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Le basi della ripresa sono uso di meno risorse e recupero dei rifiuti

Articolo. «La transizione ecologica si fonda sull’economia circolare e sull’obiettivo della neutralità climatica. Significa usare meno risorse in modo più efficiente, una necessità anche per ridurre le emissioni di gas serra. Diversi studi, compreso il piano d’azione del marzo scorso della Commissione europea, confermano che la neutralità climatica non si può raggiungere con un modello basato sull’economia lineare e lo spreco di risorse».

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Un impianto per il riciclo dei rifiuti. Il modello di sviluppo circolare, nato per motivi ambientali, assume sempre maggiore rilievo per la competitività industriale

«La transizione ecologica si fonda sull’economia circolare e sull’obiettivo della neutralità climatica. Significa usare meno risorse in modo più efficiente, una necessità anche per ridurre le emissioni di gas serra. Diversi studi, compreso il piano d’azione del marzo scorso della Commissione europea, confermano che la neutralità climatica non si può raggiungere con un modello basato sull’economia lineare e lo spreco di risorse».

Edo Ronchi

Edo Ronchi, bergamasco, presidente della Fondazione per lo sviluppo sostenibile, parlamentare fino al 2008 e ministro dell’Ambiente dal 1996 al 2000, ricorda come la transizione ecologica è messa al primo posto nel Next Generation Eu, il programma europeo per la ripresa dalla crisi della pandemia. Il 3° Rapporto sull’economia circolare in Italia, realizzato dal Cen, Circular Economy Network, la rete promossa proprio dalla Fondazione per lo sviluppo sostenibile con aziende e associazioni di impresa, in collaborazione con Enea, pone l’Italia in testa nel confronto sulla circolarità tra le cinque principali economie dell’Unione Europea.

La transizione nasce per l’ambiente ma acquisisce rilievo per la competitività industriale

«L’Italia è un Paese manifatturiero, il secondo in Europa dopo la Germania, e quindi dipende molto dall’uso delle materie prime. Essendone povera e importando anche l’energia, ha fatto di necessità virtù. Supera la Germania nel riciclo dei rifiuti speciali di origine industriale. Il piano d’azione europeo mira a migliorare ulteriormente il tasso di circolarità. Uno dei problemi della ripresa è la disponibilità di materie prime, anche per l’aumento dei costi. Usarle bene è un fattore ambientale, perché gli impatti sono molto alti per le miniere, il consumo di suolo, i trasporti, la produzione di grandi masse di rifiuti inquinanti. Il modello circolare punta a far sì che i prodotti siano di maggiore durata, più riparabili, riutilizzabili, riciclabili e fatti il più possibile con materiali riciclati. Perché dovremmo sprecare visto che possiamo usare i materiali in maniera più efficiente? La conversione del modello di sviluppo nasce con intenzioni ambientali, ma via via sta acquisendo sempre maggiore rilievo per la competitività industriale».

Semplificare i criteri per la materia prima seconda

In Italia serve semplificazione. «La legislazione per le simbiosi industriali è macchinosa. Il sistema deve fermare i furbi, chi maschera come recupero uno smaltimento illecito di rifiuti, ma deve agevolare il circolo virtuoso che crea meno rifiuti e favorisce i processi industriali con minori costi». Ronchi, alla Commissione Ambiente della Camera, ha presentato, a nome del Cen, una proposta di emendamento al decreto Semplificazioni. «Dopo l’attività di riciclo è necessaria la qualifica di cessazione di rifiuto perché la materia prima seconda sia considerata un prodotto». Questa qualifica, nota come “end of waste”, richiede certe condizioni. «Non solo in Italia ma anche in Europa la procedura è stata resa più complicata. La rete del Circular Economy Network propone di eliminare il controllo di secondo livello. Oggi un decreto di “end of waste” richiede anche cinque anni. La nostra proposta è una procedura per cui, attraverso criteri generali e non specifici, sia possibile verificare le condizioni in novanta giorni, poi l’azienda inizia a riciclare ed è controllata entro i sessanta giorni successivi. Bisogna accelerare, non rallentare il riciclo. Produce nuovi materiali e consente di ridurre i rifiuti e il prelievo di materie prime vergini».

Transizione ecologica, le cinque sfide

«Le sfide della transizione ecologica» (Piemme, pagine 304) è il titolo del nuovo libro di Edo Ronchi. Esamina, con competenza e lucidità congiunte con chiarezza divulgativa, le cinque principali sfide per realizzare davvero la transizione ecologica. La prima è il progressivo taglio delle emissioni di gas serra per raggiungere gli impegnativi obiettivi dell’Unione Europea: -55 per cento entro il 2030 e zero, ovvero il traguardo, chiamato «neutralità climatica», nel 2050. La seconda sfida è la concomitante rivoluzione energetica, con il passaggio dalle fonti fossili, climalteranti e inquinanti, a quelle rinnovabili. La terza è la conversione ecologica dell’economia dal modello lineare a quello circolare e decarbonizzato, dove le risorse naturali trasformate in prodotti non diventano scarti, ma tornano nel ciclo produttivo come materia prima seconda. La conseguente gestione circolare dei rifiuti è la quarta sfida. La quinta sono le «green city», perché la transizione passa dalla rigenerazione urbana con l’efficienza energetica e una nuova mobilità.

«L’ambiente sia visto e percepito come una effettiva priorità»

«Oggi – scrive Ronchi – non basta mettere anche l’ambiente in una lista di questioni da affrontare, occorre che sia visto e percepito come una effettiva priorità». Ronchi è convinto che le dinamiche avviate dalla pandemia costituiscano un forte stimolo per il salto di qualità nell’impegno ambientale, grazie anche al Green Deal dell’Unione Europea. Avverte, d’altra parte, il pericolo di perdere un’occasione difficilmente ripetibile. Per la transizione è necessario fare leva sia sull’etica della responsabilità, sia sui vantaggi per le persone, avendo cura anche dei soggetti sociali che ne fossero danneggiati.

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