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Riscaldamento globale già a più 1,5 gradi nei prossimi cinque anni

bianca. L’obiettivo ambizioso di mantenere l’aumento della temperatura media globale entro 1,5 gradi era diventato la nuova frontiera della politica internazionale al G20 di Roma e alla conferenza sul clima di Glasgow. Restare sotto i 2 gradi è già molto impegnativo: una rivoluzione per il sistema energetico e produttivo. Conseguire l’obiettivo di rimanere entro 1,5 gradi significa ulteriori sforzi. In uno dei prossimi cinque anni potranno già essere raggiunti, con gravi conseguenze per l’ambiente, la società, l’economia.

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L’obiettivo ambizioso di mantenere l’aumento della temperatura media globale entro 1,5 gradi era diventato la nuova frontiera della politica internazionale al G20 di Roma e alla conferenza sul clima di Glasgow. Restare sotto i 2 gradi è già molto impegnativo: una rivoluzione per il sistema energetico e produttivo. Conseguire l’obiettivo di rimanere entro 1,5 gradi significa ulteriori sforzi. In uno dei prossimi cinque anni potranno già essere raggiunti, con gravi conseguenze per l’ambiente, la società, l’economia.

L’Organizzazione meteorologica mondiale ha annunciato: con una probabilità del 93% almeno un anno tra il 2022-2026 diventerà il più caldo mai registrato e, con una probabilità del 48%, raggiungerà una media di temperatura globale di più 1,5 gradi sopra il livello preindustriale. Con una probabilità del 10% anche l’intera media quinquennale può superare la soglia. Le conseguenze? Eventi estremi più gravi e frequenti, costi e difficoltà di gran lunga maggiori per tutti ma soprattutto per i Paesi più poveri, i meno responsabili delle emissioni di gas serra al’origine del riscaldamento globale.

Un aumento progressivo e costante

L’aggiornamento annuale si fonda sull’esperienza di scienziati del clima di fama internazionale e sui migliori sistemi di previsione dei principali centri climatici di tutto il mondo per produrre informazioni utili per i responsabili delle decisioni. La possibilità di raggiungere temporaneamente 1,5 gradi in più è aumentata costantemente dal 2015, quando era vicina allo zero. Per gli anni tra il 2017 e il 2021 c’era una probabilità di superamento del 10%. Quella probabilità è aumentata a quasi il 50% per il periodo 2022-2026. Si prevede che la temperatura media globale sia compresa, per ogni anno tra il 2022 e il 2026, tra 1,1 e 1,7 gradi in più rispetto al livello preindustriale, corrispondente alla media degli anni 1850-1900.

La guerra rende più difficile mantenere l’obiettivo

«Se la guerra durerà a lungo, ovviamente questo renderà molto complicato rimanere entro più 1,5 gradi» di riscaldamento globale. Lo rileva l’inviato speciale per il clima del presidente Usa, John Kerry, in un’intervista pubblicata dal quotidiano britannico Guardian. «Dipende da quello che avviene con la guerra, come procede e quanto a lungo dura. Se, miracolosamente, riusciremo a trovare un modo per risolvere alcuni dei problemi fondamentali nei prossimi sei mesi, poi forse potremo accelerare tutto insieme».

«Più a lungo la guerra va avanti, più difficile diventa stare dentro 1,5 gradi», prosegue Kerry. «Lo sforzo per stare entro 1,5 gradi ha trovato un ostacolo inaspettato e una sfortunata e pericolosa ripresa delle vecchie pratiche da parte di alcune parti, che minaccia l’accelerazione necessaria per finire il lavoro. Tocca a noi spingere indietro il passato e continuare con il processo». «La distruzione causata dalla guerra in Ucraina sta costringendo i Paesi a ripensare la propria dipendenza dai combustibili fossili», ha continuato. «Gli impegni della Cop26 non sono mai stati da conseguire in sei mesi, un anno o due anni. Sono impegni per il 2030. Un intoppo di alcuni mesi può essere qualcosa che possiamo aggirare o superare».

Abbiamo ancora tempo di agire, ma in fretta

Antonello Pasini, fisico e climatologo del Consiglio nazionale delle ricerche, osserva che il raggiungimento o no del record di temperatura dipende «dalla variabilità naturale del clima. Se ci sarà un evento molto più forte di El Niño (un anomalo riscaldamento delle acque dell’Oceano Pacifico, ndr), potremo veramente superare gli 1,5 gradi. In questi ultimi due anni, quella oscillazione naturale ha visto avverarsi la fase opposta. Ecco perché questi anni non sono stati enormemente caldi, ma sempre tra i primi sei degli ultimi 150 anni. In ogni caso, raggiungere in un solo anno gli 1,5°C non significa aver superato l’obiettivo climatico dettato dalla comunità scientifica per evitare gli impatti peggiori dei cambiamenti climatici. Per superarlo occorre stare mediamente al di sopra di quella soglia per almeno un decennio. Abbiamo ancora tempo di agire, ma attenzione: facendo la media delle temperature per ogni decennio a partire dagli anni Sessanta del Novecento e mettendole in grafica, si vede chiaramente una scala in ascesa».

L’Artico si riscalderà ben tre volte più della media

L’aggiornamento dell’Organizzazione meteorologica mondiale conferma che l’Artico si riscalderà ulteriormente, ben tre volte più della media globale. La distribuzione delle precipitazioni è meno facile da prevedere: dipende molto dalle correnti aeree oltre che dal calore e dall’umidità disponibili. Si noterà probabilmente un aumento delle condizioni piovose in alcune zone del Nord del mondo e dei Tropici, mentre le regioni subtropicali dovrebbero essere interessate da siccità, come anche il Mediterraneo, già colpito in questo 2022. I modelli di precipitazione per il 2022 rispetto alla media 1991-2020 suggeriscono una maggiore possibilità di condizioni più asciutte nell’Europa sudoccidentale e nel Nord America sudoccidentale e condizioni più umide nell’Europa settentrionale, nel Sahel, nel nord-est del Brasile e in Australia.

Gli eventi estremi si moltiplicheranno

La soglia di 1,5 gradi non è casuale. È piuttosto un indicatore del punto in cui gli impatti climatici diventeranno sempre più dannosi per le persone e per l’intero pianeta», spiega il segretario generale dell’Organizzazione meteorologica mondiale, Petteri Taalas. «Finché continueremo a emettere gas serra, le temperature continueranno a salire. Gli oceani continueranno a diventare più caldi e più acidi, i ghiacci continueranno a fondere, il livello del mare continuerà a salire, il clima diventerà più estremo».

L’Accordo di Parigi fissa obiettivi a lungo termine per guidare tutte le nazioni a ridurre sostanzialmente le emissioni globali di gas serra per limitare l’aumento della temperatura globale in questo secolo a 2 gradi, proseguendo gli sforzi per limitare ulteriormente l’aumento a 1,5 gradi. Il Gruppo intergovernativo di esperti sui cambiamenti climatici dell’Onu, l’Ipcc, afferma che i rischi legati al clima per i sistemi naturali e umani sono più elevati per il riscaldamento globale di 1,5 gradi rispetto a quello attuale, ma inferiori rispetto a 2 gradi. Nel 2021 la temperatura media globale era di 1,1 gradi al di sopra della linea di base preindustriale.

Gli eventi consecutivi di La Niña all’inizio e alla fine del 2021 hanno avuto un effetto di raffreddamento sulle temperature globali: questo evento è solo temporaneo e non inverte la tendenza a lungo termine del riscaldamento globale. Qualsiasi sviluppo di un evento di El Niño alimenterebbe immediatamente le temperature, come ha fatto nel 2016, che è fino ad ora l’anno più caldo mai registrato.

«Nessuna nazione sta tagliando i gas serra»

«Se non decarbonizziamo subito, non manterremo l’obiettivo di contenere l’aumento della temperatura media globale. Al grado e mezzo non credo più. Ora si punta sui due gradi. Non sono neanche convinto che riusciremo a centrarli», ci aveva anticipato il climatologo Claudio Cassardo, professore all’Università degli Studi di Torino, in un’intervista concessaci per eco.bergamo, il supplemento mensile di ambiente, ecologia, green economy de L’Eco di Bergamo. «Se superiamo i due gradi di un millesimo, il pianeta non esplode», aggiunge Cassardo. «Metterei la firma se riuscissimo veramente a ridurre le emissioni così da rientrare nei due gradi entro fine secolo, perché vorrebbe dire che il mondo si muove verso quell’obiettivo. Al momento non è così. Finora non c’è una nazione che stia dimostrando la riduzione delle emissioni. Ci sono impegni. L’Unione Europea sta prendendo quelli più rilevanti: con la guerra non si sa bene se saranno confermati. Se i problemi si aggraveranno, anche il danno economico sarà molto forte».

In Italia l’adattamento al clima che cambia è fermo

Gli eventi estremi aumenteranno. In Italia a che punto è l’adattamento? «A livello nazionale fermo. Servono passi avanti, anche perché l’aumento della temperatura media in Italia è 2,2 dal 1900, doppio rispetto a quello globale di 1,1-1,2. Subiamo già effetti più pesanti. Quelli più gravosi arriveranno inevitabilmente. L’adattamento dovrebbe prevedere misure tali da minimizzarli. Anche se azzerassimo le emissioni, le temperature si stabilizzerebbero fra trent’anni, ora crescono. C’è qualche buona iniziativa locale. Poco. C’è bisogno di azioni molto più efficaci. La prima è minimizzare l’uso di energia nelle case. Le abitazioni sono da coibentare, così che serva meno energia per raffrescare d’estate e per riscaldare d’inverno. Ci aiuterebbe moltissimo in questa situazione in cui non si sa se il gas russo ci sarà ancora. Nelle case ancora oggi i termosifoni si mettono sotto le finestre, nel punto della casa in cui lo spessore della parete è il più sottile. Bisogna cambiare».

Tagliare le emissioni migliora la qualità dell’aria

Claudio Cassardo evidenzia i cobenefici del taglio delle emissioni di gas serra. «Sì, come al supermercato quando c’è l’offerta prendi due paghi uno. Ta gliare le emissioni migliora la qualità della vita. In Italia gran parte della popolazione vive in Pianura Padana e nelle grandi città, dove la qualità dell’aria è brutta: ci guadagniamo in tanti».