle prime sei certificazioni

Il motto del marchio: «Ritorno alle origini, ritorno alla natura»

Ogni prodotto è 100% made in Italy, sviluppa e produce abbigliamento Athletic, Lounge wear e Yoga realizzati con tessuti certificati e miscele di fibre naturali intrecciate con diversi livelli di cotoni di qualità.

 

La filosofia guida del business: «Tu compri, noi diamo»

Miomojo è riconosciuta come espressione di un paradigma di business più evoluto: oltre al profitto, obiettivo è restituire, per ogni acquisto online, il 10% direttamente alle cause del benessere degli animali.

 

Il business intrecciato con il benessere della comunità

Riconosciuta per un ’attenzione e il supporto a fornitori e lavoratori locali, pratiche di lavoro eque, condizioni di lavoro sicure, attenzione all’ambiente e uguaglianza di genere: criteri base dell’azione di Lampa.

 

La cura e l’attenzione alla persona in ogni momento

Relazioni dirette e contatti personali sono la filosofia di attività di OneClick , una start-up digitale e oggi B Corp che consente l’accesso 24 ore su 24, 7 giorni su 7, ai servizi sanitari e di assistenza domiciliare.

 

Guardare oltre il profitto, puntare all’ambiente

L’imperativo: andare oltre il profitto per massimizzare l’impatto positivo su dipendenti e comunità, Un binomio che prende vita grazie all’offerta di energia da fonti rinnovabili, tagliando le emissioni di C02.

 

Ogni cosa fatta con cura e passione richiede tempo

Il fulcro dell’azienda resta «un battito cuore con un tocco umano». L’azienda di Filippi nasce come «industria agrituristica» in un clima di reciproca collaborazione e rispetto. Il tempo giusto è decisivo.

 
Claudia Pievani

Fondatrice di Miomojo

talk

Claudia Pievani, fondatrice Miomojo, ultima B Corp in provincia di Bergamo spiega «come una storia di resilienza» il cammino che ha percorso la sua azienda. «Ognuno di noi ha un compito - più o meno consapevole - in questa vita - spiega Pievani -. I più fortunati vivono quel momento determinante in cui il percorso che li attende prende forma e diventa chiaro, quel magico istante in cui le cose scorrono».

Ecco per lei e la sua azienda quando ha origine questa decisione di diventare una B Corp?

Nel 2012, quando dopo aver lavorato nel business internazionale e godevo di libertà economica ed altri vantaggi, come poter viaggiare ed ampliare mente e cuore, sentivo comunque che non stavo compiendo la mia missione. Qualcosa non andava nel riversare altri prodotti su un mercato già saturo e cosi pieno di “cose”. Desideravo creare qualcosa che fosse allineato ai miei valori etici, estetici e di rispetto del pianeta e di ogni essere vivente. Qualcosa che avrebbe contribuito ad un bene superiore. Ho deciso allora con tutto il cuore di dare un significato e uno scopo a ciò che occupava larga parte della mia giornata: creare qualcosa che fosse allineato ai miei valori etici, estetici e di rispetto del pianeta e di ogni essere vivente.

Etica, valori e business: come si conciliano nel vostro caso?

Naturalmente anche i numeri hanno la loro importanza e fin dall’inizio desideravo che Miomojo adottasse un modello di business in cui i progetti charity fossero integrati in tutto ciò che facciamo, così abbiamo contribuito ai progetti e agli sforzi di Animals Asia. La mia determinazione a “contribuire” è stata ulteriormente incoraggiata e si è concretizzata. Da allora, abbiamo raccolto per questa ed altre meravigliose organizzazioni benefiche oltre 250.000 dollari.

E per la parte impresa, il vostro vero business?

Certamente grazie a Miomojo ora ho la possibilità di sostenere questi progetti ed allo stesso tempo, offrire una valida alternativa a ciò che viene solitamente prodotto a spese dei nostri amici animali. Ma offrire un’opzione vegana non mi bastava. Ci siamo quindi impegnati a ricercare materiali innovativi, organici e riciclati per ridurre l’impatto negativo sull’ambiente e non consumare ulteriori risorse vergini, in modo non sostenibile. Entro il 2022, infatti, tutti i nostri prodotti saranno realizzati esclusivamente con materiali riciclati e sostenibili, come reti da pesca riciclate, vetro, bottiglie di plastica ed in particolare con materiali innovativi provenienti da scarti di mela, cactus, fondi di caffè, scarti della produzione di vino, menta, mais e molto altro.
Leggi altri articoli
Relazione, servizio e officine digitali. È l’ultimo miglio dell’auto elettrica
None La vettura a batteria sta trasformando i processi non solo dell’industria. La rivoluzione della mobilità sta cambiando anche l’ultimo anello della filiera automotive: le …

Non solo profitti, ma valore sociale: la carica delle tremila società Benefit
None Cresce di mese in mese il numero di aziende che, insieme al business, decide di perseguire un beneficio comune, che indica nel proprio oggetto …

Miami, Florida, Usa: le nuove porte d’ingresso per l’export del made in Italy
None Crescono fermento e interesse delle imprese nazionali in vista della prossima edizione di ottobre di Fitce 2023:il salone evento internazionale per i prodotti …

Un miliardo per i pannelli solari nei settori agricolo, zootecnico e agroindustriale
None C’è quasi un miliardo di euro a disposizione per installare pannelli fotovoltaici sulle coperture di fabbricati strumentali all’attività nei settori agricolo, zootecnico e agroindustriale. …